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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. V-VI
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Fumi, Luigi: La facciata del duomo d'Orvieto, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0230

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194

LUIGI FUMI

in consegna all'ufficialo nuovo. L'inventario più antico che ce lo ricordi è dell'anno 1:55(3, ventisei
anni dopo la morie del grande architetto. È notato come disegno di sua mano: « maini magistri
Laurentii ». 1

Ma questo disegno non è il solo. Ai 24 ottobri! 1383 se ne trovò un altro presso un tal Pe-
nicelo Geccarelli. Il camarlingo dell'Opera di quel tempo iie fece acquisto e Lo ripose nell'ufficio. 2
Non è detto a chi potesse attribuirsi. In seguilo gli inventari registrano il disegno del Maitani
come per lo avanti, e riportano anche l'altro. Si conserva all'uno il solito appellativo, del Maitani;
del secondo si tace il nome sempre. Ambedue distesi su grandi pergamene giacquero inosservati,
obbliati. Esposti da varii anni in quadri nella sala del museo, solamente da poco esaminali e rat-
frontati, vennero a mia richiesta diligentemente riprodotti dalla matita di due egregi giovani
orvietani coll'approvaziono del Ministero della Pubblica Istruzione. Le venerande pergamene che
qui riproduciamo hanno patito dal tempo lacerazioni, crepaccio e perforamenti. Le macchie nere
del nostro disegno sono le traccio naturali del danno che si riscontra negli originali. L'egregio
amico cav. Pranci, Presidente dell'Opera, secondando i miei modesti desiderii, ha conservato due
veri monumenti grafici del più alto valore. I ringraziamenti che qui gli porgo saranno, io credo,
l'espressione anche della gratitudine di tulli gli amatori delle arti antiche.

Delle due pergamene una presenta la particolarità del linimento monocmpidale ; l'altra pre-
senta la particolarità del finimento tricuspidale. Il primo disegno, il monocuspidale, appare subito
come progetto completo aiiche nelle parti simili che si ripetono. Il secondo non dà che le modi-
ficazioni dell'altro: non accenna se non quanto è necessario per chiarezza di quelle modificazioni.
Donde si può capire che il tricuspidale sia venuto dopo, e sia opera di altra mano che ha modi-
ficato i concetti di un disegno monocuspidale.

Nel primo l'occhio abbraccia un monumento stupendo. Le sue linee principali sono quattro
torri che mettono in mezzo tre portali sormontati da cuspidi, i cui vertici toccano e sorpassano
tutto il primo piano del monumento. Una galleria dietro le cuspidi percorre l'intero prospetto.
Sopra alla galleria le torri laterali si sollevano coi soli pinnacoli di coronamento per darle soste-
gno: le torri centrali si alzano di un secondo piano per rinflanco della fronte dell'occhio, dal cui
piano si staccano i lati del triangolo della cuspide finale.

Le torri sono di carattere crociforme. Basano su pilastri ornati di bassorilievi a quadri e a
tondi di figure intersecati e recinti da tralci e ramificazioni. Sulla cornice di linimento del pila-
stro di ciascuna torre sorge la statua di un evangelista al di sopra del suo emblema. Di un piano
sull'altro vanno sempre restringendo nella loro salienza con raccordo di piccoli contrafforti, fra
quattro pinnacoli si sollevano le guglie ricorse da foglie rampanti con una figura di angelo sul
vertice.

Il portale, bellissimo, aperto a strombo, ricorda le nostre antiche basiliche, i nostri più antichi
monumenti, dell'Italia di mezzo in specie. Lo studio dell'origine de' principii generali che ne infor-
mano l'architettura sarebbe ricco d'infinite osservazioni che ci richiamerebbero dalle chiese di
Toscanella, dalle cattedrali di Gorneto e di Givitacastellana, dal San Francesco di Sutri, da Santa
Maria in Falleri e dalla chiesa di Castel Sant'Elia fino alla badia di San Severo sotto Orvieto. Ma
l'arco voltato a tutto sesto acquista qui una caratteristica tutta speciale accompagnandosi ai por-
tali di fianco piegali all'ogive Vi si alternano pilastrini mistilinei a gentile ricamo, di scultura.
Chiude e recinge il prospetto del portale una lascia profilala a gola riccamente scolpita a fogliame.
La stessa decorazione sale, girando, ad archivolti concentrici intorno all'arco che poggia su distinto
piedritto terminalo da cimasa. Nel centro, sulla slessa linea, posa l'architrave con linimento o
cornice a mensole avvicendate di fogliami e di animali leonini. Riempie la luce dell'arco un grup-
petto marmoreo. La Vergine coll'infante siede in bel trono dintornata da otto angeli disposti a
scala fuori di un padiglioncino. Due santi fiancheggiano da una parte e dall'altra: il Battista e
un santo vescovo, San Costanzo, patroni del capitolo.

Qui cade in acconcio un'osservazione. V'ha un notevole riscontro fra questa decorazione del-
l'arco nella pergamena di Orvieto e la decorazione dell'arco dell'antica facciata di Santa Maria

1 Archivio dell'Opera, Cani. ad. an.

2 Archivio dell'Opera, Cam. ad. an.
 
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