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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. V-VI
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Barnabei, Felice: Degli oggetti d'arte antica nell' esposizione di ceramica in Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0275

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DEGLI OGGETTI D'ARTE ANTICA NELL'ESPOSIZIONE DI CERAMICA IN ROMA

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zione locale delle stoviglie di uso, e diede spinta alla decorazione artistica ed anche all'arte della
pittura locale, va congiunta la produzione speciale del bucchero funebre, o del vasellame lavorato
espressamente pei morti, in memoria del rito antico, e ad imitazione del primitivo costume, per quanto
i nuovi procedimenti tecnici rendessero questa produzione rituale assai più perfetta.

Veramente il bucchero funebre incomincia nell'età in cui non si vedono ancora i primi
indizi del vero e proprio commercio ateniese. Questo, almeno fino ad ora, le tombe ci insegnano.
In alcuni sepolcri, ricchi di ori fenicii, e di vasi delle officine dell'arcipelago, mostrasi il bucchero
funebre assai sottile, e con graffiti che imitano o le zone geometriche dei vasi calcidesi o le fasce
con animali e fiori onde andarono celebri le pitture de' vasi di Corinto. Più tardi, quando il com-
mercio do' vasi dipinti e dei bronzi greci fu in maggior voga, allora nell'Etruria prossima a Roma
si ebbe il bucchero funebre grave e robusto, colle oinochoe imitanti le oinochoe di bronzo, e coi
corredi sistematici, nei quali alcune determinate forme si ripetono costantemente. Ogni morto ha
le sue due oinochoe, le sue tazze lisce, le sue tazze ad alto manico ed alto piede, i suoi due
peculi, la sua patera. Cessa allora completamente la produzione del bucchero italico, perchè non
è più vasellame degli usi della vita.

Di buccheri funebri non mancarono esempi nelle suppellettili delle tombe di Roma; e se ne
ebbero saggi tra le cose esposte dal Comune, quantunque nel catalogo non se ne facesse accenno al-
cuno. Forse questi buccheri furono compresi nel numero 2817, dove si legge di una « collezione di
fittili di stile arcaico romano sul tipo laziale, altri ad imitazione dei tipi italo-greci e di importa-
zione dall'Etruria o dall'Italia meridionale», indicazione questa che ha bisogno di molto diluci-
dazioni.

Ho accennato che il commercio delle stoviglie greche dipinte diede poi origine all'arte della
pittura vasculare fra noi. Forse sarà più esatto il dire che i tentativi di questa pittura si ebbero
nel tempo che precedette l'introduzione delle prime opere attiche, cioè nel periodo del commercio
dei vasi corinzii. Alcune chitre di Caere, ed altri vasi della bassa Etruria lo dimostrano a suffi-
cienza. Vero è che in alcuni di questi vasi, come in quello della Tragliatella o di Arlena di Ceriti,
si rivela piuttosto l'opera dell'idiota, che lo sforzo di chi ha innanzi agli occhi un oggetto arti-
stico, e si prova ad imitarlo. Ma ora questo discorso allontanerebbe troppo dal soggetto, e conviene
andar oltre.

Queste fabbriche locali dei vasi dipinti furono certamente varie; se ne ebbero nella Campania,
nell'Apulia, nella Lucania, ed in parecchi siti dell'Etruria, quantunque molto poco intorno ad esse
si possa oggi affermare con piena conoscenza. Di una sola possiamo parlare, certi di non cadere
in errore, della fàbbrica cioè o delle fabbriche di Falerii, che gli ultimi scavi ci hanno rivelate.
Gli oggetti che di colà uscirono, oltreché per lo stile tutto proprio, e per le iscrizioni dialettali
che li adornano, si distinguono per la qualità dei mezzi tecnici,, ed in singoiar modo per l'uso di
una terra bianca, adoperata come colore nell'incarnato delle donne, nelle figure di vari animali,
ed in quelle parti della pittura ove si voleva ottenere effetto maggiore.

Ma quest'arte falisca, che si ispira all'imitazione delle cose greche, conosciamo finora come
se fosse stata trapiantata; ossia ne' ammiriamo i lavori assai belli, eseguiti tra la line del iv ed
il principio del in secolo avanti Cristo, senza che per noi si conosca per quali gradi al punto in
cui l'ammiriamo si fosse spinta. Da questa altezza nel in secolo decadde rapidamente, perchè, ces-
sato il gusto per la pittura vasculare, si fece strada la moda delle stoviglie a rilievo, imitanti il
vasellame di argento.

Questa moda si diffuse da Capua quando la Campania prese in Italia quell'egemonia artistica,
che prima era stata esercitala dalla Grecia. Allora vennero in voga i lavori di bassorilievo, a co-
pertura bianca od argentata, e talvolta dipinti a colori. E Falerii, seguendo il gusto del tempo,
diede anche a queste produzioni allora ricercate, l'impronta dell'arte propria. Perocché troviamo
su questi vasi argentati farisei dolio zone a bianco rilevato, ottenuto con la terra bianca, di cui
abbondano le cave del luogo. È quella stessa terra bianca che servì nei tempi vicini a noi per lo
statuette di Volpato, e serve oggi alla produzione di una terraglia che viene sui mercati nostri
dalle fabbriche di Civitacastellana, ed è comprata come merce di Maastricht o di Sarraguemines.

Certo anche Roma ebbe la sua arte dei vasi dipinti come ebbe la sua grande arte nel tempo
 
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