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Algarotti, Francesco
Opere Del Conte Algarotti (Band 7) — Venezia, 1792 [Cicognara, 3-7]

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https://doi.org/10.11588/diglit.28026#0063
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ttiìsci cosa a cosa, iàateìlo, tu se’spaccia-
to : e le migliori sono senza dubbio quelle ,
che rendon te stisfìciente a te medesimo.

Gringlesi, gelosi d’ogni maniera di li-
bertà, naturalizzano parole e forme di di-
re tratte da liugue straniere, e i’austerità
dell’antico loro idioma sanno tagliarla col
clolce dei moderno: i Francesi poi appena
possono comportare, che gli antichi loro
scrittori scritto abbiano nella lingua deila
loro età ; e uno' stile che non fosse total-
mente di ìnoda potrebbe fare non picciol
torto al miglior libro . Tale all’incontro ò
la divozione degl’Italiani verso gli arcais-
mi, che, per far loro inghiottire pensamen-
ti noveili, ci yuole il veicolo di rancide
parole.

Un mal reale si passa il più clelle volte
leggierniente dairuomo; intanto cheglirie-
sce insopportabile un inale irnmaginario.
Pangi quanto sai con serro o con faoco la
•dura madre a un animale; non dà segno
di vita: la stessa dura madre sa di soiìeti-
carla con una tenta d’argénto; l’animale
-ei risente tutto, si contorce, e rnette gran-
dissiine strida.

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II
 
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