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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. VII
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Gnoli, Domenico: Le demolizioni in Roma: il Palazzo dei Bini
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0372
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270

IL PALAZZO DEI BINI

Maria della Purificazione, degli Oltramontani, e di cui le sale del piano nobile erano occupate negli
ultimi anni dai gendarmi pontifici e poi dalla questura italiana, non avea sofferto altri danni
che quelli della trascuranza e del tempo.

Dell' esterno del palazzo non ci resta ohe il disegno del Létarouilly, che ne ha dato pure la
pianta. Era d'aspetto pesante, e riuniva in curioso miscuglio lo stile de' palazzi fiorentini e de' ro-
mani: fiorentine erano le finestre ad arco bugnate, quali si vedono pure in altre case nel vicolo
stesso e ne' dintorni della chiesa nazionale di San Giovanni: romane le finestre rettangolari
del pianterreno e del mezzanino : il cornicione non e stato mai finito. Come in molti palazzi fioren-
t ini, si saliva per parecchi gradini al piano del cortile quadrato, recinto di un portico con loggia
dal lato del prospetto. L'eleganza delle basi e de' capitelli dorici e delle modanatore delle cornici
non pareva corrisponder troppo alle linee dell'esterno, meno garbate e gentili. Il cortile era da
taluni ritenuto opera di Raffaello, da altri di Lorenzetto; ma, quando facciano difetto i docu-
menti, lo studio critico dell'architettura in Roma non è a tal punto da poter azzardare di tali
battesimi. I travertini ond'era composto sono stati, per cura della Commissione archeologica
municipale, numerati e collocati in un magazzino comunale, da cui usciranno per essere ricom-
posti nel cortile di qualche fabbrica nuova.

Nel pianterreno era una grande sala (v. la pianta nel Létarouilly, I, 106) che può in parte
vedersi nell' incisione che diamo, rappresentante il palazzo in demolizione. Nel mezzo della volta,
entro una cornice rettangolare ornata delle più gentili grottesche della scuola di Raffaello, due
putti sostenevano una corona densa di fogliame e di fiori, che conteneva uno stemma. La foto-
grafia mal riuscita per mancanza di luce, e perchè fatta mentre a furia si demoliva, è nondi-
meno 1' unico ricordo intero che di quella pittura ci resti, e basta a indicarne la correttezza del
disegno. Se per la finezza delle grottesche, per la composizione, per la corona di verdura che
ricorda i festoni della Farnesina, non c'è dubbio che si tratti di pittura di scuola raffaellesca, non
mancano caratteri per attribuirla a Pierin del Vaga, che fu specialmente lodato per simili putti
dal colorito vago, dalle forme larghe ed eleganti, che ricordano il fare correggesco. Uno di 1 ali
putti esce in parte fuor dall'intonaco nella casa Baldassini alle Coppelle, nello spazio tra due fine-
stre: altri, pure di Pierino, d'ugual fattura, e già lodatissimi per vaghezza di carni, si veggono nel-
l'oratorio e nella volta della cappella del Crocifisso nella chiesa di S. Marcello; due altri in buono
stato e assai lodati dal ATasari, sorreggono due stemmi nella crociera della Trinità de' Monti;
due geni nello stesso atteggiamento di questi si veggono dipinti in mezzo ad un finto corni-
cione sostenuto da due gruppi di figure maschili che fan da cariatidi, somiglianti a quelle della
sala di Costantino ma più belle, in una cappella della Cattedrale di Pisa, dove è pure una pala
eseguita dallo stesso Pierin del Vaga coll'aiuto del Sogliani. Nel nostro affresco, quantunque
non poco deperito, era però visibile la forza del colorito; ed in parte è visibile ancora; poiché per
un caso fortunato, quantunque esso fosse destinato alla demolizione, pure all'ultim'ora ci fu alcuno
che ne sentì pietà e ne distaccò una parte, salvando poco più che le teste dei putti.

Di chi fosse il palazzo ora demolito, era ignoto: solo da ultimo un erudito romano che si
nasconde sotto il nome di Padre Zappata, rivelava, senza addurne prove, esser quello il palazzo
dei famosi banchieri tedeschi i Fugger, detti italianamente Fuccari o Fucheri. 1 Veramente il Va-
sari 2 scriveva che i Fucheri « avevano murato vicino a Banchi una casa, che è quando si va
alla chiesa de' Fiorentini »; ma l'indicazione, se conviene a questo palazzo, non è così precisa da
escludere che fosse un altro. Abbiam visto però che i due putti sorreggono uno stemma (altri non
ne ho trovati nè fuori nè dentro), e questo non appartiene ad alcun ramo dei Fugger, ma ad
una famiglia fiorentina, come di fiorentino è il gusto di riprodurre nel suo palazzo le forme usate
nella sua città natale: esso è lo stemma dei Bini, che edificarono e possedettero il palazzo. 3 Della

1 Vedi nel giornale II Fanfulla, anno XIX, n. 193. La Roma che se ne va. - Un palazzo scomparso.

2 Vita di Pierin del Vaga.

15 II Padre Zappata credette che ai Bini appartenesse la povera casetta addossata alla chiesa della Purifica-
zione a cui invece apparteneva, e contigua al palazzo Bini.
 
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