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DOMENICO OrNOLI
bronzo davanti e dalla testa che guarda l'entrata, essendo vacua la testa che mira l'altare. È sopra
detta cas"sa una piramide larga di pianta quanto la cassa, e che termina con La estremità nell'arco,
incrostala di marmo, con uno spatio di un tondo votio, ove poteva starti o una tesi a, o un'arme,
e sottovi disegnala una cartella per la iscrittione. Quella del Card.0 (Pallavicini) eie. ».
A questa così precisa descrizione corrisponde perfettamente il disegno che qui riproduco, e che
si conserva tra i disegni d'architettura nella galleria degli Uffizi a Firenze. 1 Esso è di mano di
Francesco Dosi o Dosio, che nacque nel 1533, e mori vecchio quando il Bernini era ancora fanciullo.
Il tondo in mezzo alla piramide, che dovea contenere il medaglione conservato presso ciucilo che
tiene la scrittura di messer Lorenzo Chigi, era vuoto; sotto, vediamo disegnata la cartella per la
iscrittione accennata da Fabio Chigi; nel mezzo del basamento era un bassorilievo di bronzo, storia
di bronzo. Il disegno del Dosio illustra perfettamente la descrizione di monsignor Fabio Chigi.
Un riscontro fra la descrizione e il disegno di cui parliamo e la sentenza de' due arbitri del
1552 di sopra riportata, non è possibile in tulli i particolari, per la improprietà del linguaggio usato
da' due artisti. Le piastre dorale nella testa de la colonna non eseguite da Lorenzetto, sono proba-
bilmente la cartella sotto al medaglione e due borchie laterali, che infatti mancavano al tempo di
monsignor Fabio; i tre termini eseguiti in più da Lorenzetto parrebbe dovessero essere i tre rilievi in
bronzo del basamento (ai tempi di monsignor Fabio non ce n'erano che due), forse non compresi nel
contratto; e ciò risulterebbe così dal numero di tre, come dal latto che pel monumento della parete
opposta, pel quale i rilievi in bronzo non furono eseguiti, gli artisti non parlano di termini. Ma
come le storie di bronzo si possano chiamar termini, non saprei dirlo : forse la scoperta di qualche
termine di bronzo fece sì che a tutte le sculture in bronzo s'applicasse questo appellativo. Ad
ogni modo, non è dubbio che il monumento veduto da monsignor Chigi e dal Dosio sia quello
stesso eseguito da Lorenzetto, e a cui si riferisce la sentenza degli arbitri: così qua come là abbiamo
un basamento, una piramide e un medaglione.
Lieto monsignor Fabio d'aver rivendicato le due cappelle gentilizie, e giudicando, come scriveva
allo zio, che il possesso di tali cappelle molto contribuisse al lustro delle famiglie, si diede moto
per cacciare da quella del Popolo il monumento del cardinal Antoniotto Pallavicino, che vi si era
introdotto abusivamente due anni innanzi, e occupava tutta la parete incontro al monumento d'Ago-
stino. Pel povero cardinale Antoniotto, il sepolcro che egli stesso si pose vivente nel 1501 non fu luogo
di riposo. Collocato nell'abside della basilica vaticana, fu trasportato dai parenti nel coro di Santa
Maria del Popolo quando quell'abside fu demolita ; ma il cardinal Sauli, nel 1624, volendo decorare
di stucchi e di marmi il coro della chiesa, lo cacciò di là collocandolo nella cappella abbandonata
dei Chigi, e disfacendo perciò la piramide ch'era incontro a quella d'Agostino. Finalmente monsignor
Fabio lo mise fuori anche di là, ed ora pare che si sia fermato india prima cappella a sinistra
di chi entra in chiesa.
Monsignor Chigi, in questo primo soggiorno a Pioma, attese a restaurare la cappella alla Pace,
dove son le Sibille di Raffaello; ma per questa del Popolo, che richiedeva spesa e tempo maggiore,
si contentò per allora di far rimuovere il sepolcro del cardinal Pallavicino, e risarcire il tetto tanto
che non ci piovesse dentro.
A questo punto tirano le cose quando monsignor Chigi, nominato vicelegato a Ferrara, partì
da Roma, dove non tornò per fermarsi stabilmente che nel 1652, nel qual anno fu creato cardinale ;
e subito mise mano a far restaurare la cappella del Popolo, sotto la direzione del Bernini. Delle due
statue mancanti nelle nicchie, una ne eseguì il Bernini stesso, l'altra l'Algardi : alla statua di Giona, che
stava di fianco all'ingresso della cappella, mutò posto, collocandola perchè meglio si vedesse nella
nicchia a destra dell'altare; chiuse la cappella con nuova balaustrata, rifece di marmo il pavimento;
il pittore Vanni dipinse nel vano degli archi sulle piramidi. Quanto al monumento d'Agostino, il
confronto del suo stato presente col disegno del Dosio e colla descrizione di monsignor Chigi ne
indica chiaramente quel che v'abbia fatto di nuovo il Bernini. Il Dosio ha notato nel suo disegno
che la piramide era di portasanta, e il basamento di giallo antico; e sono tali anche oggi: la cartella
1 B a tergo del disegno 3204. Nel rotto, di scrittura Agostino Chigi nella chiesa del popolo di Homo - Tutta
autografa del Dosio, si legge: pianta, della cappella di di marmi e misti.
DOMENICO OrNOLI
bronzo davanti e dalla testa che guarda l'entrata, essendo vacua la testa che mira l'altare. È sopra
detta cas"sa una piramide larga di pianta quanto la cassa, e che termina con La estremità nell'arco,
incrostala di marmo, con uno spatio di un tondo votio, ove poteva starti o una tesi a, o un'arme,
e sottovi disegnala una cartella per la iscrittione. Quella del Card.0 (Pallavicini) eie. ».
A questa così precisa descrizione corrisponde perfettamente il disegno che qui riproduco, e che
si conserva tra i disegni d'architettura nella galleria degli Uffizi a Firenze. 1 Esso è di mano di
Francesco Dosi o Dosio, che nacque nel 1533, e mori vecchio quando il Bernini era ancora fanciullo.
Il tondo in mezzo alla piramide, che dovea contenere il medaglione conservato presso ciucilo che
tiene la scrittura di messer Lorenzo Chigi, era vuoto; sotto, vediamo disegnata la cartella per la
iscrittione accennata da Fabio Chigi; nel mezzo del basamento era un bassorilievo di bronzo, storia
di bronzo. Il disegno del Dosio illustra perfettamente la descrizione di monsignor Fabio Chigi.
Un riscontro fra la descrizione e il disegno di cui parliamo e la sentenza de' due arbitri del
1552 di sopra riportata, non è possibile in tulli i particolari, per la improprietà del linguaggio usato
da' due artisti. Le piastre dorale nella testa de la colonna non eseguite da Lorenzetto, sono proba-
bilmente la cartella sotto al medaglione e due borchie laterali, che infatti mancavano al tempo di
monsignor Fabio; i tre termini eseguiti in più da Lorenzetto parrebbe dovessero essere i tre rilievi in
bronzo del basamento (ai tempi di monsignor Fabio non ce n'erano che due), forse non compresi nel
contratto; e ciò risulterebbe così dal numero di tre, come dal latto che pel monumento della parete
opposta, pel quale i rilievi in bronzo non furono eseguiti, gli artisti non parlano di termini. Ma
come le storie di bronzo si possano chiamar termini, non saprei dirlo : forse la scoperta di qualche
termine di bronzo fece sì che a tutte le sculture in bronzo s'applicasse questo appellativo. Ad
ogni modo, non è dubbio che il monumento veduto da monsignor Chigi e dal Dosio sia quello
stesso eseguito da Lorenzetto, e a cui si riferisce la sentenza degli arbitri: così qua come là abbiamo
un basamento, una piramide e un medaglione.
Lieto monsignor Fabio d'aver rivendicato le due cappelle gentilizie, e giudicando, come scriveva
allo zio, che il possesso di tali cappelle molto contribuisse al lustro delle famiglie, si diede moto
per cacciare da quella del Popolo il monumento del cardinal Antoniotto Pallavicino, che vi si era
introdotto abusivamente due anni innanzi, e occupava tutta la parete incontro al monumento d'Ago-
stino. Pel povero cardinale Antoniotto, il sepolcro che egli stesso si pose vivente nel 1501 non fu luogo
di riposo. Collocato nell'abside della basilica vaticana, fu trasportato dai parenti nel coro di Santa
Maria del Popolo quando quell'abside fu demolita ; ma il cardinal Sauli, nel 1624, volendo decorare
di stucchi e di marmi il coro della chiesa, lo cacciò di là collocandolo nella cappella abbandonata
dei Chigi, e disfacendo perciò la piramide ch'era incontro a quella d'Agostino. Finalmente monsignor
Fabio lo mise fuori anche di là, ed ora pare che si sia fermato india prima cappella a sinistra
di chi entra in chiesa.
Monsignor Chigi, in questo primo soggiorno a Pioma, attese a restaurare la cappella alla Pace,
dove son le Sibille di Raffaello; ma per questa del Popolo, che richiedeva spesa e tempo maggiore,
si contentò per allora di far rimuovere il sepolcro del cardinal Pallavicino, e risarcire il tetto tanto
che non ci piovesse dentro.
A questo punto tirano le cose quando monsignor Chigi, nominato vicelegato a Ferrara, partì
da Roma, dove non tornò per fermarsi stabilmente che nel 1652, nel qual anno fu creato cardinale ;
e subito mise mano a far restaurare la cappella del Popolo, sotto la direzione del Bernini. Delle due
statue mancanti nelle nicchie, una ne eseguì il Bernini stesso, l'altra l'Algardi : alla statua di Giona, che
stava di fianco all'ingresso della cappella, mutò posto, collocandola perchè meglio si vedesse nella
nicchia a destra dell'altare; chiuse la cappella con nuova balaustrata, rifece di marmo il pavimento;
il pittore Vanni dipinse nel vano degli archi sulle piramidi. Quanto al monumento d'Agostino, il
confronto del suo stato presente col disegno del Dosio e colla descrizione di monsignor Chigi ne
indica chiaramente quel che v'abbia fatto di nuovo il Bernini. Il Dosio ha notato nel suo disegno
che la piramide era di portasanta, e il basamento di giallo antico; e sono tali anche oggi: la cartella
1 B a tergo del disegno 3204. Nel rotto, di scrittura Agostino Chigi nella chiesa del popolo di Homo - Tutta
autografa del Dosio, si legge: pianta, della cappella di di marmi e misti.