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ADOLFO VENTURI
positura del Protonotario di Gambara, una Pietà di terracotta, la quale, come c'insegna l'Anonimo 1
del Morelli, era simile all'altra che alli 22 aprile 1480 si obbligò di fare pel monastero di S. Antonio
di Castello in Venezia. 3 Dell'uno e dell'altro gruppo non restano più traccie : nel 1800 la Pietà
di Venezia si vedeva ancora, e andò poscia distrutta, senza che ninno lasciasse una descrizione di quel
monumento, conosciuto da tutta Venezia nei bei giorni del Rinascimento. 3
Nulla ci è noto intorno al soggiorno del Mazzoni in quella bella città, dove la vita dell'arte
era naturale e spontanea. Nell'accordo fatto dallo scultore col monastero di S. Antonio di Castello,
per fare una Pietà con otto figure grandi, il Mazzoni si obbligò di rilasciare un tanto del suo avere
per elemosina al monastero, con patto che fosse esposta la sua arma e un epitaffio in cui si facesse
menzione dell' elemosina e dell'opera sua. E quest'accordo riferito dal Cicogna è tutto quanto ri-
mane a memoria del monumento. E probabile che il Mazzoni eseguisse a Modena, nella sua bottega,
le Deposizioni di Ferrara, di Busseto, di Cremona e di Venezia; e che poi si recasse sul luogo a distri-
buirle e a colorirle. Il fatto che nel 1480, alli 22 aprile, stipulava l'accordo col monastero di Castello
e che il 20 ottobre dell'anno stesso era in Napoli, lascia ritenere che il gruppo fosse già preparato nella
bottega del plastico. E così dovette essere preparato l'altro di Cremona, forse cavato dalle stesse
stampe, poiché, come già notò l'Anonimo morelliano, essi erano similissimi.
A Napoli, ove il Mazzoni andò poi, probabilmente alla fine del 1480, non eravi il rigoglio artistico
di Venezia, e l'arte vi era importata. È già stato notato come Napoli si distingua dalle altre città
italiane per una quasi impotenza a specchiàre nell'arte i singoli momenti del suo sviluppo : così nel
secolo xv l'arte non correva per una via propria, distrutta dalle molteplici influenze fiammin-
ghe, umbre, toscane, lombarde.4 E il Mazzoni andò ad accrescere la numerosa falange degli
artisti forestieri e ad applicare la sua forza fra le tante che agivano in senso diverso. Fu
chiamato alla corte aragonese da Ferdinando I, moro bastardo, il quale si compiaceva assai
più della collezione dei suoi nemici mummificati, che di statue; ma per pompa voleva seguire
la tradizione del padre suo, Alfonso il Magnanimo; e l'arte invocata copriva di rose la vipera.
Il busto in bronzo del tiranno vedesi al Museo Nazionale di Napoli, e secondo l'autorevole
parere dello Schulz, è opera certo di Guido Mazzoni. Porta un berretto di una grande sempli-
cità e naturalezza, e su di esso sta l'immagine cara agli Aragonesi dell'arcangelo san Michele, che
trafigge il drago. Il tiranno ha breve e toróso il collo, alte le spalle; piene, rotonde, gravi le
forme, le guaneie rigonfie, aperte le aspre labbra. Quel ritratto, dice lo Schulz, è veramente
l'espressione di una natura tirannica spiata dall'arte; i pìccoli occhi circondati di taglienti e
acute linee sembrano pungere; la capigliatura ricade sulla fronte secondo il costume del tempo;
il manto semplice e ornato di fiorami serra le forme del corpo. È uno dei più completi busti
del tempo, conchiude lo storico de' monumenti medioevali dell' Italia inferiore, uno dei busti
che attesta come in Guido Mazzoni fosse ben grande la comprensione dell' individualità. 5
Anche a noi sembra che quell'opera appartenga al nostro artista, poiché addimostra tutto quel
realismo profondo, nato dall' osservazione delle più fine minuzie della forma e certe sue proprie
caratteristiche, quella ad esempio di tracciare all'angolo esteriore dell'occhio molte rughe lievi,
fine, delicate, in una maniera che si potrebbe paragonare a quella che usa l'incisore in
rame (tav. 5).
11 Mazzoni, più che da Ferdinando I, dovette avere onori e bella accoglienza dal duca Alfonso
di Calabria, suo fi dio, che succedette, al padre nel 1401. Nelle cedole di tesoreria dell'Archivio di
delli 2 maggio 1487 una sua domanda ai Conservatori
della città di poter selciare una strada, allargarla e
retti linearla alquanto in un punto.
1 Notizie d'opere di disegno della 'prima metà del
secolo XIVesistenti in Padova, Cremona, Milano, Pavia,
Bergamo, Crema, Venezia, scritte da un Anonimo di
quel tempo, pubblicato e illustrate da I). Jacopo Mo-
relli. Bassano, mdccc, pag. 36.
2 Cicogna, Iscrizioni Veneziane, voi. I, p. 360.
3 È anche ricordato in una lettera degli ambascia-
tori veneziani in Francia del 1516 (Cfr. Baschet, Jìijtlo-
matie vénilienne; Paris, Plon, 1862, p. 376). F così in una
lettera riprodotta dal Bertolotti noli'Archivio storico
Lombardo (v. Archivio storico dell'Arte, Anno I).
4 G. Fri zzo ni, Napoli ne' suoi rapporti con l' arte
del Rinascimento (« Arch. storico italiano» 1887).
5 Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmdler der Kunst
des Mittelalters in Unter-Tialien. Dresden. 1860, pag. 123.
ADOLFO VENTURI
positura del Protonotario di Gambara, una Pietà di terracotta, la quale, come c'insegna l'Anonimo 1
del Morelli, era simile all'altra che alli 22 aprile 1480 si obbligò di fare pel monastero di S. Antonio
di Castello in Venezia. 3 Dell'uno e dell'altro gruppo non restano più traccie : nel 1800 la Pietà
di Venezia si vedeva ancora, e andò poscia distrutta, senza che ninno lasciasse una descrizione di quel
monumento, conosciuto da tutta Venezia nei bei giorni del Rinascimento. 3
Nulla ci è noto intorno al soggiorno del Mazzoni in quella bella città, dove la vita dell'arte
era naturale e spontanea. Nell'accordo fatto dallo scultore col monastero di S. Antonio di Castello,
per fare una Pietà con otto figure grandi, il Mazzoni si obbligò di rilasciare un tanto del suo avere
per elemosina al monastero, con patto che fosse esposta la sua arma e un epitaffio in cui si facesse
menzione dell' elemosina e dell'opera sua. E quest'accordo riferito dal Cicogna è tutto quanto ri-
mane a memoria del monumento. E probabile che il Mazzoni eseguisse a Modena, nella sua bottega,
le Deposizioni di Ferrara, di Busseto, di Cremona e di Venezia; e che poi si recasse sul luogo a distri-
buirle e a colorirle. Il fatto che nel 1480, alli 22 aprile, stipulava l'accordo col monastero di Castello
e che il 20 ottobre dell'anno stesso era in Napoli, lascia ritenere che il gruppo fosse già preparato nella
bottega del plastico. E così dovette essere preparato l'altro di Cremona, forse cavato dalle stesse
stampe, poiché, come già notò l'Anonimo morelliano, essi erano similissimi.
A Napoli, ove il Mazzoni andò poi, probabilmente alla fine del 1480, non eravi il rigoglio artistico
di Venezia, e l'arte vi era importata. È già stato notato come Napoli si distingua dalle altre città
italiane per una quasi impotenza a specchiàre nell'arte i singoli momenti del suo sviluppo : così nel
secolo xv l'arte non correva per una via propria, distrutta dalle molteplici influenze fiammin-
ghe, umbre, toscane, lombarde.4 E il Mazzoni andò ad accrescere la numerosa falange degli
artisti forestieri e ad applicare la sua forza fra le tante che agivano in senso diverso. Fu
chiamato alla corte aragonese da Ferdinando I, moro bastardo, il quale si compiaceva assai
più della collezione dei suoi nemici mummificati, che di statue; ma per pompa voleva seguire
la tradizione del padre suo, Alfonso il Magnanimo; e l'arte invocata copriva di rose la vipera.
Il busto in bronzo del tiranno vedesi al Museo Nazionale di Napoli, e secondo l'autorevole
parere dello Schulz, è opera certo di Guido Mazzoni. Porta un berretto di una grande sempli-
cità e naturalezza, e su di esso sta l'immagine cara agli Aragonesi dell'arcangelo san Michele, che
trafigge il drago. Il tiranno ha breve e toróso il collo, alte le spalle; piene, rotonde, gravi le
forme, le guaneie rigonfie, aperte le aspre labbra. Quel ritratto, dice lo Schulz, è veramente
l'espressione di una natura tirannica spiata dall'arte; i pìccoli occhi circondati di taglienti e
acute linee sembrano pungere; la capigliatura ricade sulla fronte secondo il costume del tempo;
il manto semplice e ornato di fiorami serra le forme del corpo. È uno dei più completi busti
del tempo, conchiude lo storico de' monumenti medioevali dell' Italia inferiore, uno dei busti
che attesta come in Guido Mazzoni fosse ben grande la comprensione dell' individualità. 5
Anche a noi sembra che quell'opera appartenga al nostro artista, poiché addimostra tutto quel
realismo profondo, nato dall' osservazione delle più fine minuzie della forma e certe sue proprie
caratteristiche, quella ad esempio di tracciare all'angolo esteriore dell'occhio molte rughe lievi,
fine, delicate, in una maniera che si potrebbe paragonare a quella che usa l'incisore in
rame (tav. 5).
11 Mazzoni, più che da Ferdinando I, dovette avere onori e bella accoglienza dal duca Alfonso
di Calabria, suo fi dio, che succedette, al padre nel 1401. Nelle cedole di tesoreria dell'Archivio di
delli 2 maggio 1487 una sua domanda ai Conservatori
della città di poter selciare una strada, allargarla e
retti linearla alquanto in un punto.
1 Notizie d'opere di disegno della 'prima metà del
secolo XIVesistenti in Padova, Cremona, Milano, Pavia,
Bergamo, Crema, Venezia, scritte da un Anonimo di
quel tempo, pubblicato e illustrate da I). Jacopo Mo-
relli. Bassano, mdccc, pag. 36.
2 Cicogna, Iscrizioni Veneziane, voi. I, p. 360.
3 È anche ricordato in una lettera degli ambascia-
tori veneziani in Francia del 1516 (Cfr. Baschet, Jìijtlo-
matie vénilienne; Paris, Plon, 1862, p. 376). F così in una
lettera riprodotta dal Bertolotti noli'Archivio storico
Lombardo (v. Archivio storico dell'Arte, Anno I).
4 G. Fri zzo ni, Napoli ne' suoi rapporti con l' arte
del Rinascimento (« Arch. storico italiano» 1887).
5 Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmdler der Kunst
des Mittelalters in Unter-Tialien. Dresden. 1860, pag. 123.