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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. II
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Frizzoni, Gustavo: La Raccolta Galliera in Genova e alcuni dipinti antichi a Levanto
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0137

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LA RACCOLTA GALLI ERA IN GENOVA

125

IL

Un abitatore delle pianure lombarde vedendo Genova e i suoi palazzi rimane impressionato
massime da due particolarità della città superba, e sono per un verso la ricchezza e la profusione
del marmo, che riscontra ogni dove e che le conferisce un' aria di nobiltà tutta sua propria, dal-
l'altra la grandiosità delle proporzioni ne' suoi edifici che paiono creati quasi per una generazione
d'uomini giganti ben diversi da noi stessi.

A tanta larghezza ed abbondanza si direbbe che avessero partecipato anche i pittori locali
dell' epoca del massimo splendore artistico, i grandi decoratori Luca Cambiaso, il Cartone, i due
Piola, Valerio Castelli, Bernardo Strozzi e via dicendo.

Con siffatte impressioni proseguii il mio viaggio verso la Toscana. Volli sostare bensì alcune
ore a Levanto sulla Riviera, dove desideravo visitare una chiesa che dovrebbe contenere a quanto
dicesi un' opera di Andrea del Castagno. Sapendo quanto sono rare in Firenze stessa le opere di
codesto robusto come che alquanto rozzo quattrocentista, la mia curiosità appariva abbastanza giusti-
ficata. Salii dunque alla chiesa conventuale dei frati di San Francesco fuori del paese sopra un'al-
tura dominante il mare, e appena entratovi prima di scorgere il quadro accennato rimasi colpito
alla vista di un dipinto d'altra qualità e d'altro tempo che mi si presentava sopra il primo altare
a sinistra e nel quale non era difficile scorgere l'impronta del pennello focoso del già rammentato
Bernardo Strozzi, detto il Prete Genovese. Si tratta di una tela, larga ben m. 1,75 ed alta circa
il doppio, che dovrebbe suscitare in ogni amatore dell'arte altrettanta ammirazione per l'efficacia
dell' effetto pittorico maestrevolmente inteso, quanto sdegno doloroso per lo stato di nefanda tra-
scuraggine in che viene tenuto in quella chiesa. — Il soggetto è ricavato propriamente dai fasti
della vita monastica. Sorge infatti imponente in mezzo del quadro la figura assai pittoresca di
San Diego, cappuccino (nato in Ispagna nel 1463 e canonizzato sotto il regno di Filippo II). Fra
i miracoli che di lui si raccontano sonvi quelli delle guarigioni ch'egli avrebbe operato colla be-
nedizione accompagnata dall'uso dell'olio appartenente alla lampada della Madonna. Gli è una di
colali leggende appunto che vedesi rappresentata nella tela di che si tratta. Il Santo, che con una
leggera inclinazione del capo dalle poderose sembianze dà luogo a certi effetti di luce e di ombra
vibrati ed a belle masse, vedesi nell'atto d'imporre la mano sul capo piagato di un povero vecchio
inginocchiato davanti in compagnia di una vecchia divota. Un giovinetto di nobile apparenza gli
sta da canto reggendo la lampada della Madonna, calata dall'alto per servire al benefico intento.
Tale in poche parole il soggetto, ch'è trattato con una speditezza di pennello e con vigoria di colo-
rito da qualificare l'opera stessa certamente per una delle più felici creazioni dell'artista noto in
patria col nome di Cappuccino egli stesso, per avere appartenuto a quell'ordine.

Sventuratamente ad opera così distinta toccò la mala sorte di trovarsi addossata ad una pa-
rete umidissima, nel punto peggiore che si potesse trovare in tutta la chiesa, come quello eh' è
addossato da un terrapieno e da un gruppo di alberi. La finestra sovrapposta pare fatta essa pure
per congiurare contro la incolumità del dipinto, avendo i vetri rotti, chi sa da quanto tempo,
mentre nessuno pensa a mettervi riparo, sicché la pioggia accompagnata dal vento ha libero il
passo per riversarsi direttamente sulla disgraziata tela del Cappuccino.

Non c' è da meravigliarsi quindi che questa staccandosi dal proprio telaio già incominci a
cadere a lembi nella sua parte inferiore, infradiciata quale si trova, e che nel rimanente si mostri
ricoperta dal velame prodotto dalla umidità e intaccata qua e là nei colori. E uno stato di coso
insomma che grida vendetta e che richiede un pronto provvedimento se non si vuol permettere
che si perda intieramente un'opera che per quanto non sia da noverarsi nelle sfere di quelle di
un Raffaello o di un Tiziano, pure ha un valore reale indiscutibile come prodotto dell'arte pittorica
della Liguria.

Vorrei in fine che la mia debole voce potesse innalzarsi fino ai delegati incaricati della con-
 
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