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https://doi.org/10.11588/diglit.1427#0218
LIBRO V. 99
serosbauentati,ne da Pincommodìtà del luogo, che non
ttì conconejsero in gran numero,e gran tempo uistejfe*
fo.Tecero adunque la corte del Senato nel mezzo de la
citta,aggiuntoui quella de giudici, & il tempio mano,
"o« da quello solamente mosì,che da le pi•attiche ecxuse
del soro occupati >piu acconciamentesenza intermettere
°studio ò ufficio alcuno a l'uno er a l'altro satissacesse-
ro,ma etiadio affine che esiipadri,come sono per lo più i
vecchi a, la religione inchinati,salutato dìo immantinen
te dal tempio a le, loro bisogne passasserò a tempo . Ag-
isugniuì che sé a le fate ambajdatori ò principi di sra
ntere nationi di entrare nel Senato chiedejsero,conuienst
c«c habbìa la Kepublica un luogo,oue con honore delso
filiere e de la citta lo pò si raccogliere. sinalmente in
quelle publiche jìanze nonjìlasci difarui ogni cosajche
'* accogliere de cittadini la moltitudine sa commoda à,
*e>}iruili hone$a,& a mandarli fuori acconcia^ jsecial
^nte habbiasì cura,che mimo commodo ne le me,ne la
wcejie isfaàj ui manchi. Siano nel pretorio ouesì liti
^lefineìbre in più numero e più grandi, che nel tem-
fso ò ne la cor te.L'entrata nel Senato fa non meno sor
scata eh e honessa.B. quefloper molte ragionila jpe-
Clitwente,assinc che'l uulgo de baccanti da qualche mal
*gio huomo plebeo concitato non ui posfa con danno
e padri entrare per sorza.Là onde ui fi saccia loggia e
UoJpì siniti,ouei seruti clientele famiglie affrettando
lu°i,a nonpenfati cas porgano aiuto. Qgeiio non ta*
er°>A quei luoghi,oue de recitanti,cantanti,ò dissutan
_fa mesikro,che s'oda la uoce,non couiensi il mito,che
atta la uocejna i coperti con traui fono più fonori.
n ? Tre
serosbauentati,ne da Pincommodìtà del luogo, che non
ttì conconejsero in gran numero,e gran tempo uistejfe*
fo.Tecero adunque la corte del Senato nel mezzo de la
citta,aggiuntoui quella de giudici, & il tempio mano,
"o« da quello solamente mosì,che da le pi•attiche ecxuse
del soro occupati >piu acconciamentesenza intermettere
°studio ò ufficio alcuno a l'uno er a l'altro satissacesse-
ro,ma etiadio affine che esiipadri,come sono per lo più i
vecchi a, la religione inchinati,salutato dìo immantinen
te dal tempio a le, loro bisogne passasserò a tempo . Ag-
isugniuì che sé a le fate ambajdatori ò principi di sra
ntere nationi di entrare nel Senato chiedejsero,conuienst
c«c habbìa la Kepublica un luogo,oue con honore delso
filiere e de la citta lo pò si raccogliere. sinalmente in
quelle publiche jìanze nonjìlasci difarui ogni cosajche
'* accogliere de cittadini la moltitudine sa commoda à,
*e>}iruili hone$a,& a mandarli fuori acconcia^ jsecial
^nte habbiasì cura,che mimo commodo ne le me,ne la
wcejie isfaàj ui manchi. Siano nel pretorio ouesì liti
^lefineìbre in più numero e più grandi, che nel tem-
fso ò ne la cor te.L'entrata nel Senato fa non meno sor
scata eh e honessa.B. quefloper molte ragionila jpe-
Clitwente,assinc che'l uulgo de baccanti da qualche mal
*gio huomo plebeo concitato non ui posfa con danno
e padri entrare per sorza.Là onde ui fi saccia loggia e
UoJpì siniti,ouei seruti clientele famiglie affrettando
lu°i,a nonpenfati cas porgano aiuto. Qgeiio non ta*
er°>A quei luoghi,oue de recitanti,cantanti,ò dissutan
_fa mesikro,che s'oda la uoce,non couiensi il mito,che
atta la uocejna i coperti con traui fono più fonori.
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