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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. III
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Recensioni e cenni bibliografici
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0234
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RECENSIONI E CENNI BIBLIOGRAFICI

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tolto dalla vecchia chiesa, rappresentante la Vergine
che accoglie sotto il manto protettore sei divoti ginoc-
chioni in adorazione; e questo gruppo ora abbellisce
una delle ville Monga a San Pietro in Cariano nella
Valpolicella.

O. Maruti

Paolo Zampi. Notizie sui lavori di restauro eseguiti
per la copertura del duomo d'Orvieto. — Con tre ta-
vole. Torino, Camilla e Bertolero, 1889 (Estratto
dal periodico l'Ingegneria civile e. Le Arti industriali,
voi. xv ; pp. 29).

È una memoria tecnica dell'ingegnere che diresse
il restauro della copertura delle tre grandi navate del
duomo di Orvieto, semplicissima nel suo organismo, ma
ricca d'ornamenti, simile a quella di altre chiese medioe-
vali della Toscana e dell'Umbria. Lo scritto fornisce
anche particolari intorno alla costruzione della coper-
tura, desunti dall'Archivio dell'Opera di Orvieto; una
diligente descrizione dell'armatura antica del tetto e della
sua copertura, degli intagli e delle pitture dell'armatura.
Degli ornati dipinti nelle membrature di finimento, L'A.
fornisce "un'accurata riproduzione in cromolitografìa.

O. M.

Tommaso Sandonnini. — Del Padre Guarino Guarini

chierico regolare. Modem, 1890.

Soltanto da poco tempo incomincia ad essere stu-
diata senza preconcetti, obiettivamente, la Storia del-
l'arie e del suo sviluppo attraverso a tutte le età, e
degli elementi nuovi e dei motivi originali che anche
le epoche della decadenza vi hanno apportato.

Dapprima era stato oggetto di sprezzo il medio evo,
mentre sappiamo quanto sia degna di studio quell' età
in cui, lentamente si, ma progressivamente andarono
svolgendosi i germi dell'arte e della civiltà, fioriti po-
scia con tanto splendore nel secolo xiv; così l'arte gotica,
che ora giustamente si considera come l'espressione più
nobile e caratteristica della più pura civiltà cristiana, fu
dal Vasari tenuta come un'arte volgare e da non esser
curata; poscia gli ammiratori dell'eclettismo dei Caracci
e della loro scuola non i iconobbero la grandezza dei
quattrocentisti, come il classicismo e l'accademismo ri-
traevano con orrore lo sguardo dalle opere dei cosidetti
barocchi dei secoli xvn e xvm, sebbene gli ingegni,
anche in mezzo alle più ridicole aberrazioni, avessero
tentato nuove vie, o mentre, cogli studi scientifici ap-
parecchiavano la civiltà nuova, così all'arte e special-
mente all'architettura andavano schiudendo altri oriz-
zonti. Po.che mai l'arte, quantunque manchi di buon
gusto e di finezza, nei particolari, fu nell'insieme più
sontuosa e magnifica come nel secolo xvii ; mai negli
edifizi tanto pubblici quanto privati si erano ricercate,
nell'interno, maggiori comodità ed aria e luce, e nell'e-

sterno, maggior movimento di linee e giuoco ben com-
binato di ombre e aspetto di grandiosità e robustezza
nella massa: e gli artisti, sebbene, come i letterati,
propendessero verso lo strano ed il bizzarro, continua-
vano la tradizione dell' ai te anteriore, desiderosi d' ar-
ricchirla di nuovi motivi, de' quali alcuni, in mezzo alla
farraginosa congerie di parti fantastici e riprovevoli, in
mezzo ai cartocci decorativi, che fanno apparire il
marmo come se fosse legno, sono veramente degni
di tutta l'ammirazione. Perciò il barocchismo può con-
siderarsi come l'ultima fase dello sviluppo artistico del
nostro grande rinascimento, quantunque a quel punto
fosse la confusione inevitabile, poiché ivi non era più
possibile di vedere tutto a un tratto quale sarebbe stata
la via d'uscita, e non si sapeva d'altra parte capacitarsi
che convenisse tornare indietro per rifare, in altro modo
e più speditamente la strada, già ricchi dell'esperienza
acquistata.

Così gli artisti e le opere di quell'epoca, che
tanto contribuirono colle loro invenzioni anche al pro-
gresso dell' arte moderna, sono degni di studio e tali
che sarebbe delitto se la storia non li ricordasse o li
spregiasse. Onde fece bene il bravo Tommaso Sandon-
nini a dare in luce il suo bel lavoro intorno al Padre
Guarino Guarini, che, oltre ad insigne matematico, fu
il più bizzarro, forse, ma anche uno dei più grandi ar-
chitetti del secolo xvii.

Nacque il nostro Guarini nel 1634, cioè nel tempo
in cui era più che mai viva la reazione cattolica contro
la Riforma; nel 1639 entrò nell'ordine dei Teatini, in-
trodotto in Modena fin dal 1604, e nel 22 ottobre dello
stesso anno 1639 il novizio, giovane di quindici anni,
partì per Roma a compiere il noviziato nel Convento
di S. Silvestro. Negli Archivi di Modena il Sandonnini
non trovò notizie del Guarini fino al 1647 in cui fu or-
dinato Sacerdote. La dimora in Roma, che non dovette
oltrepassare i 6 anni, era stata dedicata agli studi spe-
cialmente di filosofia e teologia, non disgiunti però da
quelli delle matematiche e dell'architettura, onde nel
1648 fu nominato revisore dei conti ed incaricato
di sopraintendere ai lavori della fabbrica di S. Vincenzo,
di cui la cupola doveva essere innalzata secondo i di-
segni dell'Avanzini, e nel 1650, e essendo stato con-
cesso ai Teatini di Modena lo studio di filosofia, egli
ne fu il primo lettore.

Della nuova chiesa e della casa di San Vincenzo a
Modena era stata posta la prima pietra nel 1617. L'opera
dell'Avanzini, secondo i documenti trovati dall'A., arrivata
alla cupola, era stata interrotta, e fu incaricato d'un
nuovo progetto di cupola lo stesso Padre Guarini; se
non che neppur quel progetto potè essere eseguito.

Probabilmente il primo maestro del Guarini in ar-
chitettura era stato il modenese Bernardo Castagnini,
esso pure teatino, del quale, per le ricerche del San-
donnini, sappiamo che mutò il disegno della casa dei
Padri annessa alla chiesa di San Vincenzo, già disegnata
dall'Avanzini, e elio il suo disegno fu approvato.
 
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