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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. I
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Rossi, Umberto: La collezione Carrand nel Museo Nazionale di Firenze
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0039

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LA COLLEZIONE GARRAND NEL MUSEO NAZIONALE DI FIRENZE

15

un ritorno allo studio dell'arte classica. Sebbene questo flabello sia opera incontestabilmente latina,
non è mèli vero che specie l'ornamentazione è ispirata moltissimo ai lavori orientali; i bassorilievi
poi ricordano le miniature del salterio greco, custodito nella biblioteca Nazionale di Parigi, alcune
delle quali vennero pubblicate dal signor Rayet 1 e che sono appunto fra le migliori opere del
rinascimento greco. Tuttavia la pergamena ha un aspetto più recente e specialmente le iscrizioni
nelle quali la lettera M affetta una forma che s'approssima alla gotica, fanno credere che questa
parte del flabello non possa essere anteriore al dodicesimo secolo.2

Due braccioli di sedia episcopale con finissimi ornamenti a fogliami e a figure d'animali, fini-
scono in una testa di leone; all'estremità che era unita alla sedia si vedono i simboli dei quattro
evangelisti: il fondo, su cui spiccano gli ornati e le figure, era in origine dorato. Sebbene questi
due [tozzi non siano che frammenti, sono tuttavia pregevolissimi e malgrado la troppa suddivisione
dei particolari, caratteristica dell'arte orientale, che non lascia riposo all'occhio, parrebbe che
dovessero credersi lavoro italiano del secolo undecimo. E certo che in Italia l'influenza bisantina
specialmente nella regione meridionale e a Venezia ebbe modo di farsi sentire e di lasciare una
impronta nell'arte, meglio che in tutto il resto d'Europa: questi due braccioli ne sarebbero una
prova manifesta, e ad essi si può aggiungere un tau di lavoro quasi identico, che una nota del
signor Garrand dice pure italiano e della stessa epoca. Fra le molte storie che sono rappresentate
sulle losanghe di cui va adorno il bastone di questo tau, notevoli specialmente sono quelle dei
mesi dell'anno.

Due tavolette che costituivano la rilegatura di un oflìciolo hanno l'ima l'immagine di Cristo
con nimbo crucigero, che tiene un'asta colla croce nella destra e un libro aperto colle iniziali A • fì
nella sinistra-; coi piedi calpesta un drago e un leone o intorno corrono i versi leonini REX • DEVS •
EST ' HOMO • QYKM • SIMPLEX • SIONAT • IMAGO — QVO • MORS • EST • STRATA • SERPENTE •
LEONIA • NOTATA. Sull'alt ra v'è san Michele armato che trafigge colla lancia il demonio e i versi
dicono: SVB • FIDEI • SCYTO • MICHAEL • STANS • CORPORE • TATO — HOSTEM • PROSTERNI'!1
PEDE • CALGAT • CVSPIDE 1 PVNGIT, Ambedue queste placchotte provengono dalla collezione
Charvet e rappresentano abbastanza bene l'arte dell'undecime secolo a cui sono attribuite.

Dirò anche di due singolari pozzi le cui iscrizioni runiche non lasciano alcun dubbio sulla loro
origine. Il primo ò un frammento di cofanetto in osso di pesce, trovato dal signor Garrand in
Alvergna e che, secondo una noia di lui, mancherebbe al cofanetto normanno che si conserva
nel British Museum: questa placca ili lavorazione assai grossolana presenta entro una cornice
composta di caratteri runici diverse ligure, di cui le principali sono I re uomini con lunghi pastrani
a cappuccio, un cavallo* un uomo in alto di partire per la caccia.

L'altro è un bel corno od olifante, schiacciato in maniera da assumere la forma di un fodero
di scimitarra: è adorno di grossolani rabeschi fra i quali appaiono qua e là degli animali e un
uomo che pare in alto di suonare il corno. Presso l'imboccatura è da ambo i lati una breve
iscrizione runica che suonerebbe: Lieto tempo e avanti,"' motto abbastanza adatto per i costumi

1 Baykt L'art, bizantin, p. 159 e 101.

2 II flabello fu esposto nel 1867 nella sezione His-
toire du travati et monumenti historiques alla Espo-
siziono Universale di Parigi o dal giurì d'ammissione
fu giudicato del nono secolo.

L'iscrizione che ricorre in tre righe sulle due l'accie
della pergamena è in lettere capitali dorate, salvo nella
riga inferiore dove le lettere assumono una for-ma' quasi
gotica; credo utile pubblicarla:

flaminis hoc donvm regnator svmme polorvm
oblatvm pvhó pectore svme libens.

virgo parens xpi voto celebraris eodem,
uic coleris pariter, tv fil1bertè saceh.

sunt no quae (sic) modicv conbert estate flabei.l'v,

[nfestas abi01t muscas et mitigat estv,

ET SINE DAT TEDIO GUSTARE MUNUS CIBORV,
PROPTER EA OALIDUM QUI VULT TRANSIRE PER ANNV,
ET TUTUS OOPIT'AB ATRfS EXISTERE MUSCIS
OMNI SE STUDEAT AESTATE MUNIRI FLABELLO.

hoc deovs eximivm pvlchro moderami ne gestvm

condecet in sacro semper adesse loco :

namqiie svo volvcres infestas flamine pellit,

ET STRIOTÌM MOTVS LONGIVS IRE FACIT.

HOC quoque fi.abellum tranquillar exc1tat auras
aestus dum fervei ventum faoit atque serenum,
fuga'l' et ouscenas 1mportunasque volugres.

3 Debbo l'interpretazione di questa leggenda alla
cortesia del mio dotto amico Solone Ambrosoli.
 
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