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Alberti, Leon Battista; Bartoli, Cosimo [Übers.]
Della architettura, della pittura e della statua — Bologna, 1782

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https://doi.org/10.11588/diglit.1558#0006
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vi VITA
setto su da' Fiorentini nella loro città accolto, riavendo nel tempo
eli' egli vi celebrò il concilio, fatto prova de le virtù di quel pre-
lato , per segno di gratitudine verso la sua natione, e per premio
dovuto a' suoi meriti, 1' honorò del cardinalato. Lorenzo fratello
d'Alberto lasciò più figlioli, Bernardo, Carlo & Leonbatista, le cui
rare qualità porgeranno ampia materia di lodi a questo breve dis-
corso. Con quanta cura, e con che disciplina quelli fratelli fusiero
nella gioventù dal padre allevati, si legge nel trattato che 1' istdìo
Leonbatista serirle de le commodità, & incommodità de le lettere :
dove egli racconta che tutte le hore del dì erano in tal maniera a
vani loro studii distribuite, che mai restavano otiosi. ElTendo giunti
ad età più matura , oltre lo studio de le lettere, Carlo abbracciò la
cura de' negotii domestiei, ma Leonbatista non tenendo conto di al-
tro che di libri, tutto si diede alla coltura dell' ingegno, e sece tan-
to prositto nelle seienze, che si lasciò addietro quanti con fama va-
lent' huomini vivevano al suo tempo.
Il primo saggio eh' egli diede de la vivacità, & acutezza del
suo genio fu nell' ingannare con una dotta, & ingegnosa burla,
e con più successo che non fece poi il Sigonio, il giudicio de'
letterati del suo tempo : perche trovandoli in età di venti anni
allo studio di Bologna, compose di naseosto una favola chiama-
ta Tbilodoxios, sotto nome di Lepido comico, la quale poi, qua-
li capitatagli di nuovo, e cavata da vecchio manosentto, ei pu-
blicò per antica. E veramente Alberti imitò in quella con tanta fe-
licità la prisea dicitura de' comici Latini, eh' essendo pervenuta nelle
mani di Aldo Manucci, il quale fu da tutti tenuto per paragone
de la vera e più pura Latinità, egli la fece tìampare in Lucca 1' an-
no 1588. dedicandola ad Ascanio Perlìo , personaggio ancora egli di
profonda eruditione, come sé fosse siata opera di scrittore antico.
Lepidam Lepidi, antiqui comici, quisquis ille Jìt, sabulam ed te mitto, eru-
diùsfime Tersi, qua cui» ad maina meas periienerit, perire noim : C5" anti-
quitatis rationem hahendam effe duxi. Multa flint in ea obfemiatione digna,
qu£ ubi, totìus metiislatis sollertisfimo indagatori, non displicebmit, nubi cer-
te cum placiierhit, is'e. Ma che 1' Alberti habbia comporto quella fa-
vola nel vigesimo anno della sua età , egli stesso 1' ha voluto lignifi-
care nel prologo : Non quidem cupio , non peto in laudem trabi, quod hac
rvigejìina annorum meorum Mate, banc ineptius fcfipfenm fabulam ■ Verum
exjpeclo inde haberi apud <vos hoc perfuafioms, «0» macinini me fcilicst, non
exundique marre meo: obiwijfe anno!. Havendo dunque Alberti in quel-
la età sperimentato le sue forze, non vi fu sèienza eh' egli con lo
studio non si acquistasse, non. lasciando passare alcun giorno lenza
leggere o comporre qualche cola, come egli stesso affirma : & rieb-
be 1' ingegno così facile, che parve ugualmente nato ad ogni sòrte
di discipline : ne si sa sé fusse meglio oratore o poeta, sé più eccel-
ler!-

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