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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. I
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Tschudi, Hugo von: Scultori italiani della Rinascenza
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Miscellanea
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Fasc. III
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Venturi, Adolfo: Gian Cristoforo Romano, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0073

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ARCHIVIO STORICO DELL'ARTE

51

Pino Ordelaffi nel Ginnasio di Forlì, e della così detta
Isotta nel Camposanto di Pisa. Anche se non si può
dimostrare indubbiamente essere queste ultime opere di
Benedetto, ad ogni modo appartengono ad un Fioren-
tino formato alla sua arte. Con piena sicurezza invece
si può assegnare a Benedetto la tomba di Maria d'Ara-
gona in Monte Oliveto. Di Rossellino, cui finora gene-
ralmento si attribuiva, è di fatto soltanto la costru-
zione, che ricorda il suo famoso monumento sepolcrale
in S. Miniato.

Se questi artisti si mostrano specialmente come
scultori in terracotta, che al caso sapevano anche
usare dello scalpello con mano m,ic3tra, un altro fioren-
tino, Mino da Fiesole, si distingue esclusivamente come
artista in pietra. Non ci fu conservato neppure un mo-
dello in terracotta delle sue numeroaissime opere; e in
ciò consiste la sua debolezza, come la sua forza. Pur
non portando mai la composizione a piena libertà e
piena vita, mostra, specialmente nelle sue prime opere,
una freschezza e delicatezza non comuni nel trattare
il marmo. Un tondo, pubblicato pure dal Bode, con
Maria e il Bambino, che per l'età è vicinissimo al bas-
sorilievo della Madonna sulla tomba del Conte Ugo
nella Badia di Firenze, offrì già prima al sottoscritto
occasione 1 a tentar di chiarire le diversità dello stile
dell'artista nella sua attività di quasi trent'anni. Il
Bode chiude quest'articolo enumerando e caratteriz-
zando le opere di un anonimo fiorentino, il quale nel
commercio artistico va sotto il nome di Mino, e cui il
catalogo illustrato della raccolta di Berlino, ora in corso
di stampa, dà l'indicazione di « artista della Madonna

1 V. Jahrbùclier d. K. preuss. Kunslsammlungen, VII, p. 122.

di marmo ». Il maggior numero cioè delle sue opere
consiste in bassorilievi di Madonne in marmo, che egual-
mente lasciano intravvedere 1' influenza del Rossellino
e di Mino, ma che possono pretendere solo un posto
secondario per un tratto del viso, facilmente riconosci-
bile, e un panneggiamento da officina.

Per festeggiare le no/ze d'argento dei principi im-
periali di Germania, era apparsa la decima disserta-
zione: « Ritratti italiani in scultura nel secolo XV,»
che non sarà davvero necessario di indicare agli ama-
tori dell'arte italiana. Comprende infatti la parte ar-
tisticamente più importante della raccolta di Berlino,
ed ivi, meglio che in alcun altro luogo, si ha un'i-
dea di queste inimitabili creazioni dell'arte realistica
del quattrocento.

Il penultimo capitolo contiene un fine apprezzamento
del Giovannino di Michelangelo, che, eseguito circa
nel 1495/96, permette di riconoscere chiaramente lo
sviluppo del titano dal modo di vedere del quattro-
cento. In pieno cinquecento poi conduce l'ultima dis-
sertazione su Giacomo Sansovino, cui il Bode con sicu-
rezza attribuisce alcuni bassorilievi che si trovano nel
museo di Berlino, nel Louvre e in possesso privato, ed
in cui all'influenza di Michelangelo si uniscono incon-
testabili ricordi della maniera artistica di Donatello.

Solo i più importanti risultati delle osservazioni
del Bode poterono esser dati in questo rapido sguardo ;
ma essi possono mostrare come la ricerca non può riu-
scire veramente fruttuosa e sollevarsi a larghe vedute,
che mercè la faticosa riunione delle più minuziose co-
gnizioni dei particolari.

H. VON TSCHUDI.

MISCELLANEA

Scoperta, del palazzo Ai federico MI
a Viterbo. — Il Municipio di Viterbo, nel fare ese-
guire i lavori per l'abbassamento di livello e sistema-
zione di un tronco di strada di circumvallazione, che
dalla stazione conduce alla porta della Verità, mise
in luce alcune fondamenta di bellissima costruzione
medioevale, che si ritengono indubbiamente apparte-
nere alla parte postica ad est del grandioso palazzo-
fortezza che Federico II si fece costruire in quella lo-
calità, dominante sulla città nel 1242, per tenere in
suggezione i viterbesi. Nel 1250 il palazzo fu raso al
suolo dal cardinale Raniero Capocci vicario apostolico.

Siffatta scoperta viene a fissare eoa certezza il

luogo ove sorgeva il palazzo, che si conosceva solo
vagamente sulla scorta degli antichi cronisti, non
avendosi fino ad oggi alcun rudere apparente.

Il Municipio ha deliberato di rimuovere la terra e
le macerie, per iscoprire il più possibile della pianta del
fabbricato.

Sequestro delle porte del palazzo Della
Rovere in Gubbio. — Il palazzo dei duchi Della
Rovere in Gubbio, splendido monumento d' arte da
poter quasi stare a paro del palazzo ducale d' Urbino,
e che è stato illustrato dal Lespejn-es nell' opera Die
Bauwerhe dei- Renaissance in Umbrien, fu nel principio
 
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