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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. I
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Rossi, Umberto: La Collezione Carrand nel Museo Nazionale di Firenze
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0038

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i

UMBERTO ROSSI

in queste due città; la cosa del resto è spiegabile, se si consideri che ambedue facevan parte
dello stesso Stato, e sono assai vicine, e quindi gli artisti dell'una potevano recarsi facilmente a
lavorare nell'altra.

Primo di tutti è un grande vaso a campana che posa su un piede circolare a cui sono addossate
tre sfingi alate; due delfini servono di anse; intorno alla base e al corpo girano varii ornamenti
a foglie d'acanto e a viticci, e nella fascia centrale sono riportati dei bassorilievi che si direbbero
tolti da placchete, cioè due tritoni cavalcati da due gemetti armati di tridenti, che reggono una
targa a testa di cavallo; ai lati di questa rappresentazione vi sono due nereidi sedute l'ima su
un cavallo, l'altra su un leone marino. L'assieme di questo vaso è elegantissimo e quantunque la
fusione non ne sia troppo ben riuscita, si può sempre ritenerlo come uno dei migliori saggi degli
scultori in bronzo della Venezia.

Un altro vaso alquanto maggiore del precedente è lavorato con maggiore accuratezza ed ha
tutto il corpo coperto di ornamenti a foglie d'acanto; sul piede sono rapportate varie placchette
e precisamente Apollo e Marsia, 1 Ercole che sbrana il leone ed Ercole che atterra il drago.2

Un terzo vaso accenna ad un'epoca forse un po' più avanzata; sul corpo e sul piede gli or-
namenti sono profusi in maniera quasi eccessiva, tantoché l'occhio non ne rimane molto soddi-
sfatto, sebbene l'aggruppamento sia composto con grande abilità: fra i festoni, i candelabri e le
cornucopie sono collocate delle placchette, e cioè Ercole che sbrana il leone,3 Apollo appoggialo
ad un albero, Ercole che atterra il drago, Ercole in riposo, Apollo in atto di suonare il violino,
Ercole e Anteo. Attorno alla fiscia inferiore gira un'iscrizione incisa nel secolo scorso: Tribvto
dalla familia Caronni monzese al Mvseo Vitzai 1793.

I candelieri foggiati secondo il modello veneziano, cioè a corta asta su larga base circolare,
sono sei, tre dei quali, perfettamente simili, sono decorati con festoni, bucrani, draghi e masche-
roni. Un altro con ornamenti finissimi sembra quasi lavoro del Riccio; gli ultimi due hanno sul
piede anche delle placchette simili a quelle descritte più sopra, e imitate in gran parte dalle cose
del Moderno; in uno vi è più volte ripetuta la testa di Antonino Pio, tratta da una pietra incisa o
da una medaglia romana.

Assai caratteristico è un doppiere a larga base circolare come i candelieri già descritti, su
cui s'innalza una leggiadra figura di sirena che solleva in alto le due estremità della coda ter-
minanti in boccinolo per la candela; un altro simile e forse di lavoro più accurato manca del
piede originale, a cui è stato con poco buon gusto sostituito un enorme artiglio d'aquila, di fat-
tura grossolana e che male s'addice alla finitezza della figurina che gii sovrasta.

Nelle lampade è evidente l'imitazione dall'antico, e parecchie di quelle che descriverò devono
essere state eseguite più come oggetti di curiosità che per essere veramente adoperate. La più
graziosa di tutte rappresenta un fanciullo seduto a cavalcioni su una testa di cavallo, modellata
con squisito sentimento del vero ; un'altra termina in una bella testina di fauno che porta al collo
un sonaglietto allacciato con un nastro ; una terza è formata da una sfinge accosciata ; l'ultima
che serve insieme da candeliere e da lucernetta e che è del Cinquecento inoltrato, è costituita da

1 È la nota placchetta comunemente detta «il sigillo
di Nerone ». (Mounier, Les plaquettes, 2).

2 Molto probabilmente queste placchette debbono
identificarsi con quelle descritte dal sig. Molinier al
il. 491, che si trovano pure su un vaso di bronzo del
Museo del Louvre. A questo proposito noterò che mi
par difficile il sostenere l'opinione del suddetto signore,
che cioè questi vasi abbiano servito per l'acqua santa;
la loro forma, le rappresentazioni che li adornano, e
l'assenza di qualunque simbolo religioso dimostrano
chiaramente che il loro uso fu tuito diverso, forse fu-

rono adoperati per mettervi in ghiaccio il vino e la
cosa diventa probabile assai, se si considera che du-

rante tutto il secolo sedicesimo ne furono fabbricati
altri dell'istessa forma in maiolica, due dei quali, al-
quanto più larghi di questi in bronzo, si conservano
nel Musco Nazionale e sono certamente lavoro dei Fon-
tana d'Urbino. Quando si pensi alla passione che ave-
vano gli epicurei del Rinascimento pel bevcr in fresco,
l'uso che ho accennato è quello che sembra meglio
adattarsi a questi vasi.

3 Tutto queste placchette riproducenti lo fatiche di
Ercole non sono che riduzioni di quelle note del Mo-
derno ; l'Ercole in riposo che vien dopo non è altro che
la figurina dell'eroe ritagliata dalla placchetta di Ercole
e Caco (Mounier, 204).
 
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