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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. II
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Frizzoni, Gustavo: Il presunto Stefano da Ferrara della Pinacoteca di Brera in Milano
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0099

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IL PRESUNTO STEFANO DA FERRARA

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notizie che si hanno della vita di Ercole de Roberti ad ogni modo si ricava bensì ch'egli fuori di
Ferrara avesse visitato Venezia, Rologna, Cesena, Napoli e fin anco l'Ungheria, nulla invece di una
dimora a Ravenna. Se non che meritano di essere qui rammentate le circostanze dalle quali facil-
mente si può dedurre per quale via il pittore fosse stato destinalo ad eseguire per la chiesa di
Santa Maria in Porto un'opera che deve essere stata indubbiamente uno de' suoi capolavori.

Nel xv secolo, come osserva il Venturi, esistevano dei rapporti fra i canonici di quella chiesa
e Ferrara colla sua corte, noto essendo che Borse ed Ercole I pagavano ai canonici annui tributi
in compenso di certi diritti di caccia da costóro accordati ai duchi. Non c'è da meravigliarsi
quindi che Ercole, il pittore al servizio di casa d'Este, il continuatore di una celebratissima opera,
incominciata dal suo concittadino Francesco Gossa, nella chiesa di S. Pietro in Rologna, \ avesse
pure ricevuto dai canonici Portuensi l'incarico di fornire alla loro chiesa l'ornamento della sua
grandiosa pala.

Abbiamo fatto menzione di un altro dipinto della pinacoteca di Brera, registrato già per opera
di Stefano da Ferrara, nome che nei cataloghi posteriori ebbe a cedere il posto a quello del for-
livese Raldassare Carrari. La ragione che deve avere persuaso il predecessore del presente direttore
della pinacoteca ad adottare tale mutamento si deve ricercare certamente nella fede ch'egli cre-
dette dovere prestare ai ragguagli che danno intorno a quel quadro gli scrittori antichi. Il primo
de' quali sarebbe un testimonio appartenente nientemeno che allo stesso xvi secolo, l'ultimo l'abate
Lanzi nella sua Storia pittorica- 2 Gli è a codesta pala infatti che allude Francesco Reltrami nella
sua guida di Ravenna già citala, là dove passando in rassegna le opere d'arte della chiesa di
san Domenico aggiudica a Raldassare Carrari non solo ma anche al di lui tiglio Matteo, «pittori
ravennati, (sic) la tavola in cui slami:: effigiati la Beata Vergine in trono col Bambino in braccio,
san Pietro, san Bartolomeo, due Vescovi e tre puttini. » E a coonestare il suo detto si riferisce ad
altro scrittore, vale a dire al summentovato Gerolamo Fabri, il quale nelle sue Sagre Memorie di
Ravenna antica (Venetia 16G4), a pag. 150 descrivendo lo stesso dipinto, vi rileva il inerito di detti
due pittori, per essere stali fra i primi che si fossero applicati alla pittura ad olio, meritandosi
« da Giulio II, quando passò di Bavenna una grandissima lode, affermando quel Pontefice, conforme
narra Vincenzo Carrari Canonico Ravennate, nell'orazione funebre a Luca Longhi, 3 non aver veduto
da Roma in poi pittura di bellezza eguale a questa, ove nell'imagine di san Pietro è dipinto al
naturale Baldassarre e in quella di san Bartolomeo Nicolò Rondinelle), che essendo allora giovane
dipingeva con i detti Carrari. »

Ma a che approdano simili asserzioni, per quanto circondate dell'aureola dell'antichità, quando,
come nel caso presente, vengono contradette dalla testimonianza ben più stringente che sgorga
dall'aspetto dell'opera, esaminala ad occhi aperti e posta a riscontro di opportuni termini di para-
gone? Chi si faccia a confrontare il quadro n. 17G di Brera colle opere di Baldassare da Forlì da
un lato e con quelle del Rondinello dall'altro, di leggieri avrà a persuadersi che la sua somiglianza
con queste ultime è molto maggiore che colle prime. E in vero ne fanno fede insieme all'altra
tavola del Rondinello in Rrera (Galla Placidia inginocchiata davanti a san Giovanni) quelle ben
note di lui che si vedono tuttora in Ravenna nella pinacoteca comunale e in alcune chiese, nelle
quali egli si manifesta quale schietto discepolo quattrocentista di Giovanni Rei lini, non senza mostrare
qualche analogia nei tipi con Cima da Conegliano. E tale egli apparisce conformemente nella grande
tavola di Brera ; che vuoisi anzi ritenere una delle più importanti sue creazioni pittoriche, sia per
la robustezza e la severità di carattere di quei quattro santi, sia per la corrispondente austera
grazia della Madonna col Bambino e dei tre angioletti o putti aggruppati sotto il trono, ornato di
rabeschi su fondo d'oro e coperto superiormente da un vago tappeto all'orientale, posto sotto
i piedi della Vergine. Ben più oscuro ed anche alquanto più recente autore è il Carrari, che in al-

1 Vedasi in proposito la Graticola di Bologna (ima abbia fatto il Vasari. Si deplora da gran tempo di-
alitica Guida) fatta l'anno 1500 da Pietro Lamo, a p. 31, strutta.

dove è descritta codesta opera di pittura, eseguita nella 2 Pag. 35 del suo iv volume stampato nel 1825.

cappella Garganelli, con maggiore esattezza di quel che 3 Vedi: Vincent. Carrari in Orai, edita Rav. a. 1581.
 
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