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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. III
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Gnoli, Domenico: Le opere di Mino da Fiesole in Roma, [3]
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0189

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LE OPERE DI MINO DA FIESOLE

177

La fretta dei committenti di veder presto eseguite le sepolture, che si volevano grandi e
magnifiche, produsse in Roma questo effetto che una gran parte di esse furono fatte in col-
laborazione; ed io credo anzi che si formassero delle compagnie di scultori assuntrici delle
sepolture cardinalizie che, diviso il lavoro e ripetendo ciascuno gli stessi modelli, davano in bre-
vissimo tempo compiute. Ciò è della massima importanza per lo studio delle sepolture di quel
periodo in Roma; poiché senza questa avvertenza, facilmente si è tratti in inganno nel l'attribuire
i monumenti all'uno o all'altro scultore, mentre sono opera di parecchi. L'ornamentazione, per
esempio, era affidata quasi sempre ad un artista speciale, ad uno scultore di decorazione, quali
erano Pagno da Settignano, Marco da Firenze, Giovanni da Verona ed altri; e generalmente
l'autore della figura giacente del morto non è lo stesso che ha scolpito le altre. Non mancano
però alcuni monumenti che evidentemente appartengono ad un solo autore o alla sua bottega.

Tolgo il disegno del monumento di Paolo II dalle Vitae pontificum del Ciaccolilo. (Fig. 1). Nelle
linee generali appartiene all'arte toscana, e nello zoccolo, nell'arco, nell'urna stessa ricorda il gruppo
di monumenti sepolcrali del Rossellino, di Desiderio da Settignano, del Givitali, di Francesco Ferrucci
e di Mino stesso. Le colonne, che reggono l'arco invece dei soliti pilastri, si trovano già nel
monumento Marsuppini di Desiderio da Settignano. Si distacca però da quel tipo in diverse parti :
il fondo della nicchia, tra l'urna e la cornice, che in quel gruppo di monumenti è diviso verti-
calmente in più parti, qui è tutto occupato dal quadro della Resurrezione; il fondo dell'arco, in
quei monumenti diviso da un tondo che ne occupa il mezzo, qui è tutto riempito dal Giudizio
Universale. L'idea d'ornare il basamento colle virtù Teologali proviene da Donatello; gli Evan-
gelisti dentro le nicchie laterali ricordano invece i monumenti romani. Pare pertanto che il
disegno del monumento appartenga a Mino; e le differenze potrebbero credersi introdotte da altri,
tanto più che vediamo lo stesso Mino tornare poi in Roma stessa alle primitive forme; ma neppure è
impossibile che la insolita grandezza e magnificenza del monumento papale abbiano consigliato a
lui stesso quelle novità. La decorazione doveva essere d'una ricchezza maravigliosa.

Debbo ora toccare una questione relativa alla forma stessa del monumento. Il Grimaldi descri-
vendolo, nel noto manoscritto barberiniano, pone sopra al Giudizio Universale una grande scultura
rappresentante il Padre Eterno circondato da otto angeli, che si trova pure nelle Grotte. (Fig. 2).
Esso è opera del Dalmata. La figura del Padre Eterno, colla veste e il manto scalpellato forte-
mente a modo di roccia, è grandiosa e fantastica; volgari sono le faccie degli angeli, le gambe
de' quali lunghe e grosse e mal'attaccate ai fianchi, per uno strano capriccio dello scultore, sono
disposte forzatamente in modo da formare un cerchio che racchiude la composizione. 1 Lo
Tschudi crede non potersi negar fede al Grimaldi, e quindi che sia da modificare la linea gene-
rale del monumento per farvi posto a questa nuova scultura. Io credo però che si tratti di
un semplice errore del Grimaldi, il quale in questo caso non può avere molta autorità perchè
in contradizione con se stesso. Infatti per ben due volte nel suo manoscritto egli dà ripro-
dotto in pochi tratti il monumento di Paolo II, e sempre conforme al disegno del Giacconio,
e senza lasciar posto al bassorilievo del Padre eterno.2 II qual disegno del Giacconio è certa-
mente, a mio avviso, tolto da uno schizzo fatto dal vero: lo dimostra in primo luogo il fatto
che le sculture esitstenti nelle Grotte vaticane si adattano perfettamente e in tutte le loro mi-
sure entro le cornici architettoniche del monumento, e una ricostruzione di questa fatta non
è punto credibile nel Seicento. Anche più inverosimile poi che in quel secolo alcuno sapesse
ricostruire un tal monumento spogliandosi affatto del gusto del proprio tempo, e riprodurre
non solo lo spirito e le forme del Quattrocento, ma anche certi particolari propri solo di Mino
e di pochi toscani suoi contemporanei. Così a ino' d'esempio, com'era possibile immaginar quello
zoccolo su cui si leva il monumento, che lo si trova sempre nei monumenti di Mino, di Desiderio
e di Rossellino, ma di cui non è alcun esempio nei monumenti romani? E nelle linee generali,
il monumento del Giacconio corrisponde a quello riprodotto in un affresco delle Grotte vaticane
e a due schizzi che si trovano nella Galleria degli uffizi, il secondo dei quali attribuito a Bene-

1 Supra judicium erat imago marmorea Dei aeterni patris in corona odo angelorum. Grimaldi.

2 Cod. Barber. XXXIV. 50, pag. 124 e 186.

Archivio storico dell'Arte. - Anno III. Fase. V-VI.
 
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