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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. VII
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Carotti, Giulio: Vicende del duomo di Milano e della sua facciata, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0326

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286

GIULIO CAROTTI

sui progetti e disegni posteriori, tanto del secolo successivo (xvni) che del secolo corrente. Il difetto
consiste nel raddoppiamento nella parte centrale, ai lati del campo della navata centrale, dei contraf-
forti; partito costruttivo e decorativo non solo non necessario, ma cozzante col sistema costruttivo
dell'interno e che fu una inconscia influenza del progetto del Pellegrini e di quello del Richino, i.
quali nella parte centrale, per dar maggior maestà, avevano creato un gran portale con doppie
colonne. La caratteristica creata dal Buzzi (se già non era propria di quel certo ultimo progetto
del Richino, di cui non conosciamo per ora che una parte), consiste nei terrazzi o linee piane
tenute sopra i quattro campi minori corrispondenti alle navate mediane ed estreme. E come si disse
questo concetto ha alla sua volta esercitata influenza e l'esercita tuttora.

Per quei tempi ad ogni modo ed in quella condizione del gusto artistico, il progetto del Buzzi
era una rivelazione, una coraggiosa affermazione di un talento artistico. E ben maggiore fu la
rivelazione e l'affermazione nel successivo suo progetto (lav. I, n. 3) nel quale, pur conservando le
cinque porte classiche, di questo stile mantenne sole quattro finestre e creò invece in ciascun campo
delle navate mediane una finestra ogivale e nel campo centrale un gran finestrone, che innalza-
vasi dal frontone della porta maggiore sino al sommo vertice della fronte.

I dopatati tenner conto è vero del lavoro del Lazzi e gli diedero 150 scudi per i suoi pro-
getti, l'atto calcolo che la scarsità della retribuzione, dissero ossi, aveva causa dalla cattiva con-
dizione dei tempi. Ma la condizione dei tempi era peggiore ancora quanto a concetto, a gusto
artistico. Nell'anno successivo (1648) un architetto, Francesco Castello, presentò un nuovo disegno
di progetto per la facciala, il guazzabuglio il più strano che inai si possa imaginare (tav. I, n. 4)
e gli ingegneri e periti non lo respingevano senz'altro, ma solo movevano varie eccezioni, ed il
Castello si offrì di costruirne il modello in legno, concessione che gli fu data dal Capitolo, ma
senz'obbligo di compensargli le spese, qualora dello modello non fosse approvato.

II progetto del Castello ebbe ancora ben maggiore fortuna. Fu spedito agli architetti di Roma
por il loro voto'e dopo fu pur spedito anche quello del Buzzi. Ed alli 10 di marzo del 1652 il Ber-
nini dava un parere scritto al cardinale principe Trivulzio. Egli principiava col dire che entrambi
i disegni del Castelli e del Buzzi gli eran piaciuti. Poi, premessa l'esposizione della teoria artistica:
« la vaghezza e bellezza delle parli non dover lusingare e doversi curare invece l'elezione del
tutto.....che se l'occhio al primo incontro riconosce nel tutto una tal forma che co'suoi contorni

10 soddisfaccia e l'empia di maraviglia, certamente che allora si ottiene il line dell'arie », soggiun-
geva che nel caso presente parevagli che, « alzandosi nei lati della facciata due campanili pro-
porzionali all'altezza e grandezza di questa fabrica, essi rappresenterebbero senza dubbio magni-
ficenza maggiore, perchè accompagnerebbero la vastità e la mole del resto; sì che i riguardanti
ne concepirebbero un'idea di stupore straordinario». E, conchiudeva, «perchè la facciata del signor
Castelli mi piace assaissimo, contenendo ella in se quelle maniere di architettura, le quali al già
fatto possono accoppiare nuova ricchezza e nobiltà, giudicherei che, prima di terminare un'opera
di tanta fama et importanza, il signor Castelli si compiaccia di fare un altro disegno aggiungendovi

11 campanili e seguitando l'ordino da lui preso nella facciata, perchè allora crederei che quel
tutto mostrerebbe la suddetta maggior magnificenza. » Del disegno del Buzzi egli non se ne
occupò che incidentalmente nelle ultime linee del suo parere « non doversi sperare alcun aiuto
dalla cima della tribuna, benché ornatissima, poiché non vien ferita dalla linea visuale, rimanendo

od avrebbe nascosta tutta la parte superiore del duomo,
quella appunto più bolla e più ornala; come quel con-
cetto inoltre anche nelle parti laterali di detto ordino
sarebbe rimasto tutto di sopra al tetto; che il finostrono
principale della facciata nel campo della nave maggioro
restava tanto alto che il foro por la luce di esso fine-
strono sarebbe rimasto più di braccia 11 di sopra del
volto di detta navo; nò avrebbe dato la luco necessaria;
e cosi faceva notare che anche la seconda navata sarebbe
rimasta «quasi metà verso al volto senza lume.». Ricor-

dava infine l'impossibilità di aver le dieci colonne del
primo ordine di tanta grandezza e faceva presenti le altre
difficoltà che si sarebbero incontrato nell'esecuzione e
per l'altezza dei ponti ecc. e per aver i pezzi di marmo
di sufficiente grandezza, mentre secondo il suo nuovo
disegno ciascun pezzo di marmo di mediocre grandezza
era buono. La quale ultima osservazione del Ruzzi ri-
chiama alla nostra mento l'influenza che esercita la na-
tura dei materiali di cui dispone una regione sullo stile
delle costruzioni che sorgono nella regione stessa.
 
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