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Archivio storico dell'arte — 1.1888

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Fasc. X
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Venturi, Adolfo: Bassorilievi di Mino da Fiesole
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https://doi.org/10.11588/diglit.17347#0526

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BASSORILIEVI DI MINO DA FIESOLE

EL fascicolo VII (luglio) di questo periodico fu già fatto cenno
di quattro bassorilievi rilasciati dal municipio romano al museo
civico industriale. Rappresentano essi fatti della vita di San Gi-
rolamo, e sono notevoli per la fine delicatezza de' particolari
architettonici del fondo, per la grazia con cui sono delineate le
teste dei monaci. A chi pon mente alle sottili pieghe delle figure,
che prendono la forma di stecche di ventaglio, alle barbe dei
monaci che scendono loro sul petto a mo' di lingue di fiammella,
e al carattere delicato della scultura, facile, leggiero, come se fosse
eseguita in pasta, ricorre subito alla mente il nome di Mino da
Fiesole, Quella forma delle pieghe rettilinee, divergenti, che sem-
brano come raggi dipartirsi da un centro, si rivede in molte altre cose di Mino : in Roma, nel
monumento Tornabuoni in Santa Maria sopra Minerva ; ne' frammenti incastrati nella sa-
grestia di Santa Maria Maggiore; nel tabernacolo di Santa Maria in Transtevere; nei frammenti
dell'arca di Paolo II delle Grotte Vaticane. Così nelle altre opere di Mino trovansi le dita delle
figure lunghe, piatte e tra loro disgiunte, similmente ai bassorilievi sopra indicati. Come questi
si trovassero nel palazzo Massimi, da cui furono tolti, non è noto; ma ponendo mente ad alcuni
fatti storici, potremmo arrischiare un'ipotesi non inverosimile. Scrive il Vasari, che fu fatto
fare a Mino dal cardinale Girolamo d'Estoutville, cui piaceva la sua maniera, « l'altare di marmo,
dove è il corpo di San Girolamo, nella chiesa di Santa Maria Maggiore, con istorie di bassorilievo
della vita sua; le quali egli condusse a perfezione, e vi ritrasse quel cardinale ». Tali storie di
bassorilievo non si ritrovano più a quell'altare, e di là furono forse tolte da Sisto V, quando
rifabbricò la sua cappella in Santa Maria Maggiore, e portate nel palazzo della villa Montalto,
che fu poi dei Massimi. Se tale supposizione potrà essere avvalorata da prove, potremo rallegrarci
di avere rintracciato i bassorilievi di Mino indicati dal Vasari; bassorilievi che non sono certo
delle sue opere migliori, e che lo dimostrano, come Vasari scrive, più graziato die fondalo nel-
Varte. Essi ritraggono però di quella semplice, timida, pudica e dolce natura di Mino ; e sono degni
di considerazione e di studio. La sorte non benigna ha disperso le cose di Mino: il monumento di
Paolo II, che fu tenuto al suo tempo « la più ricca sepoltura che fusse stata fatta d'ornamenti e
di figure a pontefice nessuno », messo in terra quando fu rifabbricato il vecchio San Pietro, giace
indecorosamente in pezzi negli anditi angusti delle Grotte Vaticane, ove la folla fa ressa nel giorno
dedicato al Principe degli Apostoli, ed urta quei tesori. Cosi, smembratosi l'altare di Santa Maria
Maggiore, furono messi nella sagrestia della chiesa, ad ornare gli scompartimenti delle pareti,
tondi, nicchiette e quadri, che dovevano formare un tutto armonico e bello. Il grande maestro
che, al tempo di Sisto IV, portò il dolce stile toscano a Roma era ben degno d'altra sorte, ed è
degno di riguardi maggiori.

A. V.

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