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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. I
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Miscelannea
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0092

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80

MISCELLANEA

a crederla vera; ma siccome il Bordiga non adduce I
prove, la sua asserzione può anche venir contestata.

Ma se è generalmente conosciuto che Bernardino La-
nino fu scolaro del Ferrari, non trovo che alcuno scrit-
tore abbia fatto conoscere ch'egli ebbe, prima dell'il-
lustre Gaudenzio, un altro ed assai più umile maestro.
Un tal fatto ci è appreso, dal seguente strumento nota-
rile, sinora inedito, conservato nell'Archivio Civico di
Vercelli (notulario 17 del notaio Mandello):

1528, 3 marzo. — « Actum Vercellis Ibique

ven. presbiter Franciscus de Mortaria chorista in ec-
clesia sancti Eusebii Vercellarum sponte. . . . locavit
et affirmavit Bernardinum filium magistri Henrioti de
Lanino textoris Vercellarum eiusdem presbiteri Francisci
ex matre fratrem, presentem. . cuna magistro Baldas-
sare de Chadighis de Abiate grasso pictore presente. . .,
ad et per annos quatuor proxime futuros integros, quo
durante tempore dictus magister Ba'dassar tenoatur et
debeat ipsi Bernardino alimenta cibi et potus honeste
ministrare et cum toto suo posse docere in dieta arte
pictorie. Ipseque Bernardinus per tempus dictum teneatur
bene et fideliter ipsi magistro Baldisari servire in iis
que eidem justa precepta fuerint. Quod dictus presbiter
Francischus traddere et exbursare (teneatur) hinc ad
festa paschalia proxime ventura scutos quatuor de sole. ..
Que omnia. . . . promiserunt, etc. »

Fu dunque il fratellastro Francesco che collocò Ber-
nardino Lanino presso un maestro pittore; nò qui si
arrestarono le benemerenze e le prove d'affezione di
lui, poiché pochi anni dopo, nel 1534, lo vediamo darsi
briga per procurare le prime commissioni di lavori al
giovane artista, e nell'anno istesso nominarlo con te-
stamento suo erede universale.

Il nome di Baldassare Cadighi o de Cadighis, com-
pare qui, per quanto io sappia, per la prima volta, —
almeno sotto questa forma. Il cognome latino de Cadi-
ghis sembra esser quello della famiglia chiamata anche
Cadigatti, o Cadega, o Codega, o Cuttica; ma nemmeno
ammettendo queste varianti riesco a trovare altra men-
zione del pittore d'Abbiategrasso. Coloro però ai quali
l'esperienza ha insegnato a non meravigliarsi delle forme
veramente bizzarre e straordinarie che prendono talora
i nomi patronimici nelle scritture antiche non saranno,
credo io, alieni dall'ammettere l'identità di Baldassare
de Cadighis con un pittore nominato in uno strumento
rogato a Vercelli dal notaio G. B. Ghislarengo (notu-
lario II, f. 5) il 2 gennaio 1529, in forza del quale
strumento « Baldassar filius quoudam Donati Coye de
beategrasso pinctor habitator Vercellarum et Caterina
uxor» vendono a Gaspardo Coya fratello dello stesso
Baldassare una cassa in Abbiategrasso al prezzo di GO
lire imperiali (Colombo, Artisti Vercellesi, 402).

Ammetto che la dissonanza fra le voci Coya o Cadi-
ghi è notevole, ma al postutto essa è forse spiegabile
secondo le norme della filologia. D'altra parto la bre-
vissima distanza di tempo a cui furono nella stessa
città rogati i due atti, e più ancora l'eguaglianza del

prenome e la comunanza della patria e della profes-
sione di due dei contraenti mi pare che non possano
lasciar dubbio sulla loro identità.

Dopo il gennaio 1529 non trovo più altro ricordo
della presenza in Vercelli di questo pittore, e nel 1530
Bernardino Lanino è presso Gaudenzio Ferrari suo de-
finitivo e vero maestro. Ciò lascia supporre che Baldas-
sare nel frattempo abbia abbandonato quella città, op-
pure sia morto.

Alessandro Vesme •

Deliberazioni del Congresso internazio-
nale per la protezione delle opere d'arte e
dei monumenti tenutosi in Parigi. — Una

delle quistioni più importanti che ora s'agiti fra gli
archeologi e gli artisti è quella della conservazione dei
monumenti antichi di qualsiasi genere ed età. Fino a
poco tempo fa in tutti i paesi d'Europa conservare un
monumento voleva significare, nella maggior parte dei
casi, o rinnovarlo del tutto o rifarne quelle parti che
fossero stato giudicate in deperimento; così per la pit-
tura, sia in fresco, sia su tavola o su tela, si era soliti
dar sopra all'antico nuovo colore e rifare le parti man-
canti, onde scompariva o in parte o pur troppo anche
totalmente il carattere originale delle opere dei grandi
maestri. La repubblica veneta aveva nel secolo scorso
stabilite alcune norme molto sensate per la conserva-
zione degli oggetti d'arte ; ma poi anch' esse rimasero
lettera morta. Costituitasi l'Italia, convien diro che il
Governo italiano, specialmente nelle riparazioni ai grandi
cicli d'affreschi dei maggiori artisti, ha seguito e segue
tuttora giusti criterii; ma rispetto ai monumenti ar-
chitettonici molto fu rovinato anche in questi ultimi
tempi, e la basilica di San Marco e il Fondaco dei
Turchi e la chiesetta della Spina, per non citare altri
esempi, stanno pur troppo a provarlo. Ciò che è stato
speriamo che più non si rinnovi; anzi ora, ci piace il
constatarlo, l'indirizzò preso dalla Direzione Generale
delle Belle Arti, è anche per questo lato del tutto mu-
tato ed in bene. Ad ogni modo sarebbe necessario che
penetrasse in tutti gli artisti, e particolarmente in quelli
ai quali in special modo è affidata la cura dei monu-
menti, la persuasione che conservare non significa rin-
novare, ma soltanto corcare il modo più semplice di as-
sicurare le parti minaccianti, mantenendole intatte, anche
se deperite.

A tale scopo crediamo utilissimi i congressi inter-
nazionali per la protezione delle opere d'arte e dei mo-
numenti.

Nel primo congresso tenuto a Parigi nel Troca-
dero dal 24 al 29 di giugno 1889, 1 M. Charles
Normand espose in tal modo lo scopo ed il programma
del congresso:

1 Congrès international pour la proteetion dei oeuvres d'art
et des monumqnts. l'rocés verbaux sommaires rédiges pai le
secretaire général Charles Normand. l'aris, iss i,
 
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