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Antolini, Giovanni Antonio
Il Tempio di Ercole in Cori — Mailand, 1828

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https://doi.org/10.11588/diglit.4947#0013
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io DEL TEMPIO DI ERCOLE

Il geometra fa consistere il suo bello nell'incatenamento delle parti, e nelle loro
proporzioni rispetto ad un tutto. Questo bello pare clic debba essere il solo da
doversi chiamare con questo nome, perchè più analogo alle proporzioni della na-
tura, nella quale si scorge una proporzione meravigliosa, e che, a vero dire, ci
ha dato la prima idea delle matematiche. Secondo questo principio noi vediamo
in una statua rappresentante l'Apollo del Vaticano, in una pittura del Sanzio, ec,
un'ammirabile proporzione; e questi certamente non hanno adoprato i loro scal-
pelli o pennelli per altro, se non perchè belle riuscissero le loro opere. Chi potrà
dunque negare che questo sia il bello? Non si può, se prima non si biasimano
le produzioni della natura, le quali anche nostro malgrado eccitano la nostra at-
tenzione.

Non può esservi il bello se con tutte le proporzioni non venga in noi eccitata
una sensazione piacevole; avvegnaché un oggetto proporzionato, se non sia veduto,
può considerarsi come quelle produzioni le quali chiuse nelle viscere della terra
pare siano destinate ad altro uso fuori che al piacere ed al comodo dell' uomo.
Quindi il cieco non può avere idea del bello: e qui è da riflettersi che secondo
la teoria di Newton la riflessione dei raggi di luce non nasce da ripercuotimcnto
della superficie de' corpi, sopra i quali cadono, ma da un'azione interna ai corpi
riverberanti, che è varia secondo la natura degli oggetti. Quest'azione riverberante
è quella che produce in noi la sensazione, e questa piacevole se è consona alle
oscillazioni prodotte nel nervo ottico. Or chi potrà mai negare che un oggetto
fornito di tutte le sue proporzioni non produca una sensazione piacevole?

Quest'oggetto è sempre semplice, rappresenta il suo tutto sotto un'unità di
parti, che rende semplice, delicato, facile a far considerare la cosa in tutti i suoi
aspetti, ed unica la sensazione. Da qui nasce che producesi in noi un' idea mo-
struosa allorché diverse parti e disparate si accozzano e si uniscono insieme, come
cantò Orazio nella sua Poetica: Humano capiti cervicem pictor equinam Iun-
gere si véLìt3 ce.

Giò posto, chi potrà non riconoscere la bellezza nel nostro Tempio? Le pro-
porzioni che ne abbiam già dimostrate, non possono secondo i divisati principii
non far nascere in chi lo rimira, che una sensazione piacevole, ed in conse-
guenza semplice ed unica.

Quanto dunque è inutile di prescrivere agli studenti la niuna alterazione negli
ordini d'architettura, i quali imparano o con un autore o con un altro, material-
mente copiandoli. Se noi combiniamo quelle proporzioni già esaminate, che ren-
dono bello il Tempio di Ercole, con quelle del Barozzio da Vignola c di altri,
troveremo sicuramente che queste con quelle non hanno, se non alcuna, almeno
poca somiglianza fra loro. E perchè dunque la gioventù non deve restar libera, e
spaziare colle proprie idee e secondo le circostanze , le quali però siano sempre
ristrette dentro ai termini di (pie' principii invariabili e regole necessarie che si
osservano, secondo Vitruvio, colla simmetria, mediante la (piale si ottiene la

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