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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. III
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0245

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MISCELLANEA

tico che serve di parapetto ad una fenestra rettango-
lare, la quale arriva col suo vano soltanto fino all' al-
tezza dell' impostatura dei capitelli sui grandi pilastri.
Tra questi e la cornice s'allunga una fascia con fregio.
Come si vede, a bella posta il Sanmicheli ha unito cosi
leggiadramente e sapientemente i vani grandi ai piccoli
superior i, coli'evidente intenzione di far apparire che
nell'intercolunnio vi fosse un piano solo, mentre continuò
le sagome della cornice sopra i vani maggiori, in una
fascia che lega fra loro tutti (piesti gruppi di finestre,
di profili così eleganti e di masse così armoniche e
belle, soltanto per rompere la monotonia delle linee e
darvi maggior movimento ed unità. Gli spazi sono co-
perti di decorazioni in istile classico largo e severo.

Il signor Malfatti vorrebbe che le finestre quadrilatere
superiori fossero innalzate, sopprimendo il fregio dipinto
fra di esse e l'architrave del cornicione, mutando in tal
modo il concetto architettonico del Sanmicheli, il (piale,
siccome ho detto, ha pensato ad un piano piuttosto
che a due, e deturpando le linee stupendamente armo-
niche di quella bella facciata, come ne fu già tempo
innanzi deturpata la porta.

Ed è pur troppo deplorevole che molti vogliano di-
fendere un tale progetto, e che per le città dell'Alta
Italia non esista una legge per la (piale anche i monu-
menti di proprietà privata possano essere salvaguar-
dati da qualsiasi manomissione almeno nei loro prospetti,
come quelli che già dai loro fondatori erano stati cer-
tamente destinati ad uso pubblico, a decoro delle strade
e della città in cui dovevano sorgere. Guai al carattere
artistico ed originale di ciascuna nostra città, se i pro-
prietari de' sontuosi e monumentali palazzi che vi sor-
gono, potessero avere il diritto di deturparli ogniqual-
volta ne venisse loro il capriccio! Lo Stato, a cui è
affidata anche pei posteri la tutela e la conservazione
dei monumenti, dovrebbe necessariamente intervenire
acquistando gli edifìzi ; se non che sono fortunatamente
in grandissimo numero anche i monumenti privati, i
quali concorrono insieme coi pubblici ad adornare le
nostre belle città, e certo lo Stato non potrebbe tutti
espropriarli. Se nel Codice civile manca una disposi-
zione per la quale i privati siano vincolati a mantenere
intatta l'originalità de'monumenti da essi posseduti,
valgano allora le leggi romane che comminavano se-
vere pene per coloro i quali avessero osato di togliere
gli oggetti d'arte e di modificare l'aspetto originale degli
edifìzi monumentali posti alla pubblica vista.

Tornando al palazzo Guastaverza, esso è uno dei
più begli ornamenti della bellissima città di Verona, ed
importante fra quelli architettati dal Sanmicheli, cioè dal
più grande, forse, fra gli architetti del Rinascimento ;
perchè, mentre nel concetto generale mostra lo stesso
tipo della maggior parte degli altri, fabbricati dallo
stesso autore, consistente in un basamento a bugnato
su cui s'innalza un solo ordine di colonne che contiene
due piani ; nei particolari s' attiene ancora, "come ho
detto, alle forme lombardesche anteriori, gentili e slan-

ciate, poste sapientemente in armonia colla grandiosità
dell'ossatura e delle linee generali. Negli altri palazzi
esistenti in Verona ed altrove, il Sanmicheli è più se-
vero e più classico; le linee più tozze hanno un aspetto
di maggior robustezza.

N. B.

Porla dell'antico Palazzo Vimercati, ora
dei Filodrammatici in Milano — Vendita
progettata. — Dei molti edifizii del periodo Sforzesco
in Milano, che il tempo e gli uomini han rovinato, non
restano più che alcune porte, di cui è da annoverarsi
fra le più belle quella nella Via Filodrammatici, che
introduce nel Teatro oggi in ricostruzione. Eseguita
ira l'anno 1457 ed il 1468, essa ci fa conoscere lo stato
dell'arte a Milano intorno alla metà del secolo xv,
quando ancora il nuovo stile non s'era affermato, quan-
tunque fosse già incominciato a penetrarvi col Filarete
e Michelozzo Michelozzi. Tutta in marmo bianco, essa
consiste in un'ampia arcata ogivale coll'inflessione cu-
spidale fiorentina. I pilastri sono sagomati molto sem-
plicemente col motivo di un cordone e d'una gola or-
nata di perle, che ricorre anche nell'archivolto, da cui
però sono divisi per mezzo di una cornicetta, che loro
serve di capitello, ornata di grasso fogliame gotico. Ma
l'archivolto ci si presenta molto elegantemente, perchè
sotto alla sagomatura accennata, e come continuazione
di questa, esso è adorno d'una frangia ad archetti tri-
lobati terminanti all'estremità da una pigna; mentre
sopra vi gira una fascia con un fregio a rilievo molto
alto in cui vedonsi putti ignudi arrampicarsi tra grassi
fogliami gotici; fregio che termina, sulla cima, colla
pigna sforzesca tra due putti pure ignudi e due grandi
foglie, tenute insieme, al gambo, da un cartello colla
scritta: SI TE FATA VOCANT. Nell'alto dell'archivolto,
e propriamente nella larga fascia coronata dagli archet-
tini accennati, sono scolpite in bassorilievo tre teste di
profilo ; quella di mezzo del Duca Francesco I ; le due
altre, di Giulio Cesare e d'Alessandro Magno, di cia-
scuna delle quali è anche indicato il nome in caratteri
romani. Ai fianchi delle impostature dell'archivolto sono
inquadrati gli stemmi delle nobili famiglie Secco d'Ara-
gona e Taverna.

La maestosa porta descritta, disegnata certamente
da uno de' più abili fra gli artisti locali, tra quelli forse
che erano anche impiegati intorno alla Fabbrica del
Duomo oppure a quella del Castello, segna il passaggio
tra l'arte gotica e la nuova studiata sulle opere del-
l'antichità classica, che i fiorentini stavano per trapian-
tarvi : e ciò specialmente si riconosce in quel fregio coi
putti ignudi, motivo prediletto dal Filarete, che incon-
triamo nelle finestre dello Spedale maggiore, e in quei
tre busti in bassorilievo, che sembrano eseguiti da un
medaglista, e ricordano, oltre al Duca Francesco I, i
due più grandi capitani dell'antichità con tipi e forme
derivati dalle sculture classiche.

Ora la Commissione del teatro filodrammatico, chie-
 
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