Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Hinweis: Ihre bisherige Sitzung ist abgelaufen. Sie arbeiten in einer neuen Sitzung weiter.
Metadaten

Archivio storico dell'arte — 3.1890

DOI Heft:
Fasc. II
DOI Artikel:
Miscelannea
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0173
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
MISCHI

1553 con questa menzione: « Vno ritratto in tavola
d'un duca di Milano con ornamento dorato et vesta
piena di gigli dorati. »

Che questo sia il ritratto del duca Galeazzo Maria
Sforza lo si desume dal confronto con un altro, lavoro
di Cristofano dell'Altissimo, che lo copiò da un origi-
nale esistente nel Museo Giovio per commissione di
Cosimo I : evidentemente ambedue rappresentano lo
stesso individuo collo stesso abito e nello stesso atteg-
giamento ed ambedue devono provenire dallo stesso
originale, oggi perduto, lavoro di qualche artista lom-
bardo. Solo il ritratto spettante a Fioro Pollajolo, forse
perchè in cattive condizioni, è meno somigliante e a
prima vista non si direbbe che rappresenti la nota
figura di Galeazzo Maria; però il confronto coll'altro
toglie ogni dubbio in proposito.

U. Rossi

Opero dimenticate (li Niccolò d'Arezzo.—

È noto il posto onorato che lo scultore Niccolò di Piero
Lamberti, soprannominato il Pela, tiene fra gli artisti
adoperati nell'ornare il Duomo di Firenze di loro opere.
Però, benché vi lavorasse dal 1388 al 1419 e benché i
documenti ci parlino di molte commissioni conferitegli
dagli Operai, pochissimi sono i lavori che nel monu-
mento Suaccennato si possano indicare come suoi. Al-
l'infuori della porta del duomo in faccia alla via dei
Servi, che scolpì in compagnia di Antonio di Banco e
del di lui figlio Giovanni, c'é solamente da rammentare
la statua colossale di S. Marco, destinata alla facciata,
e oggidì collocata nella prima Cappella a destra della
tribuna di S. Zanobi. Poche sono pure le opere di Nic-
colò che si trovino altrove : essendogli tolte recente-
mente ed assegnate, ci pare con ragione, a Giovanni di
Bartolo, il Rosso, le due statue di patriarchi sul lato
orientale del Campanile, come anche le sculture sulla
facciata della Misericordia di Arezzo, opere attribuitegli
dal Vasari. Ed essendo resa poco verosimile la sua col-
laborazione al monumento di Papa Alessandro V a Bo-
logna, della quale parla lo stesso autore, non gli re-
stano che le due figurette dell'Annunziazione sopra la
nicchia che contiene la statua di S. Matteo di Ghiberti
all'esterno di Or San Michele, e forse anche la lunetta
della porta laterale della cattedrale di Arezzo, rappre-
sentante la Madonna col bambino ed i SS. Gregorio e
Donato. Tanto più meritano perciò di esser revocate
alla memoria due opere del nostro artista, che per testi-
monianza di documenti gli appartengono indubitabil-
mente, benché nessuno degli autori che si sono occupati
della sua biografia negli ultimi tempi (Cicognara, Gaye,
gli annotatori delle due recentissime edizioni del Vasari,
il Perkins e il Cicerone di Burckhardt-Bode) ne abbia
fatto menzione. La prima è la nuova facciata del duomo
di Prato : da una notizia, tolta dai Libri degli Operai
di questa fabbrica, e riprodotta dal compianto Cesare
Guasti nel suo saggio sopra « Il pergamo di Donatello

LANKA tr,i

« pel Duomo di Prato, Firenze 1887 p. 12 appare, che
« già prima del 1113 Niccolò di Piero chiamato il Bela
« di Firenze e i suoi compagni Giovanni di Donato e
« Lorenzo di Matteo da Fiesole hanno tolto a fare la
« faccia dinanzi della pieve ». F peccato, che dal docu-
mento citato non ci sia dato di poter constatare, se il
modello per la facciata sia pure stato fatto dal nostro
artista o se si tratti solamente dell'esecuzione di un mo-
dello fornito da qualche altro maestro. Il primo ci pare
però più probabile, perchè nel caso contrario il nome
dell'architetto che aveva fornito il progetto, sarebbe
stato rammentato nel testo del documento surriferito.
Ed il supporre Niccolò autore del progetto non ha niente
d'inverosimile, poiché sappiamo dalle notizie forniteci
dal Vasari, ch'egli si adoperò anche in opere di archi-
tettura, avendo fortificato per Bonifazio IX papa il Castel
Sant'Angelo, ricostruito le mura di Borgo San Sepolcro,
rovinate per un terremoto, ed essendo intervenuto col
suo consiglio nella edificazione del duomo di Milano e
forse anche della Certosa di Pavia. La seconda opera
di Niccolò, da revocare in memoria, è la lapide di marmo
per la sepoltura di Francesco Datini, ricco e benefico
mercante di Prato, la di cui persona e fatti ci sono di
recente stati rivelati per la corrispondenza del notaro
fiorentino Ser Lapo Mazzei, pubblicata per cura di Ce-
sare Guasti nel suo libro : « Lettere di un notaro a un
mercante del secolo xiv, Firenze 1880 ». Quivi, nel voi. Il
p. 436, si trovano pure riprodotti i conti particolareg-
giati delle somme sborsate dagli esecutori del testa-
mento, fra il 3 di gennaio 1410 e il 1(3 d'agosto 1412
per il sepolcro del Datini ; dai quali si desume, che ne
avevano affidata l'esecuzione, in quanto alla figura del
defunto, e al fregio contenente l'iscrizione che la cir-
conda, al nostro Niccolò, mentre che il secondo fregio
esteriore, ornato di rabeschi in lavoro di commesso, fu
fornito dai lastrajuoli Lorenzo di Sandro Chanbini, Ghoro
di Niccolò e suo compagno Lorenzo di Domenicho. Il
sepolcro del Datini esiste ancora oggidì davanti all'al-
tare maggiore della chiesa di S. Francesco a Prato,
ch'egli avea fatto abbellire di pitture e arricchita di
due altari con arredi di molto pregio. Là si vede sulla
lapide la figura giacente del defunto, scolpita in rilievo,
circondata da una nicchia o tabernacolo di stile gotico,
colle sue armi ne' due angoli superiori. Veste l'abito
solito mortuario a guisa di cocolla, le braccia sono in-
crociate sul petto, la testa coperta di una specie di
berretta, riposa su d'un cuscino ricamato. Le propor-
zioni della figura sono giuste ; i panneggiamenti sem-
plici sì, ma ben disposti e non privi di una certa gran-
diosità ; l'espressione delle fattezze, calpestate da secoli
e nelle loro parti rilevate presso a poco consumate, non
si può più discernere. L'iscrizione, spartita lungo i quattro
lati della lapide dice : Ilic jacet corpus prudenti* et
honorabilis viri Francisci Marci Datini de Prato cinsi
et mercatoris procidi fiorentini qui obiit die XVI mensis
Augusti A. I). MCCCCX cujus anima requiescat in pace.

c. de Fahrkzy

Archivio storico dell'Arte - Anno III, Fase. III-IV.

10
 
Annotationen