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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. V-VI
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Fumi, Luigi: La facciata del duomo d'Orvieto, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0235

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LA FACCIATA DEL DUOMO D'ORVIETO

199

prende, a meglio dire, l'architettura così detta gotica, sospettandone le leggi tenute nascoste con
tanto mistero, e ne fa un sì felice connubio da crearne uno stile nuovo, un modello di architettura
veramente italiana.

11 secondo architetto non si allontana dalle norme del primo. Ne accetta il progetto e ne fa
base, del suo; ma lo modifica e lo perfeziona. Scorge nell'altro un semplice germe di nuovi ele-
menti architettonici; egli lo sviluppa e col finimento tricuspidale della facciala dona all'arie un
nuovo sistema di architettura, non ideato da altri prima di lui, che seppe poi sviluppare mirabil-
mente, per modo (die i discepoli della sua scuola, dai tempi antichi sino all'età nostra, non seppero
imitarlo con lo stesso l'elice risultato, come accadde qualche secolo appresso agli allievi ed imita-
tori di Michelangelo.

E qui permettimi una digressione; di farti cioè osservare come nel Duomo di Orvieto isuoi
primi maestri stillassero il hello in tulli i migliori sistemi di architettura conosciuti ai loro giorni
e ne cogliessero, per cosi dire, il più bel fiore.

Fedeli al voto della cittadinanza che volle foggiala la nuova chiesa instar basilica; Sanctce
Marice majoris de Urbe, segnano la sua pianta secondo il tipo delle chiese basilicali, la dividono
in tre grandi navi mediante colonne cilindriche e non mistilinee od a fascio, su cui appoggiano
gli archi a tutto sesto ed i muri di sostegno dell'armatura di legname del tetto ; ma fedeli eziandio
alle leggi dell'arte lombarda ed ogivale applicano queste dove meglio si prestano, cioè nella nave
traversa enei coro, dove vediamo i grandi piloni a fascio, le vòlte a crociera colle loro nervature:
e foggiate egualmente su quel tipo si vedono aperte le finestrelle dei nicchioni laterali, il portale
della facciata, le gallerie, sia interne che esterne, e la grande ruota di prospetto, escludendo sola-
mente, siccome non corrispondenti allo stile, quelle pratiche che sapevano di simbolico o di fan-
tastico, causa le variate condizioni dei tempi, e fors'anco perchè, cessate le superstizioni e fanta-
sticherie prevalenti nei secoli nono e decimo, si era nel decimoterzo secolo risvegliato più puro
e più mistico il sentimento artistico religioso.

Nè la perizia e la conoscenza delle leggi artistiche veniva meno in quei primi maestri in quanto
si riferiva direttamente alla parte di ornamentazione. Poiché nel Duomo di Orvieto troviamo i più
belli elementi decorativi dei secoli precedenti, dai musaici ed intrecci a colore svariatissimi del-
l'arte bizantina ed araba agli ornati e nodi in rilievo dei maestri comacini, sino alla mirabile poli-
cromia geometrica dei Gosmati, alle torri sveltissime, alle esili colonnette, ai pinacoli, agli acro-
teri, ai gocciolatoi in forma d'animale dell'arte gotica. Ripudiarono solo dell'antica maniera i difetti,
poiché nella scultura, sia ornamentale che figurata, apparisce anche più bella l'arte dei Pisani; chè
oltre a Giovanni, figlio del sommo Nicola, lavorarono nel Duomo di Orvieto Arnolfo di Cambio ed
altri famosi artisti, pei quali si rese cos'i rinomata e celebre l'arte dello scalpello.

Come vedi, ho nominato sempre i primi maestri del nostro Duomo. Escludo dunque una sola
mente creatrice di si mirabile lavoro, e di ciò abbiamo prova nell'esame delle varie parti dell'edi-
lìzio, e tu mi citi a favore qualche stralcio di documento.

'l'occherò di passaggio tale questione, se cioè il primo progetto della facciata e delle altre parli
della chiesa siasi immaginato e studiato da uno o più artisti. — E un fatto che nella pianta e nella
elevazione interna del Duomo orvietano troviamo tante tracce di stili diversi e specialmente del-
l'arte monastica lombarda, a differenza della facciata, che è di uno stile lutto suo, senza richiamo
alcuno alle decorazioni esterne dei fianchi delle navate, da far nascere naturalmente l'idea che
il suo architetto piegandosi alle esigenze dei sovrastanti e del clero limitatamente alla pianta della
chiesa ed ai particolari interni di elevazione, si riservava la più ampia libertà di studio per la
facciata che immaginava tutta a suo modo, richiamando in essa dei prospetti laterali pochissime
tracce di decorazione o pressoché alcuna.

Ma piuttosto che indagare, se a fianco del primo architetto stesse altro artista (che facilmente
potrebbe supporsi qualche monaco della vicina Abbadia), limitiamo lo studio ai due progetti della
facciata, figurati nelle due pergamene del museo, ed ammesso che siano opera di due differenti
artisti, studiamone le differenze. L'autore del primo progetto è innominato, dell'altro abbiamo do-
cumento sicuro per dirlo del Maitani.

Già fi ho detto che la differenza prima e la piii essenziale è quella del finimento. La lacciaia
 
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