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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. III
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Recensioni e cenni bibliografici
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0236

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RECENSIONI E GEI

opero fantasticamente magnifiche e grandiose. Certo il
Guarini. e così tutti gli altri del tempo suo, architetti,
pittori e scultori, riuscivan meglio nelle opere di vaste
proporzioni che non nelle piccole. Tutte le forme essi
vedevano nel loro insieme, non nei particolari. Erano
abili manieristi e decoratori che curavano l'effetto ge-
nerale delle masse, non sapevano svolgere con finezza
un soggetto.

Il Signor Sandonnini opina, e con molte e buone ra-
gioni, che in Modena l'architetto teatino abbia dato il
disegno per la scala ed il cortile del Palazzo Ducale,
splendidi invero e finora attribuiti all' Avanzini ed al
Loraghi, mentre ci appariscono degni del Guarini, pre-
sentando tutti i pregi ed i difetti delle opere sue.

L'A. del librj sul Guarini non ha esaurito, e lo
confessa candidamente egli stesso, l'argomento propo-
stosi, non avendo potuto vedere i documenti che in-
torno all'architetto dovrebbero esistere a Messina, a Pa-
rigi, a Torino: il saggio però che l'A. ha pubblicato, è
degno di lode, sia perchè condotto con grande acume
e coscienza, sia perchè si riferisce ad un uomo degno
di esser ricordato più di quello che lo sia stato, e ad
un'arte, che, disprezzata fino ad ora, inco nineia ad esser
giudicata e studiata come merita.

N. Baldoria

SriiMAitsow - Antonio Federighi de'Tolomei, einSiene-
sischer Bildhauer des Quattrocento (nel « Repertorium
tur Kunstwissenschaft » Bd. XII S. 277-99, Stuttgart.
1889).

L'autore, ben noto a,u,li studiosi della storia dell'arte
per alcuni suoi importanti lavori sull'arte del Rinasci-
mento, svolge nel presente saggio la biografia di uno
dei più cospicui artefici Senesi del Quattrocento, valen-
dosi, da una parte, di documenti pubblicati da G. Mi-
lanesi nel suo noto libro sopra la storia dell'arte Senese,
dall'altra, d'indagini fatte sul'e opere esistenti del Fe-
derighi. Siccome l'importanza di questo artefice per lo
svolgimento dell'arte della sua città non ci pare esser
stata messa in luce finora, quanto merita, non crediamo
far cosa inutile, riassumendo brevemente la memoria
dello Schmarsow.

La prima notizia sul nostro artista ci è recata dal
contratto per il monumento sepolcrale del vescovo Carlo
Bartoli (f 1444) che si trova sull'altare della Cappella
di S. Crescenzio nel duomo di Siena La parte principale
in quest'opera, che venne eseguita su progetto e sotto
gli ordini del capo-maestro dell'Opera, Pietro Minella,
tocca a Giuliano da Como — scultore del resto scono-
sciuto — il quale per l'immagine del defunto si giovò
dell'aiuto del Federighi, mentre gli arabeschi del monu-
mento, in ispecie il fregio della lapide sepolcrale, furono
scolpiti da alcuni altri maestri, i ili cui nomi ci sono
stati trasmessi nei relativi documenti. Nel 1451 il Fe-
derighi tiene già l'impiego di Capomaestro dell' Opera

NI BIBLIOGRAFICI 223

e in questa qualità riceve l'incarico di lavorare in tarsia
di marmo, secondo il disegno del pittore Nastagio di
Guasparre, una rappresentazione del sacramento del
battesimo, per essere incastrata nel pavimento davanti
alla porta principale del battistero di S. Giovanni. Que-
st'opera però non riesce compiuta se non nel 1455, poiché
il Federighi nel settembre del 1451 è eletto Capomaestro
del duo no di Orvieto, dove si reca accompagnato dai
suoi allievi Polimante d'Assisi e Vito di Marco Tedesco.
Oltre la direzione dei lavori architettonici, egli vi si
adopera pure come scultore i documenti parlano di una
statua di marmo, che nel settembre 1456 vien posta
sull'angolo della facciata del duomo, che però oggi, a
causa dell'altezza in cui sono collocate le statue in que-
stione, non si può identificare come opera sua. Poco
dopo il Federighi ritorna a Siena ed è eletto primo
Capomaestro dell'Opera in sue •essione di Pietro Minella
(f 1458), — impiego che egli conservò fin alla vecchiezza,
probabilmente fino alla sua morte, accaduta nel 1490.

Nei primi anni dopo il suo ritorno in patria il nostro
maestro spiegò un'attività molteplice, segnatamente come
! architetto. Incaricato da Pio II, costruiva nel 1460-03
la « Loggia del Papa », sopraintendeva secondo il pro-
getto di Bernardo Rossellino alla fabbrica del « Palazzo
delle Papesse » ora Nerucci, costruito per la sorella del
papa, e nello stesso tempo, a spese dell'Opera del duomo,
rialzava la cappella esteriore ilei Palazzo Pubblico, ag-
giungendovi tutto il piano superiore, e non — come si
asserisce di solito — il fregio e il cornicione solo. Giu-
dicando dallo stile di quest'ultima opera, di cui l'auten-
ticità è fuor di dubbio, gli si deve anche attribuire con
probabilità la « Cappella del Diavolo » annessa al Pa-
lazzo del Turco, e quest'ultimo stesso, come é pur proba-
bile ch'egli avesse parte nella costruzione dell'oratorio
di S. Caterina in Fontebranda. In questi pochi testimoni
della sua attività architettonica il Federighi ci si rivela
quale artista robusto, il di cui talento originario è nu-
trito e purificato per lo studio dell'arte antica, senza
però ] erdere la freschezza e la individualità di cui fanno
fede le sue opere.

Ancora i)iù significanti e più individuali appariscono
le sue qualità di scultore. I suoi primi lavori di questo
genere sono le statue dei santi Vittorio, Ansano e Sa-
vino sui pilastri della Loggia dei Nobili, eseguite negli
anni 1456-63 (?). Una quarta statua rappresentante San
Pietro, che dall'artefice venne consegnata nel 1459 ai
suoi committenti, non si può più rintracciare. Virilità
risoluta, energia nella formazione dei profili e un po'
troppo di gonlìezza nei panneggiamenti sono i segni
caratteristici delle due prime figure,— elevatezza placida
e portamento solenne quelli dell'ultima.

Ricchezza ed energia delle forme sono pure i pregi
che distinguono i lavori di scultura decorativa del nostro
artista, fra i quali le due pile dell'acqua santa nel duomo
ili Siena, eseguite nel 1462-63, sono i più rinomati. Lo
studio sollecito delle sculture antiche apparisce in tutte
le sue opere, e il ricco e alquanto ampolloso gusto del-
 
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