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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. VI
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Recensioni e cenni bibliografici
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0330

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232

RECENSIONI E GENNI BIBLIOGRAFICI

è dato di discernere in quelle della natura il bello
dal brutto, anzi pare che non abbia sentimento della
dissonanza, prodotta da lui col collocare figure classiche
e di forine purissime in fondi di paesaggio e d'archi-
tettura di quei maestri oltramontani, dalle forme ri-
strette, imitanti con penosa scrupolosità la realtà poco
attraente.

In quanto alla favola intorno alla cagione della morte
di Marcantonio, messa prima in campo dall' autore
della Felsina pittrice, il Delaborde la rifiuta, traendone
g.li argomenti dalla comparazione oggettiva delle due
stampe della Strage degli Innocenti e dimostrando che
la posteriore non possa attribuirsi punto a Marcantonio.
Del pari, adducendo fondate ragioni, il nostro autore non
accetta l'identificazione del maestro col dado col figlio
naturale del Raimondi (il di cui nome presuntivo Be-
nedetto Verino presenta le iniziali B. V. usate da
quell'incisore), identificazione che era stata sostenuta
dal B. Fillon nel suo scritto suindicato; anzi, anche in
seguito non vorrebbe riconoscere nel maestro testò
accennato se non uno dei più abili imitatori di Mar-
cantonio.

Per quanto siano interessanti questi ragguagli ed
altri di cui abbonda la prima parte del libro del De-
laborde, sui quali però l'angustia dello spazio non ci
permette di dilungarci, l'importanza dell'opera per la
scienza consiste nella sua seconda parte, la quale ne
occupa presso a poco tre quarti del contenuto. Le note
descrittive delle opere di Marcantonio che possedevamo
fin adesso, incominciando dal Heineken fino al Passavant,
non erano altro che scarsi elenchi di nomi, eccetto
quella del Bartsch, che contiene, se non ragionamenti
critici, almeno descrizioni esatte di tutte le incisioni
dell'artista. Riconoscendo pienamente il valore e l'im-
portanza del lavoro preliminare del Bartsch, ma accen-
nando pure alla sua parziale insufficienza, in quanto
riguarda l'attribuzione al maestro stesso di molte opere
dubbiose o di altre che sono senza dubbio lavori de' suoi
discepoli, l'autore intende il suo compito molto più
ampiamente, e lo prosegue pure sotto più ampi punti
di vista. Divide il suo catalogo in dodici paragrafi se-
condo gli argomenti trattati : storia sacra, santi, mitologia,
composizioni allegoriche, storiche, ritratti, studi, sog-
getti diversi, copie, opere dubbie ed erroneamente at-
tribuite. E peccato che l'autore, credendo di poter
fare a meno della descrizione delle singole stampe, si
contenti di accennare a quella fornita dal Bartsch,
indicandone i numeri relativi. Così il suo libro viene
privato del carattere di repertorio completo di tutto il
materiale, riguardante l'opera di Marcantonio, come la
condizione odierna della scienza ce lo rivela. In ogni
altro riguardo sarebbe infatti difficile di accusare il
catalogo del Delaborde di imperfeziene, di mancanza
di profonda dottrina o d'altra omissione. Anzi, ogni
numero vien minutamente criticato, esaminato e deter-
minato in quanto all'origine e al modello, classificato
con data certa o almeno' approssimativa fra le opere

dell'artista; i diversi stati (états), le copie e le imita-
zioni, se ce n'è, sono enumerati con accurata indica-
zione dei segni distintivi, sono indicati specialmente i
fondi di paesaggio presi a prestito da altri modelli, ecc.
Per non accrescere di troppo l'estensione del presente
resoconto, è d'uopo limitarci a pochi cenni sui numerosi
risultati nuovi contenuti in questa parte del sostanzioso
lavoro dell'autore. Egli attacca e combatte con validi ar-
gomenti l'opinione, prevalsa finora, che parecchie delle
incisioni del Raimondi (i numeri 87, 88, 142, 145-151,
197-99 del suo catalogo) siano state eseguite su disegni
di Raffaello, altre (immeri 93, 99-101, 161, 164, 166,
167, 210) su disegni di Francesco Francia; per una parte
di esse fa delle congetture, per un'altra ne indica ad-
dirittura i modelli in composizioni relative di Marcanto-
nio stesso, degli allievi di Raffaello e pure in alcune
di origine veneziana. In quanto ai modelli di parecchie
stampe (numeri 113, 118, 160), il Delaborde ritiene molto
verosimile che Timoteo Viti ne fosse autore, appog-
giandosi non solo a criteri derivati dalla maniera artistica
del maestro nominato, ma spiegando molto ingegnosa-
mente alcune sigle, che si trovano tracciate su esse,
come le iniziali dell' iscrizione: Timoteus Urbinas
Pinxit. Il celebre ritratto di Pietro Aretino, all'opposto
dell'opinione prevalsa fino ad oggi, che si fondava su
una indicazione relativa del Vasari, vien ricondotto
non a un disegno di Marcantonio stesso, ma bensi ad
un originale di provenienza veneziana. Egualmente l'u-
nica sua incisione in legno, raffigurante U incredulità
di S. Tomaso, che si trova in una edizione veneziana
dell'anno 1512 delle Epistole ed Evangeli. In quanto
agli altri lavori di questa sorta, che gli si attribui-
scono, fra i quali il Tomaso di Aquino nella edizione
fiorentina del 1512 del suo Trattato dalla Confessione
(un esemplare se ne trova nella collezione del signor
E. Piot a Parigi), il Delaborde decisamente respinge
la possibilità che Marcantonio ne sia l'autore.

Ma basti delle particolarità. Con quelle poche che
abbiamo segnalate, crediamo sufficientemente aver di-
mostrato i pregi dell'opera presente, che raccomandiamo
caldamente all'attenzione e allo studio accurato dei cul-
tori della storia dell'arte.

C. de Fabriczy

Atti della società di Archeologia e belle arti per la provincia
di Torino. - Dispensa seconda del volume quinto, 1888, To-
rino, Roma e Firenze, Fratelli Bocca.

Questa nuova dispensa contiene anzitutto la prose-
cuzione del lavoro del signor Boggio sulle prime Chiese
Cristiane nel Canavese. La dissertazione è arricchita
di molte annotazioni, e contiene nel testo non poche
notizie storiche, archeologiche ed artistiche che rivelano
particolari, o sconosciuti, o poco noti sulle più impor-
tanti Chiese primitive di quella notevole regione pede-
montana.
 
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