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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. XI-XII
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Venturi, Adolfo: La galleria del Campidoglio
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0492
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LA GALLERIA DEL CAMPIDOGLIO

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al basso le vesti pesanti e pianate. I suoi putti con teste tonde e ricciute, le sue donne ton-
deggianti con acconciatura all'antica, con occhi che guardano di sbieco, sono forme stereotipale
noi quadri dell'artista ; e cosi i paesaggi autunnali illuminati vivamente, chiusi da monti a picco,
azzurrini nel lontano. I due quadri descritti dimostrano nella forte gamma di colore un maestro
avente forte affinità coi Dossi, affinità che il Garofolo non ha dimostrato mai a quel modo.

Le notizie storiche sull'educazione del Garofolo sono molto inviluppate. Il Baruffaldi pubblicò
una lettera del Boccaccino del 1499, datata da Cremona, in cui quel maestro si lamenta dello
scolare, che un bel giorno, senza dir parola ad alcuno, ne lasciò lo studio per recarsi a Roma;
ma in quell'anno il Boccaccino si trovava a Ferrara, e non poteva erudire a Cremona nell'arte
il Garofolo, senza fare il miracolo del noto santo. Ercole I d'Este gli aveva pagato l'affitto d'una
casa che egli tenne nel 1498-99; 1 nel 1499, di marzo, concorse insieme con Lorenzo Costa all'or-
namento della cattedrale di Ferrara;2 in quell'anno uccise la moglie adultera;3 nell'ottobre e nel
novembre dell'anno stesso ricevette dono di raso argentino e di raso nero veneziano dalla Corte
Estense, 4 e nel gennaio del 1500 era ancora inscritto nella lista dei salariati ducali. 5 La lettera del
Baruffaldi o fu quindi alterata nella data, o è un parto della fantasia del buon canonico, che spesso
bevette grosso, o si compiacque a far bere grosso a' suoi lettori. Richiamiamo l'attenzione dogli
studiosi su questo fatto, perchè da esso furono tratte deduzioni sull'educazione artistica del Garo-
folo, che invece, a quanto sembra, si svolse più tardi. Le sue attinenze col Boccaccino lo ebbe
forse, anche secondo il Vasari, nel tempo in cui questi dipinse nel duomo di Cremona ; ma lo
pitture della cattedrale cremonese furono eseguite parte nel 1506, parte nel 1515. Pitture di data
certa del Garofolo non sono note prima di questa data, e una delle prime, l'ancona d'altare di-
pinta pel suo protettore, Girolamo Sacrati, esistente in una chiesuola della provincia di Reggio
d'Emilia, sopra a Castellarano, è del 1517. In questa noi troviamo i caratteri del Garofolo, quali
egli conservò nella sua lunga carriera. L'esistenza di quella pittura ci può anche fornire un dato
di probabilità sul tempo in cui il Garofolo ebbe relazione, secondo racconta il Vasari, con Girolamo
Sacrati a Roma. E che quella relazione si stringesse verso il 1517, si può anche inferire dal fatto
che quel gentiluomo ferrarese fu agente in Roma del cardinal d'Este, Ippolito I, dal settembre
del 1514 al giugno del 1516. Se a taluno tacesse difficoltà l'accettare queste date, ricordando certe
altro anteriori apposte ai dipinti del Garofolo, osserveremo che i quadri del Garofolo re-
cano in gran parte iscrizioni apocrife, che possono trarre in errore, e che non conviene fidarsi
gran fatto alle date inscritte nel basso dei dipinti: vi fu certamente chi si divertì a inventarle,
come fu inventata la data della lettera del Baruffaldi. Del resto nei due quadri del Campidoglio
nessuna traccia dell'influsso del Boccaccino; nessuna reminiscenza raffaellesca, quale egli dimostra
talora nelle sue glorie d'angioli musicanti e anche in taluna delle sue figure allegoriche, come ad
esempio nel Trionfo di Racco a Dresda. In quelle due figure noi ci troviamo innanzi ad un maestro
ferrarese, seguace dei Dossi, che sa trarre dalla sua tavolozza effetti sicuri, non all'Ortolano, a
cui taluno potrebbe pensare, meno grasso di colore, più profondo nel modellare, diverso nel paese.
Vero è che il sonatore Morelli ritiene mitico quest'artista; e attribuisco al Garofolo, alla sua
prima maniera, i quadri meravigliosi, profondi, attribuiti all'Ortolano, come sono ad esempio la
Pietà della galleria Borghese e S. Sebastiano ed altri santi nella National Gallery di Londra. Ma
quei quadri sono opera di un artista nel suo meriggio, padrone della tecnica, potente nella espres-
sione; non di un pittore ne' suoi primordi. E del resto quando mai il Garofolo dimostrò le attinenze
con la scuola veneziana, che nella Pietà della galleria Borghese si dimostrano ad evidenza? Se il
Garofolo avesse eseguito quei quadri, e poi avesse preso a ripetere sempre gli stessi tipi convenzio-

1 A. Venturi, Relazioni artistiche tra le corti di
Milano c Ferrara nel secolo XY (« Areh. storico lom-
bardo, » 1885).

2 L. Napoleone Cittadella, Notizie relative a Fer-
rara. Ferrara. Taddoi, 1804. (11 Cittadella lesso però
malamente il documento, e cioè Bonfazino invece di
Bocìiazino).

3 Campori, / pittori degli Estensi (« Atti della Dop.
di Storia Patria di Modena »).

4 A re li. di Stato in Modena. Libro di scaoezo del
fontego, 1499, a c. 11 v.

■' Id. — '/ornale de Usita, sognato + + + + . 1500.
a c. 78 v.

si
 
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