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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. VIII-IX
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Fumia, Luigi: La facciata del duomo d'Orvieto, [2]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0376
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I

332 LUIGI FUMI

Del resto, o che le difficoltà del finimento della facciata non consigliassero a continuare, o che
l'opera si trovasse a corto di denaro o le guerre che desolarono la città e lo scisma onde fu
straziata impedissero, dagli ultimi anni dei secolo xiv alla prima metà del xv non pare si atten-
tendesse a proseguire con la solila alacrità nel lavoro. Di fatti nel 1412 si copriva la loggia con
una tettoia di correnti e di piombo ~, come si coprivano più tardi le colonne, ossia le torri, per
impedire che l'acqua, penetrandovi e scorrendo giù per le scale a lumaca, le guastasse, e danneg-
giasse il mosaico e marcisse il muro, come si era avvertito 3. Nel 1417 fu richiamata la delibe-
razione di portare a compimento la facciata, di mandare operai nel Senese per cavare marmi, e
veramente in quell'anno stesso andarono e furono sollecitati i maestri in quel di Siena per fare
il frontespizio della chiesa (. Venne come capomaestro Cristoforo di Francesco da Siena scultore.
Per suo consiglio fu ottenuto nel 1424 di fare nelle colonne la tettoia di piombo, o di tegoli e
canali, a piacere del camarlingo ■'. Il finimento delle torri era in tal modo rimandato ad un avve-
nire lontano. Nel 1433 si trova risoluto di spingere oltre la fabbrica: « E perchè (dicevasi) l'ono-
revole lavorio e l'opera predetta, per quanto fosse possibile, colla maggiore magnificenza si costruisse
e portasse avanti, come era disegnato e principiato, e come si andava operando, il Camarlingo a
tutto potere vi si sforzasse, facendo sì con invigilare e insistere che si trovassero denari per i
maestri condotti e da condursi6 ». Ma fino al 1450 non si venne a cose di rilievo. Allora era capo-
mastro Giovannino di Meuccio da Siena. Si pensò alla cuspide centrale in alto. Varie difficoltà
presentavansi nella esecuzione, e vi si provvide con molta accortezza. Fu mandato per mae-
stro Isaia.7: senza dubbio quell'Isaia da Pisa scultore ed architetto di questo tempo che il
Milanesi ricorda come architetto scultore nell'arco del Castelnuovo di Napoli8. Il camarlingo
ebbe in commissione di mostrargli il disegno e di prendere consiglio. Il maestro venne in Orvieto :
fece un disegno e lo mostrò ai soprastanti ■'. Furono messi a confronto i disegni antichi col
disegno nuovo. Poche volte incontra che nelle cose del duomo i cittadini si facessero conoscere
tanto concordi nello zelo che gli animava quanto in questo caso. Si tenne un'adunanza solenne,
alla quale intervennero coi soprastanti i conservatori presidenti del Comune e varii cittadini
notabili. Dopo maturo colloquio, dopo moltissimi ragionamenti, deliberarono all'unanimità che si
proseguisse la cuspide secondo la proporzione delle altre già fatte e secondo i disegni antichi
conservati in Fabbrica l0. Può dunque ritenersi che il disegno di maestro Isai% si mettesse da parte,
come quello che non avrebbe avuto le proporzioni delle altre cuspidi. Alcuni mesi dopo, nel
marzo 1451 n, prima di prendere a lavorarla, se ne volle un esperimento, tracciandola alla gran-
dezza naturale nel pavimento della chiesa in tre forme e misure diverse. In tal modo avrebbero
potuto giudicarne tutti. Il pubblico confermò il giudizio emesso dalla precedente adunanza. Piacque
il disegno che presentava il modello maggiore (« mensura et forma maiori»), preferendosi quello
conformato a proporzione delle minori cuspidi laterali 12. Partirono subito scavatori alla petraia
dei marmi; e in termine di due anni mandarono tanti marmi bianchi da Siena, da Gallena e da
Corneto che se ne contano molle migliaia di libbre 13. Nell'agosto 1451, continuando ad essere
capomaestro Giovanni di Meuccio, si ha un pagamento a Pico da Como « per facitura del disegno
che esso lece per mostrare a' Soprastanti per li fatti del frontone» ". Sarebbe da pensare che i

1 In data 12 aprile 1387 si trova registrato « cum ad
presens in dieta fabrica non sint de peaunia prò faciendo
laborare in loya et in Ecclesia sancte Marie supra-
dicte » etc. (Riformazioni e Memorie, 1384-1390, c. 107).

a Arch. detto, 1412, gennaio 23, Cam. 1409-1415.

3 Arch. detto, Rif. 1421-1426, c. 158 t.

4 Arch. detto, Rif. 1411-1417, c. 284 t, 206 t, 307 t.
3 Arch. detto, Rif. 1421-1426, c. 158 t.

8 Arch. detto, Rif. 1433, maggio 3, c. 155 t.
1 Arch. detto, Rif. 1448-1457, c. 84.
8 Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese,
II, 302.

■' Arch. detto, Cam. 1449-1450.

10 Arch. detto, Rif. 1448-1457, c. 84 t, 85.

u Arch. detto, Rif. 1448-1457, c. 169 t.

K Arch. detto, Rif. 1446-1457, c. 169 t.

13 A di 29 maggio 1451 sono notate le pietre arri-
vate, e cioè « cinque pietre di marmo biancho rechò di
quello di Siena, poso Iib. 1310»—: più 5 di lib. 1380;
8 di lib. 1960; 5 di lib. 1240; 8 di lib. 1600: 8 di
lib. 1610; 6 di lib. 1120; 4 di lib. 380; 5 «rechò di
Gallena, 1250 »; 13 di Corneto lib. 4400, e some due
di lib. 800 e quattro pezzi di 890 (Cam. 1445-1450).

" Arch. dotto, Cam. 1445-1450; 1451, agosto 14.
 
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