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Antolini, Giovanni Antonio
Il Tempio di Ercole in Cori — Mailand, 1828

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https://doi.org/10.11588/diglit.4947#0009
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Tav.
II.

6 DEL TEMPIO DI ERCOLE

è peggio, fedelmente se ne serve senza fare attenzione ai difetti di cui vanno ri-
pieni! onde se l'opera riesce bene, si può attribuire ad un accidente, e se male,
l'esempio la salva.

Se per altro sono essi mancanti nelle parti che compongono intieramente la
maniera delle doriche simmetrie che la rendono bella, il Tempio d' Ercole che
illustriamo offre un monumento in cui trovansi riunite. Se da quelli si è preteso
ricavare de' lumi per fissare le regole nelle scuole (sebbene, a parlar giustamente,
niuna se ne possa stabilire) in quest'ordine di architettura ; con molto maggior
giustezza ricavar si possono dall'analisi del Tempio di cui parliamo. Esaminata
dunque, come abbiam fatto, la singolarità dell'opera, e veduto che per questa
parte non è comune colle altre fabbriche, anziché queste sono atte piuttosto a
mostrarne al confronto sempre più l'eccellenza, perchè dove quelle sono mancanti
e di proporzioni e di parti, questa presenta un tutto compito; passiamo ad esa-
minare colla stessa brevità le proporzioni che formano in secondo luogo il piano
di queste osservazioni.

La proporzione altro non è se non il rapporto che trovasi fra due o più ra-
gioni uguali, a ritrovare il quale fa di mestiere di combinarle insieme. La ragione
poi non è che il rapporto che v' è fra due grandezze della medesima specie ; di
modo che per trovare la proporzione è necessario determinar la ragione, o sia
determinar il rapporto che trovasi fra due date grandezze , il quale quanto sarà
maggiore o minore, altrettanto sarà maggiore o minore la proporzione: sempre ri-
flettendo clic ogni qualunque ragione importando rapporto, non può questo con-
cepirsi senza le grandezze, le quali fra loro si rapportino. Posto ciò, passiamo a
considerare le proporzioni del Tempio ; esaminiamo le parti, combiniamole fra
loro, e vedremo praticamente che è stato ideato ed eseguito con tutta la perfe-
zione possibile.

Incominciando dalla pianta, questa racchiude dentro di sè l'area maggiore di
un perfetto quadrato contenente il pronao, intorno al quale per tre lati vengono
regolarmente distribuite otto colonne, ed il quarto lato viene occupato dalla parte
anteriore della cella. Stabilito il modo di calcolare, noi avremo la ragione di una
parte coli'altra; il che potrà farsi servendosi del semidiametro della colonna, che
ancor noi chiameremo modulo. Avremo dunque il diametro di ciascuna colonna
di due moduli. Ora rimanendovi fra l'ima e l'altra uno spazio, chiamato interco-
lunnio, di quattro moduli, è chiara la proporzione che vi si scorge di uno a due,
chiamata da' musici diapason, che è la più semplice e la più perfetta di tutte.

Le colonne, che vi fanno il loro più necessario uffizio, si alzano all'altezza di
sedici moduli; e sino alla medesima altezza si alzano precisamente gl'intercolumm,
cioè alle quattro loro larghezze: quindi fra le colonne e gl'intercolunnii in altezza
la medesima proporzione, cioè di uno a due, che ne risulta dalla loro pianta. Ecco
dunque per questa parte eziandio giustificata la mia asserzione.

Vengono assicurate le colonne con la più naturale veri Là da una leggerissima

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