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Archivio storico dell'arte — 2.1889

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Fasc. XI-XII
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Gnoli, Domenico: Le opere di Mino da Fiesole in Roma, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.17348#0510

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LE OPERE DI MINO DA FIESOLE IN ROMA

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giarla dignitosamente. Mino ignorava il corpo umano; spesso ne sbaglia le proporzioni e i mo-
vimenti, il collo 'non s'attacca bene alle spalle nò le braccia a quéste, mal fatti i piedi e le
mani, le gambe son fusi. Oli manca il senso della prospettiva in grado, sarei per dire, morboso.
Come termini di riscontro per l'arte di Mino, credo utile di presentare due bassorilievi già noti
ed eseguiti fuori di Roma, dai quali assai bene risultano certe sue caratteristiche. Il dossale della
Badia di Firenze, elegantissimo nella decorazione, è un vivo esempio del senso delicato della
grazia, che si rivela specialmente nella soave figura della Vergine, e nel bambino che è un
amore. Questo senso della grazia, che piglia in lui un carattere proprio, egli lo attinge però alla
sua spuola e specialmente alle opere di Desiderio da Settignano; ma una qualità sua individuale
è quella della piega secca e tagliente che va ad incontrarsi ad angoli acuti. Egli differisce in
questo da tutti gli scultori del suo tempo; ed anche poi, quando fu giunto ad arrotondare ed
ammorbidire la piega, non vinse mai interamente quella sua tendenza, che riesce fuori spiccala
anche in alcuno de' suoi tardi lavori. L'altro, un de' due bassorilievi da lui eseguiti pel pergamo

ISAIA DA PISA — TESTA DI SANT'ANDREA

(nello Grotte Vaticane)

di Prato, è una delle opere più difettose del nostro autore. Se non ci fossero i documenti ad
attestare che l'opera è sua, basterebbe la fattura, e certe forme e certe laccio che vedremo ripe-
tute in altri lavori, e che sono esclusivamente sue. La scena, rappresentante il banchetto d'Ero-
diade, è divisa in tre piani, e le figure, con una legge di prospettiva a rovescio, s'ingrandiscono
di mano in mano che s'allontanano: alle testine del primo piano succedono i mascheroni del
secondo, e finalmente i faccioni enormi de' due putti che suonano il flauto. La figura d'Erode
senza spalle, e con due braccette corte corte, quella faccia schiacciata che gli sta a destra, un
tipo per cui Mino ha una speciale predilezione, quella bambola a sinistra, che dovrebbe essere
Erodiade, tutti quei testoni mal disegnati che vorrebbero ciascuno esprimere un proprio senti-
mento e fan delle smorfie, quelle gambette sottili, alcune delle quali ricordano i pupattoli di No-
rimberga, anche la figura di Sabine danzante, con due braccette di stoppa, benché non senza
grazia nella movenza, rivelano una singolare imperizia che contrasta stranamente colle storie
ben disegnate di Antonio Rossellino che adornano il pergamo stesso. Mino, senza dubbio, sapea
fare assai di meglio; ed è da notare che in quest'opera i difetti non sono nemmeno compensati
in parte dalla finezza dell'esecuzione; poiché Mino proporzionava scrupolosamente l'esecuzione
alla grandezza delle figure e alla distanza da cui dovevano esser vedute; e in questo caso, le
figure essendo piccole, non gli parve necessario un lavoro troppo fino. Ad ogni modo, un'opera
simile basta a dimostrare quanto poco intendesse del disegno. Egli ha dalla scuola toscana il
voler ottenere dal bassorilievo tutti gli effetti di chiaroscuro che potrebbe dare il pennello: ma.
esagerando la scuola, egli si diverte ad affrontare difficoltà insuperabili rappresentando le figure
 
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