Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Hinweis: Ihre bisherige Sitzung ist abgelaufen. Sie arbeiten in einer neuen Sitzung weiter.
Metadaten

Archivio storico dell'arte — 2.1889

DOI Heft:
Fasc. V-VI
DOI Artikel:
Rossi, Umberto: La collezione Carrand nel Museo Nazionale di Firenze
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0253

DWork-Logo
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
LA COLLEZIONE CARRAND NEL MUSEO NAZIONALE DI FIRENZE

* 217

All'arie bisantina possono l'orse riannodarsi due gioielli lavorati alla stessa guisa, un fermaglio
e un orecchino: ambedue di forma quadrata, constano di una lamina d'oro traforata in maniera
da offrire degli ornamenti e adorna di pietre preziose. E cosi la rassegna dei gioielli di questo
genere potrebbe dirsi terminata, se non avessi ancora a descrivere una collana e due orecchini che
mi sembrano spettare all'arte moresca: la collana è costituita da nove pendenti fatti a guisa di
fiore di giglio e appesi per lo stelo: ognuno di essi è composto di due placche sottili d'oro riunite
insieme per mezzo d'una lamina pure d'oro che ne segue i contorni, a cui è saldata con molla
cura ; la parte posteriore d'ogni pendente è liscia, l'anteriore ha degli ornamenti in lìlograna a
piccole spirali e a palme, eseguili con precisione a variato disegno. Gli orecchini che s'accompa-
gnano evidentemente alla collana son formati da un grosso cilindro di lamina d'oro traforato a
rete, su cui sono applicati pure a rete dei cordoncini di filogfana e dei globetti; ad ogni estremità
del cilindro vi è una corona in lavoro di filograna arricchito da granuli d'oro. L'arte e la tecnica
di questi gioielli si avvicinano assai alla bisantina; solo alcune particolarità del disegno variano
e ci son di guida nella classificazione, e tale è appunto la palma che ha lauta parie nell'orna-
mentazione orientale e che non s'incontra che di rado e degenerata nei lavori bisantini.

Gli oggetti d'oreficeria occidentale sono ancor più numerosi, e siccome il signor Garrand formò
quasi esclusivamente la sua colleziono in Francia, è naturale che vi si trovino in prevalenza gioielli
di origine francese. La serie s'apre con sei fibule che si devono considerare come lavoro dell'arte
dei barbari che invasero la Gallia nel quinto secolo : le due prime di bronzo dorato sono somiglian-
tissime e sono costituite da una placca rettangolare, da cui si stacca l'arco della fibula con un'ap-
pendice ovale, che termina in un ornamento rassomigliante ad una testa di cavallo; i fregi
filiformi ed imitanti le filograne sono semplicissimi: due frammenti di vetro rosso sono incastonati
negli angoli superiori del rettangolo e qua e là vi sono traccio di rivestitura in argento; per ultimo
dirò, che non appare che siano state lavorate col bulino o col cesello dopo la fusione, di cui ser-
bano ancora in qualche punto le sbavature.1 Due altre d'argento dorato sono a foggia di rettangolo
allungato, decorate di strie e di cerchietti ottenuti per mezzo di un punzone; all'estremità a cui
è attaccato lo spillo hanno un'espansione semicircolare, fregiata di sette appendici disposte a raggio,
in cui sono incastrati dei vetri rossi. Un'altra dello stesso tipo, pure d'argento, ha una fila di vetri
rossi nella parte centrale; l'ultima, di poco variante da questa, ha le appendici a raggio riunite
fra di loro.2 Anche un rozzo fermaglio d'oro in cui sono incastonate tre grosse pietre greggio si
deve assegnare alla stessa epoca.

Son di lavoro assai più accurato i gioielli che spettano al periodo del dominio franco, anteriore a
Garlo Magno, e mostrano una tecnica molto progredita: gli artisti gallo-franchi conservavano parecchi
procedimenti dell'antichità, allontanandosene però totalmente per lo stile che è quasi sempre bar-
baro e solo qualche rara volta lascia trasparire l'influenza orientale. Il primo oggetto di questa
classe è una fibula d'argento, simile a quelle già descritte, con appendice semicircolare a raggi,
tutta coperta di vetri rossi e verdi trattenuti da cloisons o lamelle d'oro; l'arco è anche adorno
da due file di castoni, in cui una volta erano innicchiate delle pietre, oggi scomparse ; è da notarsi
che i vetri non sono a lembi lisci, ma dentellati e incastrati gli uni negli altri, restando cosi le
lamelle che li chiudono piegate a sega: questo particolare basta per far comprendere quanto sia
finita l'esecuzione di questo gioiello, che riproduce un tipo barbaro, ma che deve riportarsi senza
dubbio agli ultimi anni della dinastia merovingia.3

Una grossa fibula circolare in lamina d'oro, attaccata con mastice su una placca di bronzo,
ha nel centro uno zaffiro, circondato da molti piccoli vetri rossi: il lembo esterno è fregiato da

1 Queste due fibule sono assai somiglianti a quella
pubblicata dal sig. Labarte nella sua opera citata, tomo I.,
tav. xxvn, 3.

2 E simile a quella elio si vede nella tavola xxvn, 4,
dell'opera del sig. Labarte.

3 Dall'esame di parecchi di questi gioielli si può
trarre la conseguenza che i Franchi, ancho molto tempo

dopo compiuta la conquista della Gallia, conservarono
ancora i tipi primitivi specialmente degli ornamenti;
una prova evidentissima F abbiamo nella fibula sopra-
descritta, che nelle linee generali è ancora barbara,
mentre mostra un evidente progresso nella lavorazione,
tanto che a prima vista si potrebbe quasi credere un
prodotto dell'arte bisantina.

Archivio Storico dell'Arte. - Anno II, Fase. V-VI.

5
 
Annotationen