Cui nè rarssüta cetera ,
ISTè alleviar potean gli augeiii garruli,
Che pur da le frondifere
Lor case rispondeano
A1 flebil tocco de le corde d’or*
Misero ! e pianser seco
I deserti strimonii
Argini , e il curvo rodopejo speco ;
E seco de le oreadi
Lo stuolo un süon d’ alto lamento fè :
E per l’amata Euridice
Prese d’averno il cammin fosco intrepido ^
INA de le torve eumenidi
L’intesto crin di vipere,
Infami ceffi e fieri ei non temè,
Ma quaie è tanto duolo
Cui seco al fin non portisi
II fugace de gli arini eterno volo?
Ebber poi tante lacrime ,
Tante strida ebber fin P tanti sospir :
E tu il vedesti, o Calai,
De la leggiàdra Oritia alato figlio j
Te per l’onde volubili P
Te tra le fronde tremule,
Te fuggitivo a i monti alti inseguir.
ISTè alleviar potean gli augeiii garruli,
Che pur da le frondifere
Lor case rispondeano
A1 flebil tocco de le corde d’or*
Misero ! e pianser seco
I deserti strimonii
Argini , e il curvo rodopejo speco ;
E seco de le oreadi
Lo stuolo un süon d’ alto lamento fè :
E per l’amata Euridice
Prese d’averno il cammin fosco intrepido ^
INA de le torve eumenidi
L’intesto crin di vipere,
Infami ceffi e fieri ei non temè,
Ma quaie è tanto duolo
Cui seco al fin non portisi
II fugace de gli arini eterno volo?
Ebber poi tante lacrime ,
Tante strida ebber fin P tanti sospir :
E tu il vedesti, o Calai,
De la leggiàdra Oritia alato figlio j
Te per l’onde volubili P
Te tra le fronde tremule,
Te fuggitivo a i monti alti inseguir.