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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. VI
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Venturi, Adolfo: Ercole Grandi
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0297

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ADOLFO VENTURI

199

Una serie di otto quadri a tempera di Ercole Grandi, rappresentanti fatti dell'antico testa-
mento, si trovano qua e là dispersi in diverse collezioni, dopo la vendita della galleria Gostabili.
Due se ne vedono nella collezione Layard in Venezia, rappresentanti l'uno Mose che guida gli
Israeliti nel deserto, l'altro il popolo d'Israele in atto di raccogliere la manna; un terzo molto
guasto è posseduto dal senatore Morelli, e rappresenta Caino in atto di uccidere Abele; gli altri
si trovano nella collezione Visconti-Venosta in Milano. Queste tempre sono di poco anteriori alla
pittura del soffitto del palazzo Coslabili, e fra tutte, per genialità di composizione e per istato di
conservazione, va segnalato quello rappresentante gli Israeliti che s'incamminano pel deserto,
ove dietro alle severe figure dei capi, vedesi seguire in lunga fila il popolo, e alcune graziose
fanciulle intessere danze.

Il Layard conserva anche un quadrettino del Grandi, rappresentante la Vergine col bambino
Gesù sulle ginocchia, seduta in un trono tutt'ornato di minutissimi bassorilievi. A destra e a si-
nistra del trono, stanno due santi monaci con gigli in mano, e nel dinanzi, sulla base, sta accoc-
colata una bertuccia.

A Ferrara, nella Galleria, si mostra come opera di Ercole Grandi il martirio di San Seba-
stiano, una nobile pala d'altare proveniente dalla chiesa di San Paolo di quella città, con ritratti
finissimi e pieni d'espressione della famiglia Mori. Certo che ad Ercole Grandi si avvicina più
che a qualunque altro pittor ferrarese, ma non rileviamo in essa tutti i caratteri che siamo usi
di riscontrare in lui. Forse fu una delle ultime opere della sua mano; e se così, anche tardi il
pittore ritenne le forme castigate dei primi tempi, e lo spirito della Decadenza non sconvolse le
sue forme dolci e tranquille.

Come ultima opera dell'artista, a torto, viene indicata la Pietà, già del conte Zeloni, ora del
comm. Blumenstihl in Roma, con la scritta E • GRANDI ■ F ■ M'D'XXXIIII, che giustamente il
senatore Morelli notò come apocrifa. Il quadro proviene dalla chiesa di San Domenico in Ferrara, 1
donde passò nelle mani di Cesare Cittadella e di G. A. Testa, e da questo al conte Zeloni. Non
sarebbe possibile che nel 1534 un pittore dipingesse ancora come si usava verso la line del quat-
trocento; e quella scritta fu piuttosto messa colà da alcuno che volle serbare ricordo del nome
del pittore e del tempo approssimativo in cui visse. Anzi sembra che, conoscendo la lapide sepol-
crale di Ercole Grandi recante la data MDXXXV, l'autore dell'iscrizione per non segnare sul
quadro l'anno della morte dell'artista, vi apponesse quello dell'anno immediatamente anteriore.
Il cognome Grandi già nel cinquecento, era dato tanto all'uno che all'altro Ercole di Ferrara,
cosicché, sin dal tempo del Vasari, i due pittori divennero un sol uomo, e al principio del seicento
il ferrarese Superbi, nel suo Apparato, 2 non fece cenno che di Ercole della famiglia Grandi.
Perciò non si distinsero più le opere di Ercole Roberti, autore del quadro del sig. Blumenstihl, da
quelle di Ercole Grandi ; onde colui che appose la iscrizione al dipinto non avrebbe mai creduto
di cadere in errore, mettendo il cognome di Grandi ad Ercole da Ferrara. Tutto si era confuso;
gli accenni ad Ercole Roberti nella cronaca rimata di Giovanni Santi con l'elegia latina dedicata
ad Ercole Grandi da Daniello Fini; 3 la discendenza artistica dell'uno con quella dell'altro, cosicché

1 In un inventario autografo dei quadri posseduti da Don Cesare Cittadella, inserto nel volume 170 delle
Miscellanee della Biblioteca Costabiliana, si legge :

« Grandi Ercole da Ferrara. — Pala grandiosa sopra una gran tavola che esprime il Signore morto con lo
Marie, S. Gio. ed altri personaggi, nobile architettura all'indietro, in cornice alla romana, rinomata da nostri
antichi scrittori, esistente una volta in S. Domenico. »

Il Cittadella divenne assai tardi possessore del dipinto, non avendone fatto menzione nel suo Cat. del 1784.

2 Apparato degli huomini illustri ferraresi. Ferrara, 1620.

;5 Dall'originale che si conserva nella Biblioteca del Comune di Ferrara. Cod. 858, classe I, p. 20.

In laudem Herculis Grandii pictoris rarissimi.
Pictorum prisci narrant monumenta poetae Fecit idem nostri pictura novissima Grandii

Persimili veris pietà magisterio Qua? veterani formis anteferenda fuit.

Decepisse viros, volucres, ammalia, pictum Qui nubes, pluvia», agitata tani.trua ventis
Credula dum vivum turba putaret opus. Pinxit, et armato fulmina torta Jovi.
 
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