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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. II
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Thode, Henry: Pitture di maestri italiani nelle gallerie minori di Germania
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HENRY THODE

opinione; o ciò è certamente vantaggioso per lo storico dell'arte, ma d'altra parlo non soddisfa
minimamente la curiosila del profano.

Superato adunque il primo orrore che si prova alla vista di quelle pareli rassomiglianti a
carte geografiche, volgiamoci prima di tutto alle pitture del trecento: due di queste, rappresentatiti,
l'ima 8. Paolo e l'altra S. Pietro, entrambi in mezza figura (n. 751 e 752), portano, tanto nel
catalogo, quanto nel manuale di Crowe e Cavalcasene, il nome del celebre Duccio. Ma, sebbene
mostrino lo stile di questo maestro, tuttavia sono troppo dure e sgraziate per poter ritenere che
sieno proprio opere di sua mano. Di un valente pittore contemporaneo di Duccio, ma non
di Duccio stesso, sono quattro piccoli quadri rappresentanti in mezza figura S. Giacomo, S. Gio-
vanni Battista, S. Maria Maddalena, e 8. Domenico (n. 753, 751), notevoli per il forte e cupo
incarnato. Nello sfile questi dipinti mi sembrano decisamente affini al grande quadro di s. Fran-
cesco nell'accademia di Siena (antico n. 303). Di un altro maestro che segue pure la scuola di
Duccio sono le parti di una tavola d'altare (nn. 731-736), che rappresentano S. Giovanni Evange-
lista, S. Pietro, S. Paolo e S. Giovanni Battista dipinti in figure più grandi e lino alle ginocchia,
e Cristo e quattro angeli benedicenti in mezza figura. Sebbene sieno spaventevolménte guasti,
tuttavia essi rivelano l'alto stile e la accurata esecuzione di un valente maestro. Il Crowe ed il
Cavalcasene, che videro questi dipinti ancora nella raccolta Ramboux, riconobbero in essi la mano
di Ugolino da Siena, il quale nel catalogo ò confuso con il pittore posteriore Ugolino di Prete
Ilario. Senza dubbio la supposizione del Crowe e del Cavalcasene ha molla probabilità; però io
non oserei dare un giudizio definitivo. In ogni caso è notevole l'analogia che si riscontra fra queste
pitture e la pala d'altare di scuola senese conservata nella sacristia di S. Croce in Firenze (n. 0),
la quale pure fu già ascritta ad Ugolino da Siena.

Alla seconda generazione di pittori senesi, che è rappresentata da Simone Martini, Cippo Menimi
e dai due Lorenzetti, appartiene una Madonna, (n. 710), che il catalogo attribuisce a Simone
Martini: Maria, in mezza figura, tiene il bambino, il quale sia in piedi, vestilo con una vesticciuola
gonfia, di colore azzurro, e giucca con un uccello. Il viso tondo del bambino, con i capelli corti
ed arricciati, l'ovale mollo allungalo del volto di .Maria ed i suoi òcchi semichiusi ed ammiccanti,
il tenero colorito roseo delle guance, che contrasta coi toni verdi chiari, sono segni caratteristici
di un pittore, del quale si conserva un quadro nell'accademia di Siena (numero aulico 30, nuovo 37).
Come vidi nell'ultima visita fallavi, il quadro è attribuito ora ad un Bartolomeo di Nutino; sarebbe
interessante sapere, se tale attribuzione si l'ondi su una indicazione recentemente scoperta o sul
dato di un documento. Non v'ò dubbio clic l'artista si avvicini mollo a Simone Martini (iti aveva
dapprima credulo che il quadro di Siena fosse un lavoro giovanile di Simone, ma a quest'opinióne
rinunziai subito); soltanto si dimostra nelle l'orme più antiquato e nello slesso tempo più duro.

Se adunque non si può lasciare al museo di Colonia il vanto di possedere un'opera originale
di quel grande maestro, vi si trova però una intera serie di dieci piccoli quadri rappresentanti
Apostoli in mezza figura, di mano del suo collaboratore Lippo Menimi- (n. 741-750), che sono
altrettanti pezzi di una tavola d'altare, che deve essere stata pressa poco uguale a quella di Simone
conservata in Pisa. Probabilmente sono pure opera di Cippo i piccoli pezzi del frontone di un
altare, completamente ridipinti, rappresentanti l'uno VAngelo dell'Annunciazione, l'altro Cristo in
mezza figura (nn. 769, 770). Al contrario mi sembra esageralo l'onore che si fa ad uno fra i dipinti
maggiori rappresentante una Maddalena in mezza figura (n. 737) attribuendolo a Pietro Lorenzetti.
La figura di questo quadro ricorda piuttosto quelle del Segna o di Niccolò di Segna, senza che
però si possa attribuire con tutta certezza all'uno o all'altro. Così pure non posso approvare l'indi-
cazione del catalogo rispetto ad un quadro di dimensioni alquanto grandi, una Adorazione dei
tre re (n. 703) che è detta opera del Berna. È assolutamente impossibile che un maestro come
quello, che eseguì gli. affreschi in S. Gemignano, cosi pieni di vita, abbia dipinto un quadro come
questo, così sgraziato e di un gusto così fortemente ispiralo al bizantinismo. Non è d'altra parte
mollo interessante il sapere chi no sia il vero autore. Al contrario un quadretto mollo delicato e
grazioso, che mostra chiaramente l'influenza di Ambrogio Lorenzetti è una piccola Madonna
circondata dai santi Antonio eremita, Giacomo maggiore, Caterina e Maddalena (n, 775); i suoi
caratteri sono: graziose teste con occhi oscuri e, scintillanti; una luce bianchiccia alquanto fredda
 
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