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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. II
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Ricci, Corrado: Lorenzo da Viterbo, [1]
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Fasc. III
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Venturi, Adolfo: Gian Cristoforo Romano, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0115

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CORRADO RICCI

33

l'altra, più tosto antipatica, ha invece una vesto rosso-cupo sbagliata nel partito delle pieghe,
perchè le fa nel fianco il solito giuoco assolutamente impossibile.

Sotto questo dipinto ricorrevano quattro distici, di cui restano soltanto i tre seguenti:

a) 0 dives rerum humanarum respice Christi

Si casse si fùerint aurea tecta tui.

b) Nati mater adest pueri natique parentis

Filia tam casti sponsa pudica viri.

c) Quse maiora tuse poteras optare senectee

Gaudia quam tanti pignoris esse patrem?

che suonano:

a) 0 tu ricco di cose umane, guarda se le case di Cristo sieno state i tuoi aurei tetti,
h) E qui la madre figlia del suo figlio, sposa pudica di un sì casto marito.

c) Quali gaudi maggiori potevi desiderare alla tua vecchiezza, che l'esser padre di un tanto figlio ?

Da questo lato della cappella, giudicando dai sensibili progressi e dalle rimembranze
dell'arte del suo maestro, Lorenzo dovette passare alla fronte ossia alla parete cui si appoggia
l'altare. In mezzo e in alto si vede la solita mandorla con la Vergine in mezzo seduta, a mani
giunte in atto di preghiera. Intorno ricorrono due schiere sovrapposte d'angeli, che tutti
compresi della gran letizia o suonano o pregano o cantano. Sotto ai due lati del ciborio si
veggono gli apostoli inginocchiati. Questa parete per esser quella dell'altare e di fronte
all'ingresso della chiesa, è stata, volta a volta, danneggiata da parecchi ritocchi, massime nella
parte inferiore più umida ed esposta alle ingiurio dei chierici che v'appoggiavano scale,
smoccolatoi, canne et similia.

Sotto si leggono i seguenti distici:

d) Virginis ista piac meritis pictura ministrat

Quae spes humanis unica rebus inest.

e) Haec est quae gremio Viterbo continet urbis

Moenia miraclis moeaia tuta suis.

die si possono tradurre così :

d) Questa pittura e sacra ai meriti della pia Vergine che è unica speranza alle cose umane.

c) Costei è quella che ha nel grembo le mura della città di Viterbo, mura salde pei miracoli suoi.

Vediamo finalmente la parete che più fa fede della grandezza cui Lorenzo sarebbe giunto
se la morte non l'avesse tolto alla gloria. Nelle lunette è la presentazione al Tempio della
Vergine. Il fondo rappresenta una piazza, nel lato di fronte è un tempietto circolare, a
colonne. Gli editici laterali hanno sufficiente prospettiva, e prospettiva assai buona hanno le
figure distinte in tre piani. Nel primo si veggono a sinistra tre uomini: uno di essi volge la
schiena allo spettatore ed è fra le figure descritte la prima veramente scevra di linee conven-
zionali e disegnata quasi inappuntabilmente. Le altre due hanno molto patito. A destra sono
invece due donne con un bimbo che per giuoco cavalca una canna. Nel secondo piano, a
sinistra, altri due uomini e, a destra, una donna. Finalmente nel terzo si trova San Gioacchino
con un uomo e a destra Sant'Anna con una donna. La Vergine sale la gradinata del tempio,
sotto il cui porticato sono piccoli sacerdoti e ben proporzionati.

Eccoci da ultimo all'affresco esprimente lo sposalizio della Madonna, composizione piena
di vita, di sapere, d'abilità. In mezzo è il sacerdote che accosta la mano di San Giuseppe, che
tiene l'anello, alla mano della Vergine. La figura del sacerdote piuttosto secca e la sua veste a
pieghe sottili e verticali prendono una forma conica poco gradita per una figura dominante. La
sua faccia è veneranda ma dipinta di maniera. Altre teste di vecchi, dietro di lui, non sono gran
fatto migliori. La figura di S. Giuseppe è la solita convenzionalissima. Il partito delle pieghe e
la barba conservano ancora alcuni difetti delle imagini dei profeti già descritte. Dalla parte

3 — Arciduio storico dell'Arte
 
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