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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0468

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NUOVI DOCUMENTI

423

quale appariva elio là era sepolto Domenico Tana con-
signore di Santena, fondatore di quella cappella e morto
il 29 giugno 1487 lasciando quattro figli: 1°. Tomaso,
cavaliere gerosolimitano morto in Rodi il 10 agosto
(non 6 detto di quale anno, ma va intoso del 1503,
come si vedrà appresso) combattendo contro i Turchi;
2». Giovanni Amedeo, dottore di leggi a Torino ed am-
basciatore del duca di Savoia al re di Francia, morto
il 27 febbraio 1499; 3°. e 4°. gii spettabili signori Lu-
dovico e Torneilo, « qui liane tabulam ipsorum impensa
per Joanuem Martiuurn Simazotum alias de Capanigo
1488 ad laudem omnipotentis Dei inviolatequo Marie
Virginia dedicarunt ». Queste iscrizioni possono leggersi
a p. 133 delle Memorie del duomo di Chieri, di Antonio
Bosio (Torino, 1880), il quale le tolse da una notizia
ms. del ]). Verani (morto nel 1803). 11 Bosio osserva:
« Nella data della pittura vi è certo errore, a meno che
si voglia credere che la pittura fosse anteriore all'iscri-
zione ». Ma anche ammettendo che l'iscrizione sia
stata aggiunta qualche tempo dopo eseguito il dipinto,
questo sarà pur sempre posteriore alla morte dei fratelli
Tomaso e Gio. Amedeo, i quali, se fossero ancora stati in
vita, avrebbero anch'essi concorso con Ludovico e To-
rneilo nella impensa della tavola. Vi è quindi positiva-
mente errore di data, proveniente senza dubbio dall'essere
stata l'iscrizione copiata male (e non solo in questo
puntò) dal Verani. Non saprei quale millesimo si debba
sostituire a quello sbagliato, ma ad ogni modo il dipinto
fu eseguito fra il 1503, data del decesso di Tomaso, ed
il 10 aprile 1527, data di quello di Ludovico. — Ma
chi sarà quel Giovanni Martino Simazoto alias de Ca-
panigo ? La semplice pronuncia del nomo di questo
artista, — altrimenti affatto sconosciuto, — tradisce
una storpiatura di quello a noi noto e ben autentico
di Martino Spanzotti da Casale, manifestandoci cosi il
vero autore di quella tavola. Ma con poco prò, poiché
di essa più non v'ha memoria. Intanto converrà
cancellare dalla Storia pittorica del Lanzi, àa\\'Enci-
clopedia dello Zani e da tutti gli altri repertori
biografici-artistici il nomo di quell'artefice immagina-
rio Gio. Martino Simazoto da Capanigo. Antonio Bosio
aggiungo che i detti dipinti già esistenti nella chiosa di
S. Agostino in Chieri, ed ora perduti di traccia, erano
coloriti su tela incollata sopra tavolo. Credo sia questa
un'altra inesattezza, imputabile essa pure al Verani,
dal quale il Bosio attinse la notizia.

Quando si troverà un dipinto autentico dello Span-
zotti, si potrà giudicare se realmente non debba attri-
buirsi a lui, — anziché a Dofendente Doforrari, come
voleva il compianto barone Francesco Gamba (Abbadia
di S. Antonio, etc, in Atti della Società d'archeologia
e belle arti, Torino, 1876; I, 154), — un trittico ancora
esistente nel duomo di Chieri, anch'esso fatto fare dagli
stessi Ludovico e Tomeno Tana « prò uno legato facto
de quondam suo fratelo magnifico cavalioro Jorosoli-
ruitano frater Thomaso morto in Rodo anno 150.3 », come
sta scritto sul dipinto stesso. Quest'ultima cifra fu creduta

dal Gamba indicare l'anno in cui fu eseguito il trittico; ma
l'Angelucci (Sull'Esposizione d'arte antica, Torino, 1880)
sostiene a ragione ch'essa è la data della morte di Tomaso.
Combinando questa data con quella del 10 agosto
tornitaci dall' iscrizione già accennata la quale chia-
riva la pittura dello Spanzotti, si viene a scoprire che
Tomaso Tana morì, probabilmente di ferite, nel giorno
successivo al glorioso combattimento navale contro i
Turchi minutamente descritto da Giacomo Bosio nella
sua Istoria della Religione tìierosolimitana, Venezia,
1695.

Oltre Martino e Francesco, — anche senza tener
conto di Pietro Francesco, del quale, come si vide, non
è pienamente provata l'esistenza, — visse un altro pit-
tore della famiglia Spanzotti. Difatti il sig. Antonino
Bortolotti (Artisti Subalpini in Roma, 77-80) ha trovato
nell'Archivio di Stato in Roma alcuni documenti rela-
tivi ad un Pietro Antonio Spanzotti, ch'egli suppone
figlio di Martino, mentre io propendo piuttosto a cre-
derlo figlio o nipote ex-filio di Francesco. Tali docu-
menti vanno dal 1548 al 1572. Forse nel corso del suo
viaggio a Roma questo Pietro Antonio avrà avuto oc-
casione di vedere il vecchio e celebre Sodoma (morto
in Siena il 15 febbraio 1549), al quale sarà stato dolce
l'avere da lui nuove della sua Vercelli, e forse anco il
Sodoma avrà impiegato il suo credito per procurare in
Roma un buon avviamento al parente del suo antico
maestro.

Alessandro Vesme

Documenti relativi
ad Artemisia Lomi Gentileschi pittrice

Artemisia Gentileschi, la sorella e l'allieva di Ora-
zio Gentileschi, famosa al suo tempo tanto per i suoi
amori che per i suoi dipinti, nella prima dello lettere,
che qui si riportano, tratte dall'archivio di Stato in
Modena, scrive al duca Francesco I d'Este, principe che
godeva fama di mecenate degli artisti, e gii presenta al-
cune opero della sua mano. Scrive da Napoli nel 1635,
dimostrando di essere, in quella sua età di quarantacinque
anni, tutta raccolta nell'arte, superba dei suoi trionfi. Al
duca d'Este recavasi a presentare i suoi quadri un suo
fratello, Orazio, venuto d'Inghilterra in Italia, mandato,
secondo scrive Artemisia stessa, dalla Maestà del Re
d'Inghitera per condurmi a quel servitio. Aggradì il
duca il dono della pittrice; ed olla, che già aveva avuto
rapporti col cardinale Alessandro d' Este, e sapeva
della munificenza della serenissima casa, si mostrò
esaltata per l'aggradimento del principe. Esaltata così
che divisò di recarsi a Modena, e là sciogliere il voto,
come diceva la secentista donna, appresso all'Altezza
Serenissima, come a suo nume particolare ; e forse
invoco per trovare qualche contraccambio di ducatoni.
Recatasi in Inghilterra, la pittrice è al colmo del suo
entusiasmo per trovarsi al servizio della corona, appresso
 
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