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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. I
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0082

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70

servizio di quel cardinale, per il quale fece « quattro
bellissime statue nel suo giardino, con condurvi gran
copia d'acqua ». Quattro anni dopo fu chiamato a Roma
da Paolo III che lo nominò suo « ingeniere d'acque » e
gli concesse anche il posto di architetto della fabbrica
di san Petronio, come appare da un documento che ri-
porterà più avanti. A Roma egli attese principalmente
a lavori idraulici e modellò anche statue di stucco, fino
al 1544, anno in cui morì.

Men noto di Zaccaria è Giovanni suo figlio, scultore
anch'esso di non piccol merito. Su di lui mi furono
favoriti parecchi documenti da quell'illustre ed erudi-
tissimo uomo che è il comm. Amadio Ronchini, che li
trovò nel Carteggio Farnesiano dell'Archivio di Parma;
mercè essi la vita di Giovanni resta abbastanza illu-
strata; di più vi sono inchiuse alcune notizie che si ri-
feriscono al vecchio Zaccaria.

Sembra che Giovanni sia nato nel secondo decennio
del secolo decimosesto, e forse a Bologna, dopo che
suo padre vi si trasferì a stabile dimora, giacché nel 1541
è detto giovane assai e ancora celibe. I primi lavori
che si conoscono di lui sono alcune medaglie eseguite
nel 153(5, fra le quali quella del cardinale Guido Ascanio
Sforza, legato di Bologna (Armano. I, 143) e quelle di
Andrea Gritti doge di Venezia e di Fantino Cornaro
dalla Piscopia 1 fuse forse durante un breve soggiorno
a Venezia in quello stesso anno (Armand I. 143, 1 e
2, e 122). In seguito però cominciò ad essere occupato
nei lavori che si facevano nel palazzo maggiore di Bo-
logna, sede dei legati pontificii, e ne troviamo menzione
in una lettera che monsignor Marco Vigerio, vescovo
di Sinigaglia e governator di Bologna, scriveva al car-
dinale Alessandro Farnese:

« L'infrascritti hanno le paghe morte : m.° Giovanni
scultore et m.° Bastiano scrimidore, il quale si trova
continuo in palazzo. Lo scultore merita ogni bene, ma
certo più conveniente gli sarebbe qualch'altra cosa che
occupar luogo della guardia». (1539, 13 settembre).

Il pontefice Paolo III gli aveva assegnato una pen-
sione di tre ducati il mese a vita, ma il governator di
Bologna metteva delle difficoltà a soddisfare l'artista,
tantoché questi fu costretto a ricorrere al suo protet-
tore, il cardinal Farnese, colla lettera seguente:

« Rmo et Illm° magnianimo Carle padrone mio in
eterno.

« Se la liberalità del Papa mi a concesso un breve
a vitta di tre ducatti il messe: per aver fatto più statue
di Sua S. in palazzo di Bologna: et per avere fatto
costà a Roma più medaglie della efigie sua et mi a

1 A queste bisogna aggiungerne una di Gian Battista Mal-
vezzi firmato IO. I". (Armano, III, 56) e una di Agostino Zanetti
vescovo di Sebaste (Armand, III, 230); anche la medaglia di An-
drea (iritti, col titolo di procuratore di san Marco (Armand, I,
122) firmata col monogramma IO. F., deve essere una restituzione
dello Zacchi, eseguita contemporaneamente all'altra medaglia
del doge veneto.

l'atto scultore del palazzo, el regimento me la confer-
rriatta ancora lora (sic): per che me la voi levare il go-
vernator di detta? A, Monsr Rmo, come puoi essere
questo che un dio in tera levi le grazie a chi la fatte,
masimo alli schultori che anno da maritare più sorelle:
se ben si ricorda V. S. R. quando vene a vedere l'aqua
di mio padre nen vosto giardino che li piaque tanto il
ritratto di Sua Stà ch'io facevo : hora lo sa quassi tutta
Itallia che io o autto tal provisione et a Roma V. S.
Rina n'ebi due letere per ch'io intrassi in possesso : ma
io o speranza nella vostra liberalità che non mi sarà
avaro della sua grazia ch'io abbi quel che me statto
datto che me li getto ai piedi con divocionc le bassio
le mani. Di Bologna alli viij d'otobre MDXXXIX.

D. V. S. R.

« Omo Sre
« Giovanni scultore di Zacharia
« ingenieri d'aque di Sua S tà. »
(fuori) «Al Illmo et Rmo Carle Franesse magnia-
nimo Sor mio padrone in eterno. »

Alcuni giorni dopo Giovanni tornava a scrivere :

« Illmo et Rm0 Sre e Pne in eterno.

« Io noi crederò mai : che la Stà del Papa levi a
quelli che gli ha donato per sua propria natura e cor-
tesia: Sua Stà uii a fatto scultore del palazzo di Bo-
logna per avere fatto molte opere et ritratti di Sua
Stà per che il governator di Bologna vole far torto a
i brevi : et volermi far privo di tanto mio bene : Mons or
limo tuto il mondo il sa che Sua Stà mi ha fato questo
bene: che direbeno se un medemo padrone me la to-
lessi: ma coloro che corono a i piedi della vostra libe-
ralità non perisseno di nulla per essere V. S. R. uno
idio fra i vertuosi: et che saria a V. S. 11. a far si
che il governator di Bologna lasarmi (sic) godere quel
che m'a donato Sua Stà a zio che la vertù non se ne
vadi nuda e scalza : con tutto il core pregilo iddio che
ve alunghi li ani vostri lieti et felizi : con il capo a tera
le bassio le mani. Di Bologna alli xv d'otobre MCXXXlX.

« D. V. S. 11.

« Diutt0 Ser re
« Giovanni scultore. »
(fuori) « Al II'no et Illmo S°re il Carile Franesse
Sor et padrone mio eterno osserm°. »

Queste due lettere ci dan notizie preziose per l'opera
artistica di Giovanni; egli era stato a Roma, ove risie-
deva suo padre in qualità d'ingegner d'acque del papa,
e là aveva fuse parecchie medaglie di Paolo III e a
Bologna nel palazzo aveva scolpito più statue dello
stesso pontefice. Fra le molte medaglie di Paolo III che
possano attribuirsi allo Zacchi non ve n'è che una, 1 e
anche questa sarebbe stata eseguita posteriormente a
quelle accennate nelle lettere, perché ricorda la guerra

1 Armand, II, 1GG, 6.
 
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