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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. VI
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Gnoli, Domenico: Le demolizioni in Roma: il palazzo Altoviti
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0302

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IL PALAZZO ALTOVITI

ne fecero Cecchino Salviati e Santi di Tito. Per lui Raffaello dipinse la Madonna dell'Impannata,
Michelangelo gdi donò il cartone dell'ubbriachezza di Noè servitogli per gli affreschi della cappella
Sistina, e disegnò per lui una Venere, che colorì poi Giorgio Vasari: il quale dipinse nel suo
palazzo e nella villa in Roma, e per lui eseguì la migliore delle sue opere, cioè la Concezione di
Maria, che è a Firenze sull'altare della cappella degli Altoviti nella chiesa de' SS. Apostoli; Jacopo
Sansovino gli donò il modello della sua statua di San Giacomo eseguita pel Goritz nella chiesa '
di Sant'Agostino in Roma, e gli diè il disegno di un ricco camino, eseguito poi nel suo palazzo
a Firenze, e ornato di lini bassorilievi da Renedetto da Rovezzano.

Splendido amico dell'arte e degli artisti, Rindo merita un posto onorato nella storia politica
del suo tempo per aver soccorso generosamente di danaro la sua patria combattente contro i
Medici, e aver poi adoperato tutte le sue forze, benché senza frutto, a scuotere il loro giogo ti-
rannico. Egli scelse a sua impresa un toro che spezza il giogo, e il suo palazzo divenne il ritrovo
de' fuorusciti fiorentini, che da esso ebbero largo aiuto alle loro imprese infelici. Invano Alessandro
de' Medici tentò amicarselo eleggendolo nel 1532 a far parte del Consiglio dei duecento e nomi-
nandolo console in Roma della nazione fiorentina: quando Lorenzino l'ebbe ucciso, egli s'affrettò
a scrivergli mandandogli duecento ducati, ed esortandolo a riparare, come a luogo sicuro, alla
Mirandola; 1 e suo figlio Giambattista mosse poi, cogli Strozzi e co' fuorusciti, all'impresa che
fini a Montemurlo. L'astuto Cosimo, stimando pericolosa l'inimicizia d'un uomo di tanta
ricchezza e autorità, prese anch'egli ad accarezzarlo, ma inutilmente. Morto Paolo III, da
cui Rindo era protetto, Cosimo credè giunta l'ora della vendetta, e nel 1552 ne dimandò la
consegna al suo successore Giulio III, sotto pretesto che Rindo sparlasse ingiuriosamente di lui:
ma vogliono che Giulio gli facesse rispondere: - - A Roma tutti parlano liberamente: se dovessi
scacciare tutti quelli che sparlano di me, dubito che resterei un principe senza sudditi. — Scoppiò
la guerra di Siena, e Rindo, già vecchio, vi si cacciò dentro con impeto giovanile. « In Roma,
(scrive uno storico contemporaneo amico de' Aledici2) pubblicamente dicevano che tremila di loro
venivano al soccorso di Siena, e di là a Fiorenza. Fra i quali ve n'era uno chiamato Rindo Al-
toviti, fiorentino ricchissimo, che con una gran rettorica tirava a se tutta quella gioventù tìo-
rentina di Roma, facendoli dichiarare nemici del Duca, e che presto vedrebbono in libertà la loro
patria,-avendo il Re di Francia per loro protettore e per loro Generale Piero Strozzi. Aveva
Rindo Altoviti un figliuolo chiamalo Gio. Pallista, molto eloquente, che per tirare alla sua devo-
zione quella gioventù era oli imo, mostrando che quello faceva suo padre ed egli ancora, che
avevano da perdere, molto meglio lo potevano fare loro, che avventuravano il poco per il mollo.»
Il conte Rapinino, per commissione di Cosimo, domandò a Lindo se fosse vero ch'egli secretamente
armasse e assoldasse gente contro di lui; « Ft egli rispose che tutto era vero, e co' aggiunta
non piccola, e che egli era il capo; e haver pagato in più tempi buona somma d'imposizioni in
Firenze, dove di suo vi restava qualche cosa, et essere resoluto mettere la vita sua e de' figli per
liberare la patria, e voleva giocare il restante a questo giuoco; e che li altri fiorentini ricchi di
Leona, Venezia, Ancona e d'altri luoghi convenivano a l'onorata impresa. » Egli raccolse pertanto
otto compagnie, con bandiere verdi, che denotavano speranza di liberare la patria. « Le bandiere,
scrive il Montalvo, erano di taffettà verde, senza croce alcuna, ma sì bene nel mezzo un II dorato,
sopravi una corona reale che significava Enrico Re di Francia, e intorno ali" II vi erano queste
parole: Libertà delie città oppresse; e all'incontro (nel rovescio) delle bandiere, in lettere d'oro,
quel verso di Dante:

Libertà vo' cercando ch'è si cara,
Come sa chi per lei vita rifiuta. » :i

Il tìglio di Eindo, Gio. Rattista, si mise alla testa delle otto compagnie, fiore di gioventù

1 Genealogia e storia della famiglia Altoviti, descritta da Luigi Passerini, p. 56. Firenze, M. Cellini, 1871.

2 Relazione della guerra di Siena, di Don Antonio oi Montalvo, pubblicata da Cesare Riccomanni, p. 37.
Torino, tip. Vercellino, 1863.

3 Narra il Segni (Istorie fiorentine, lib. XIV) che queste bandiere fossero donate ai fuorusciti dal Re di
Francia.
 
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