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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. II
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Frizzoni, Gustavo: Il presunto Stefano da Ferrara della Pinacoteca di Brera in Milano
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0098

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GUSTAVO FRIZZONI

tutto, essere vissuti a breve distanza di tempo fra loro due pittori ferraresi dal nome di Ercole:
il primo cresciuto, secondo ogni verosimiglianza, alla scuola di Giovanni Bellini e di Cosimo Tura,
come ben ebbe ad avvertire il Lerinolieff, il secondo scolaro di Lorenzo Costa.

Spetta al primo evidentemente la pala della pinacoteca milanese. Stando ai documenti con-
servati negli archivii di Ferrara e di Modena, 1 pubblicati da Luigi Napoleone Cittadella e da
Adolfo Venturi, egli viene designato col nome di Ercole de Roberti, figlio di Antonio, mentre il
suo omonimo, che non apparisce per nulla suo parente, viene chiamato Ercole Grandi di Giulio
Cesare. 2

Quanto al tempo in cui visse il primo, se non ci è dato stabilire l'anno della sua nascita, che
vuoisi perù congetturare intorno al 1440, pare ormai indubitato ch'egli fosse giunto alla fine de'suoi
giorni sul principio del 1496.

Artista di elevato e vivace ingegno, è una fortuna che nella scarsità delle opere sue superstiti
ci sia pur dato di noverarne una cosi ricca di motivi artistici, quale è quella che forma l'argo-
mento del nostro discorso. Quello che vi spicca a prima vista si è Io squisito senso architettonico
che le conferisce una impronta eminentemente monumentale, pari a quella che si nota nelle cele-
brate opere da altare del Mantegna, del Bellini, del Tura. Le figure poi, disposte secondo il prin-
cipio rigorosamente simmetrico, proprio del tempo, sono nulla meno variate fra loro ed atteggiale
tutte con una grandiosa semplicilà. Bel resto, mentre ci sono ormai noti i due dignitari S. Agostino
e beato Pietro degli Onesti, posti sul piano inferiore, non si ha verun indizio per qualificare pre-
cisamente le due sante che fanno ala al trono sul piano sensibilmente elevato del medesimo, non
avendole il pittore munite degli attributi pei quali soglionsi distinguere.

Pur troppo il dipinto lutto quanlo, che dovette fin dall'origine essere eseguito sulla tela, si
presenta in uno stato di conservazione tutt'allro che florido, vale a dire la superficie del colore si è
resa scabrosa per molteplici sollevature ed è macchiata in molte parti da antichi, imperfetti ritocchi.
Meriterebbe quindi anche per questo rispetto una particolare attenzione per parte della Birezione
della pinacoteca, non ignara certamente del rilievo che acquisterebbero i pregi dell'opera, quando
fosse sottoposta ad una prudente, adeguala opera di ripristino. Fra le varie parti che vi attirano,
comunque sia, lo sguardo dell'osservatore, vogliamo accennare le storielle a chiaro scuro che deco-
rano il basamento inferiore del trono, notevoli per le animate composizioni a piccole figure, di un
gusto lauto affine al manlegnesco.

Queste, come tipi altamente caratteristici, ci si mostrano all'atto consone alle predelle di Bresda
già nominale, delle quali ciascuno può prendere agevolmente cognizione mediante le riproduzioni
fotografiche della ditta Ad. Braun di Bornach e Parigi;i e nello stesso tempo trovano corrispon-
denza con un disegno dell'autore stesso nella raccolta del Louvre, già de la Salle, dove l'autore
rappresentò, non dirò in modo simile, ma certamente analogo, l'episodio tragico della Strage degli
Innocenti di Betlem, che figura pure fra i chiaro scuri nella base del trono del quadro di Brera.

La circostanza dell'essere stato il quadro dipinto sulla tela piuttosto che sul legno, il quale
nella maggior parte dei casi veniva preferito dai pittori di quell'epoca per le pale d'altare, dà
luogo ad argomentare che l'artista non lo abbia eseguito a Ravenna, ma ve lo abbia avuto a man-
dare probabilmente dalla sua cillà natale, scegliendo la tela per facilitare il trasporto. Balle scarse

1 Com'è noto, i duchi di Ferrara, al tempo in cui
avvonne la cessione di dotta città alla Santa Sede (1599),
trasportarono gran parte dello coso loro nella nuova sede
di Modena.

2 Intatti in un documento del 1479 l'Ercole seniore
è chiamato: M. Hcrculos filius q. Mag. Antonii de
Robertis, pictor, civìs Ferrariae. -In una lettera del 1491,
nella quale il pittore stesso si raccomanda al duca Er-
cole, egli si segna: Servilor hercides de robertis, pictor.
In fino in un documento dot 149G, ch'ò a ritenersi l'anno
della morto sua (vedi in proposito il periodico der Kunst-

freund di Berlino a. 1885 a. 11, p. 107) comparisco
noi Memoriale della Camera noi r. archivio di Stato di
Modena come olim M. Hercole di Ruberti depintore. -
Di fronte a questi appellativi sincroni ci pare abbia
minor valore quel'o postumo in data del 1530, dove in
altro documento figura un Gerolamo, parimenti pittore,
filius quondam Magistri Erculis de Rubertis, alias de
Grandi. Infatti si potrebbe dubitare che l'aggiunta di
Grandi in questo passo fosse derivata da una confusione
colla parentela dell'altro Ercole.

:ì Vedi Braun: Dresdc-Peinture. nn. 163 e 164.
 
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