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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. V-VI
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Recensioni e cenni bibliografici
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0297

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RECENSIONI E CENNI BIBLIOGRAFICI

201

curo da lui poste intorno all'opera, ci sentiamo in dovere
di dirgli con libertà il nostro pensiero.

Al prof. Bindi, che può rendere ancora tanti e se-
gnalati servigi alla storia degli Abruzzi, devesi parlare
schiettamente. L'Archivio .storico dell'Arte non dà
corone nò lodi ufficiali; onora l'ingegno studiandone con
coscienza le produzioni.

L'arte negli Abruzzi era stata studiata con grande
competenza dallo Schulz, e aveva avuto minori illustra-
tori col Salazaro e con altri. Il Bindi appartiene alla
nuova rifioritura degli studii artistici negli Abruzzi;
ma come già nel Salazaro, cosi ne' seguaci, vi è una forte
tendenza a vedere dovizia di capolavori ed artisti in una
regione che non eccelse nell'arte. So quegli studiosi aves-
sero prima dato uno sguardo al movimento delle arti belle
nelle zone medie e superiori d'Italia, si sarebbero con-
vinti che la flora artistica degli Abruzzi fu poco rigo-
gliosa; e con più giusto criterio l'avrebbero esaminata,
più che sotto l'aspetto della grandezza e della gloria
regionale, sotto quello della etnografia. Piuttosto elio
magnificare un artista in ritardo; essi avrebbero potuto
dinotarlo come un esempio della lentezza con cui gl'i-
deali della bellezza si fecero strada traverso al loro paese;
come uri sogno dello stagnarsi delle tradizioni, là ove
non fu contrasto di grandi correnti di vita sociale.

Basta dare un'occhiata alle tavole, date dal Bindi,
a corredo dell'opera sua, per accorgerci che 1' amore
del natio loco nocque alla scelta dogli oggetti e de'
monumenti che riprodusse. E se può darsi lode per la
riproduzione di alcuni interessantissimi monumenti me-
dioevali, non cosi por certe croci processionali, quelle
di Fioro di Santi di Teramo ad esempio, che, anche relati-
vamente al tempo in cui furono eseguito, sono di una
rozzezza spaventevole. II quadro di Cola dell' Amatrico
esistente nella Galloria capitolina, e che il Bindi ripro-
duce, come capolavoro, noi suo albo, è vuoto, stucchevole,
tristissimo. Gli esempi si potrebbero moltiplicare a prova
che il Bindi non ebbe misura nel suo entusiasmo, non
seppe graduarlo e mettere sopra un piedistallo elevato
l'artista di merito, lasciare nella penombra od anche
nell'ombra quello che non espresse nulla, non ebbe forza
propria, uè riflesse l'altrui. E cosi l'opera ch'egli ci ha
dato, so è notevole veramente per la ricchezza di noti-
zie .che produco, non ci lascia seguire lo svolgersi delle
forme dell'arte, poiché tutto, il' buono, il mediocre, il
pessimo, galleggiano alla pari, si mescolano, si confon-
dono insieme.

L'architettura del lavoro.doveva perciò essere incerta,
senza limiti : e cosi vediamo prendere posto in essa,
tanto la figuretta della primitiva arte cristiana, come
le plastiche moderne del Bai-bella, le Abruzzesi di Mi-
chetti, i costumi teramani. Cosi nell'opera si specchiano
i secoli, senza che alcuno si mostri nel suo particolare
aspetto: passano, fuggono, fra le solve dei nomi citati,
artisti d'ogni tempo e d'ogni colore, fra i nomi di let-
terati, d'uomini d'armo o di scienza. Le disquisizioni
storiche, filologiche, critiche si alternano con le arti-

stiche: statuti, bolle papali, diplomi, necrologi, poemi
latini, interrompono il corso della lettura. Non discono-
sciamo l'importanza di molti di quei documenti, ma
avremmo voluto, perchè meglio tralucesse l'importanza
loro, che essi fossero messi al loro luogo, riuniti, raccolti
con sistema rigoroso, con un fine ben determinato.

Nello studio dei monumenti artistici, non possiamo
a meno di notare come manchi all'autore una cogni-
zione pratica delle scuole d'arte italiana e dei caratteri
dello stile di differenti secoli, e come manchi metodo nello
ricerche. Egli attribuisce ad esempio al secolo xiv la Ver-
gine adorante il Bambino, della cattedrale di Atri, opera
evidente del secolo xv; cosi assegna al secolo xi o xii
alcune figure dì Santi e di Santo, elio si vedono nella
cripta di quella cattedrale, mentre per il disegno delle teste
e per i naturali panneggiamenti, devonsi ascrivere almeno
alla fine del secolo xtv. A Luca della Robbia assegna
una Risurrezione e una Vergine, opera di seguaci ; alla
fine del secolo xm o ai principi! del secolo xiv assegna
l'affresco in una lunetta di S. Maria in Valle Porcla-
neta, opera evidente del quattrocento inoltrato.

Ma per chiarire bene il nostro giudizio, tratteniamoci
sopra uno degli artisti più notevoli degli Abruzzi, l'orafo
Nicola di Andrea di Guardiagrele, e vediamo come il Bindi

10 abbia studiato. Egli comincia per dichiararlo «scul-
tore e cesellatore davvero insigne e da non temer rivali,
non dico negli Abruzzi, ma nell'Italia tutta, vissuto un
secolo prima di quel Benvenuto Cellini elio doveva poi
elevarsi principe tra tutti i cesellatori del suo tempo.
Le opere che egli condusse furono davvero meravigliose
per arto, per istile purissimo e per concetto, e collocano

11 nome del nostro Nicola di Guardiagrele, finora, per
somma incuria, ignoto nella storia artistica napoletana,
fra i primi che nobilitarono e restaurarono l'arte del
cesello.... Tutte lo sue opere collocano l'artista abruz-
zese a fianco di Donatello, del Ghiberti e dello stesso
Benvenuto Cellini. Che se egli avesse ricevuto il bat-
tesimo a Firenze, a Roma od a Milano, e non in un
umile paese degli Abruzzi, o da storici partigiani del-
l'arte fosse stato encomiato più del dovere, non sarebbe
certamente meno di quelli famoso ! » In questo giudizio
è evidente la esorbitanza nel vantare l'artista abruzzese,
che non può stare a paia dei grandi maestri orafi e
scultori italiani, pigmeo accanto a quel colosso che fu
Donatello ; imitatore, lontano imitatore del Ghiborti. Con
Benvenuto Cellini, che l'autore ritiene erroneamente
come scultore massimo, al vertice della scala arlistica,
il confronto pare non regga in alcun modo, anche per-
chè il Cellini appartiene ad altro secolo. I giudizi della
storia tèndono si ad essere sempre più giusti od equi-
librati; ma non con gli encomi si crea la gloria di un
artista, non con confronti esagerati, non con la sconfinata
ammirazione. Il celebre paliotto di Nicola di Guardiagrele,
esistente a Teramo, mostra come l'orafo invoce di abbando-
narsi liberamente al suo genio, traesse profitto de' suoi
precedenti lavori di croci processionali, nel resto imitasse
le composizioni delle celebri porte del Ghiberti, e non
 
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