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Alberti, Leon Battista; Bartoli, Cosimo [Übers.]
Della architettura, della pittura e della statua — Bologna, 1782

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https://doi.org/10.11588/diglit.1558#0389
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■> ri-

pre-

DELLA ARCHITETTURA
DI
LEON BATISTA ALBERTI
LIBRO DECIMO.
De difetti de gli edisicii, onde néschìm, quali sieno quelli, che Jì fossono correg-
gere , e qnai no, da gli Architettori, & qua, cofe fien quelle,
che saccino cattiva aria,
CAP. I.
SE da qui inanzi noi riabbiamo a disputare de difetti da emendarti de li
edificii, e' bisogna considerare quali sièno certamente quei difetti, che si
poOTono dalle mani de li huomini emendare. Pcrcioche i Medici in quello
medesimo modo giudicano , che nel conoscere la qualità del male d' uno
infermo, consida la somma de rimcdii da guarirlo. Adunque i difetti de li edi-
ficii & publici , & privati, alcuni sono nati, & causati dall' Architettore , &
alcuni vi sono slati portati d' altronde ; & di quelli ancora ad alcuni si può ri-
parare con l'arte, & con l'ingegno, & ad alcuni altri non si può dare ri-
medio alcuno . Dall' Architettore procedono quelli, che noi dicemmo nel palsato
libro quasi moslrandoli a dito. Conciosia che alcuni sono difetti dell'animo, &
alcuni de le mani; dell'animo sono 1'elettione , lo scompartimento , la dillribu-
tione, il finimento mal fatto, dirtipato, & confuso . Ma i difetti de le mani
sono l'apparecchiamento de le cose, il provederle, il murarle, & metterle in-
sieme poco accuratamente, & a caso, & limili, ne quai difetti i poco dili-
genti, & mal considerati facilmente incorrono,. Ma i difetti, che procedo-
no d'altronde, appena penso io che si pollino annoverare ; tanti sono , & tan-
to.varii: infra i quali ci è quello, eh'e'dicono, che tutte le cose sono Impera-
te, & vinte dal tempo, & che i tormenti de la vecchiaia sono pieni di insidie,
& molto potenti, né potsono i corpi sforzarli contro a' patti de la natura, di
non invecchiare, talmente, ch'alcuni penlano , che M Cielo licito lìa mortale,
per quello solo , ch'egli è corpo, & lappiamo quanto porta l'ardore del Sole,
quanto i diacci , quanto le brinate, & Guanto i venti . Da quelli tormenti
veggiamo i durirtìmi sarti consumarsi, aprirsi, & infracidarsi ; & col tempo spic-
cassi da le alte ripe , & cadere sarti olrra modo grandilTimi , talmente che rovi-
nano con gran parte del Monte. Aggiugni a quelle le villanie, che sanno gli
huomini. Cosi mi guardi Dio, come alcuna volta io non porto fare, che e'
non mi venga a llomaco , vedendo che per flxacurataggìne di alcuni ( per non
dire cosa odiosa) che direi per avaritia, e' si consente di disfare quelle mura-
glie, alle quali ha perdonato, mediante la loro maicsth , il barbaro, & l'infu-
riato nimico, & alle quali il tempo perverso, & ollinato dissipatore de le cole,
acconsentiva, che ancora llessero eterne. Aggiugnici i cali repentini de fuochi,
de le saette, de trémuoti, & de li impeti de 1' acque, & de le inondazioni,
& de 1' altre molte cole, che di giorno in giorno l'impeto prodigioso de la
natura ne può arrecare, non più udite, fuor d'openione incredibili; mediante
le quali cose si rovina , & si difetta qual si voglia ben ordinata , & ben fatta
muraglia da qual si voglia Architettore. Platone diceva che la Isola Atlantea
non minore che lo Epiro, sé ne era ita in fumo . Mediante le illorie sappiamo
noi

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