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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. VII
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Thode, Henry: Pitture di maestri italiani nelle gallerie minori di Germania
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0342

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302

HENRY THODE

Lcnuti sempre nelle collezioni innanzi agli originali, e ciò pur troppo si tarda ancor molto a lare
precisamente nelle grandi Università; in città minori, come per esempio a Bonn, si cominciò a
formare in speciali gabinetti artistici delle collezioni di fotografie o di altre riproduzioni di opere
d'arte, aggiungendovi in alcuni casi, sebbene in numero esiguo, anche dei quadri.

I quadri scelti della Direzione del museo di Berlino per la collezione di Bonn sono per la mag-
gior parte di genere puramente istruttivo, e fra essi si trovano alcuni lavori di rinomati maestri.
Una breve descrizione ne fu già data nel « Catalogo dei dipinti esistenti nel deposito della galleria
di Berlino e di quelli dati ad altri musei » stampato a Berlino nel 188G.

Se si tralasciano tre piccoli quadri di scuola bizantina, Maria col bambino e san Spiridione,
Cristo nell'orlo e Cristo in trono (nn. 1045, 1049, 1050), il dipinto più antico della collezione è
una piccola tavola nella quale è raffigurata su fondo d'oro nel mezzo la Madonna, e accanto al-
cune figure. Essa appartiene alla fine del secolo xm e ci mostra quella rappresentazione della Ma-
donna in trono su una seggiola di legno, che fu introdotta da Guido da Siena nella pittura toscana,
dapprima a Siena ed a Pisa, e che più tardi, per mezzo di Gimabue, divenne tipica in Firenze. Giudi-
cando dallo stile si dovrebbe ascriverla ad un tempo anteriore a Gimabue o ad un artista toscano
di secondo, anzi di terzo ordine, che non subì l'influenza delle innovazioni portate nella composi-
zione da Gimabue, giacché secondo la maniera antica egli pone le figure più piccole e secondarie
(l'angelo dell'Annunciazione e Maria, due sante incoronate, Cristo battezzato da Giovanni, od un
santo domenicano) sul fondo d'oro, quasi librale nell'aria. Ài lati della spalliera del trono si tro-
vano due piccoli angeli, simili a quelli che si vedono nelle antiche Madonne della galleria di Pisa.
All'incontro la posizione piena di naturalezza e di movimento del bambino, che sta in piedi e tiene
afferrato il manto della madre, accenna ad un'epoca più avanzata. Può essere che l'artista lavo-
rasse al principio del secolo xiv, ma si attenesse allo stile antico.

Alla scuola senese del Trecento appartengono due piccoli quadri, rappresentanti entrambi la
Madonna in trono circondata da angeli e da santi. Uno di essi (n. 1096) è pur tropi») molto gua-
sto e ritoccato, così che è difiicile dare intorno ad esso un giudizio definitivo; si può però con
certezza asserire che lo stile è precisamente quello di Ambrogio Lorenzetti ; ed anzi non ò del tutto
impossibile il credere che il quadro sia stato dipinto da quel pittore che era dotato d'un così
nobile sentimento della bellezza. I santi Francesco, Giovanni Evangelista, Giovanni Battista, Agnese,
un vescovo e san Domenico sono schierati intorno al trono. Quest'ultimo porge al bambino che sta
in piedi nel grembo della madre, un libro circondato dall'aureola. Sul dinanzi sono inginocchiali
due committenti e due angeli che suonano l'organo. Il secondo dei due quadretti (n. 1100), che
rappresenta Maria in mezzo ai santi Pietro, Agnese, Giovanni Battista, Paolo, Eufemia (?) e Antonio
eremita, ò attribuito dal catalogo alla scuola di Ambrogio Lorenzetti ; laddove il Crowe e il Caval-
casene lo ascrivono a Mino da Pellicciaio. Io invece credo con certezza che sia un'opera di quello
scolaro di Pietro Lorenzetti, che dipinse la scena della Passione nella chiesa inferiore di S. Fran-
cesco in Assisi; e questa opinione esposi già altrove (« Repertorium f. Kunstwiss. » XI p. 20).

Due altri quadretti (n. 1106) che si accompagnano e che sono cortamente frammenti di una
predella, rappresentano due scene della Leggenda di S. Caterina da Siena; il catalogo li registra
sotto il nome di Lorenzo di Pietro, detto Vecchietta; ma come si abbia tratto fuori questo nome,
non saprei dire. A me sembra piuttosto che queste due scenette sieno della mano di quel maestro,
ancora poco conosciuto, che dipinse il Trionfo della morte nel cimitero di Pisa. E naturale che
io non possa esprimere se non con grande riserva questa opinione, la quale però si fonda non solo
sul confronto dei tipi, ma anche su quello dei singoli dettagli, quali ad esempio le mani. Le figure
sono molto piccole e poche di numero; in uno dei quadretti si vede la santa che appare nell'aria
e salva un bambino che sta per annegare, al quale il padre manda l'ultimo saluto; nell'altro è
rappresentata di nuovo la santa, che siede nella sua cella e scrive sotto la dettatura di un angelo
che accenna con la mano all'altare.

Una mezza figura della Madonna (n. 1083), che certamente faceva parte di una Annuncia-
zione, mostra lo stile di Taddeo Bartoli, come già nel catalogo è giustamente detto.

Alla scuola fiorentina si ascrivono due pitture: di una di esse (n. 1063) che rappresenta la
Decapitazione di S. Caterina ed ha figure mosse vivamente ma senza gusto e in cui si nota una
 
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