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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. II
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Nouvi documenti
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0112

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84

NUOVI DOCUMENTI

R.mo in Christo patri domino domino Francisco Ar-
mellini] Modices, titilli sancti Calisti presbitero cardinali,
sancte romane ecclesie Camerario, presenti otc, tacere
et fabricare statuas infrascriptas, videlicet, imam ad si-
militudinem Dei patria omnipotentis, aliam beate Ma-
rie virginis, alias octo ad minus cherubinorum circum
circa dictas duas statuas, alias quatuor angelorum, unam
sancti Laurentii et aliam sancti Francisci, magnas et
altas juxta altitudinem sanctorum et non minoris alti-
tudinis palmorum septem ad mensuram romanam. Et
etiam bonas et pulchras, habentes pulchras figuras et
bonos visus, et hoc ex terra cotta vitreata ac smaltata,
ad usum statuarum et aliorum laborum qua? et qui fiunt
in la Robbia et ex bonis colòribus. Quas quidam sta-
tuas promisit fabricare et oidom R.mo consigliare, ac in
labore et opere (in loco) seu locis sibi per Rev. desi-
gnatis in urbe ponere, suis risico et periculo, laboribus
et expensis, preter quam in murando illas, infra quatuor
menses proxime futures. Et premissa fecit et tacere pro-
misit ete. prò precio et omnimoda solutione ducato-
rum quinquaginta monete veteris de cari, x prò du-
cato. Quos rev. p.tus promisit et eidem stipulanti etc.
solvere lue Rome gradatim et successive, prout dictuin
opus efììciet, intra dietimi tompus, omni mora cessante
et exeoptiono remota. Et ex mine idem dictus frator
Mathias confessus est ete. se ad bonum conputum dicti
precii ab eodom Rev., et per manus d. herodum Joannis
Francisci de Martellis, Ludovici do Capouibus et 80-
ciorum, habuisse et recepisse ante rogationem presontis
instrumenti, carlenos 40, de quibus etc. quietavit re-
nuncians etc. et prò quibus etc. — Actum Rome in
edibus predicti R.mi presentibus ibidem d. Ludovico
Capone eive et mercatore fiorentino romanam curiam
sequente, et R. D. Jo. Baptista de Martellis subdiacono
apostolico testibus. »

(R. Archivio di Stato in Roma. Atti di Alberto Serra.
Voi. 1840, p. 70.)

I due figli d'Andrea che, per testimonianza del Va-
sari, vestirono l'abito domenicano, furono secondo il Mi-
lanesi, Marco, che prese da frate il nome di Luca, e
Paolo che prese quello di Ambrogio. Ha forse sbagliato
il Vasari, e i figli d'Andrea fattisi domenicani furono tre
e non due? Non mi par credibile questo errore, avendo
il Vasari conosciuto di persona Andrea, e assai proba-
bilmente i suoi figli. Noto invece che so è certo per
documenti che fra Luca e fra Mattia furono domenicani
e figli d'Andrea, la stossa certezza non abbiamo per
frate Ambrogio, del quale nella Cronaca ms. del Con-
vento domenicano di S. Spirito di Siena, citata dal Mi-
lanosi, manca l'indicazione della paternità. 1 Egli dun-
que poteva esser figlio di alcun altro dei della Robbia;

1 « Tempore, memorati fratria Roberti, Mitili, factum fuit
Presepium Domini in ecclesia, arte ac dUigentia fratria Am-
brosii de Rubia etc. VASARI, Voi. II, pag. 181.

e perciò, finché almeno per nuovi documenti non si di-
mostri essere stato anch'egli figlio d'Andrea, convien so-
stituire nell'albero genealogico dei della Robbia il nome
di fra Mattia a quello di frate Ambrogio.

Parrà cosa strana che di questo fra Mattia della Rob-
bia sia mancata sino ad oggi ogni notizia, tantoché il
Milanesi, il Cavallucci, il Molinier e da ultimo il Hode
nel lavoro magistrale che si pubblica in questo Archi-
vio, non no registrano il nome: nondimeno non è men
certo ch'egli lavorava di figura in terra cotta invetriata,
dall'anno 1522, in cui si obbligava di eseguir la tavola
pel card. Armellini, al 1527, data dell'altare di Monte-
cassiano. Egli dovette venire a Roma con suo fratello
Luca, chiamatovi da Raffaello a faro i pavimenti delle
Leggio vaticano, nelle quali pare che lavorassero insieme:
infatti, nei pagamenti per quell'opera, troviamo un ac-
conto dato a m.° Luca de la Robbia li 5 agosto 1518,
e a' 10 settembre dello stesso anno un altro acconto
« al frate de la Robia per il pavimento. » 1 Questo frale
è da crederò che fosso appunto fra Mattia.

La tavola d'altare pel cardinale Armellini Medici,
con Dio padre e la Madonna con cherubini e angeli, e
i santi Lorenzo e Francesco, dovette esser destinata alla
chiesa di san Lorenzo in piscibus, sulla piazza di san Pietro.
Sappiamo infatti elio il cardinale, il quale aveva conti-
guo ad essa il suo palazzo, dove ora è quello del card.
Piantonato Cesi, riedificò la chiesa di san Lorenzo. Dei
due santi della tavola, uno, san Francesco, vi stava pel
nome del cardinale, l'altro pel santo titolare della chiesa.
Questa fu rifatta dai Cesi nel 1659 e ceduta ai padri
delle Scuole Pie; e del lavoro di fra Mattia non resta
alcuna traccia. Se però, come è da credere, esso fu ese-
guito, e se non è andato distrutto, non sarà difficile
rintracciarlo colle indicazioni e le misuro del docu-
mento.

Il perugino Armellini, 2 a cui Leon X concesse di
poter assumere il cognome e lo stemma dei Medici, fu
legato dello Marche; e ciò potrebbe forse aver rela-
zione coll'esistenza dell'altare di fra Mattia a Montecas-
siano presso Macerata. Nelle Marche potrebbero forse con
frutto cercarsi altri suoi lavori. In Roma, non sappiamo
se sieno da attribuire a lui o al fratello Luca i grandi
tondi in terra cotta colorata, conservati ora nel Musco

1 E. MUNTZ. Raphael p. 4f>2, nota 1.

2 Francesco Armellini, di povera condizione, per le sue be-
merenze verso il card. Giovanni de' Medici, fa da esso, dive-
nuto papa, creato cardinale, assunto nella famiglia e nominato
Camerlengo di santa Chiesa. Acquistò trista celebrità per le
imposizioni con cui vessò il popolo, e per l'ingordigia del da-
naro che gli permise d'accumulare grandi ricchezze. Usuraio,
avaro, su lui ricade in gran parte la colpa del sacco di Roma,
per aver egli licenzialo le milizie tenute a soldo da Clemen-
te VII. Invaso il Borgo dalle soldatesche del Borbone, egli
potè a stento salvarsi a Castel S. Angelo, dove fu tirato su in
mia cesta. Accorato per la notizia elle le soldatesche gli ave-
vano saccheggiato il palazzo e derubate le ricchezze, anch'egli,
come il Serra, mori in Castel S. Angelo durante il sacco, e fu
sepolto ivi, presso alla Traspontina.
 
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