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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. III
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Prima esposizione della città di Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0254

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PRIMA ESPOSIZIONE DELLA CITTÀ DI ROMA

La « prima esposizione della città di Roma », per la
parte artistica non differisce gran fatto dalle precedenti
mostre annuali; al solito, deficenza di carattere, medi acre
eclettismo, pochissima ripercussione della vita contem-
poranea. Non mancano i lavori di pregio indiscutibile;
ma la creazione è scarsa e, quol ch'è peggio, incerta
ne' suoi intendimenti, come nel modo di manifestarsi.
Dobbiamo pure considerare che i nomi di prim'ordine
scarseggiano, quanto o più che in ogni altra esposizione
di questi ultimi tempi ; così che, per la pittura, dob-
biamo contare tra i migliori quelli di due stranieri: il
Lenbach e il Semiradzki.

Nella scultura abbiamo almeno un'opera di Giulio
Monteverde, fuori concorso, che, senz'essere fra le sue
più belle, ci par degna dell'illustre autore.

E una Madonna col Bambino in grembo. Maria siede
sur un soglio di stile della fine del Quattrocento, ed è
ravvolta in un manto; il volto è forse un po' molle, ma
di profilo assai puro, d'espressione dolce e serena. Il
Bambino ò vispo e modellato con egual morbidezza e
dottrina; pure ci sembra non in perfetto accordo con
la Madre, e cioè meno celeste, meno ideale. Pertanto
nell'insieme non iscorgiamo un carattere ben risoluto,
parendoci esso alquanto sospeso fra la rappresenta-
zione immediata del vero e la spiritualità trascenden-
tale. Due pregi pensiamo di dover notare specialmente:
la serietà accurata eppur non minuta della modellatura;
la grazia nell'aria dei visi, negli atteggiamenti e più o
meno in ogni parte del gruppo.

Quale opera che eccede le misure ordinarie si pre-
senta subito quella di Filippo Cifariello: Ad majorem
Dei gloriam. E una figura d'uomo alla tortura. Il nudo
è tutto ben modellato ed ha pezzi stupendi, per esempio
le mani e i piedi, poi gli avambracci e le gambe. Un
poco meno potente è il busto; assolutamente inferiore
la testa.

Su questo lavoro del giovane scultore da Molfetta si è
impegnata la più scabrosa discussione ; la maggior parte
di coloro che l'hanno esaminato, non hanno dubitato
d'asserire che è gittato sul vero. Senza ipocrisie, tale è

stata pure la nostra impressione; ma non crediamo che
una simile accusa possa per ora affermarsi. Qui non si
tenta di scagionarne il Cifariello; si tenta di contribuire
a che non si opprima un giovine artista di molto me-
rito, prima di conoscere a fondo tutto quel ch'egli ha
già fatto, e tutto quel che possa fare.

Dobbiamo dire in primo luogo che i'aecusa d'aver
formato dal vero i pezzi della statua non è nuova pel
Cifariello; egli anzi cominciò ad acquistarsi nome pre-
sentando alla Promotrice di Napoli una figura di ra-
gazzo ignudo, che suscitò una discussione simile a questa.
E non era ancora ventenne. Gli argomenti che stanno
contro di lui noWAd majorem Dei gloriam sono di due
generi: positivi e negativi. E cioè; dicesi: la superficie
del gesso ha tutte le menomo accidentalità de la pelle,
fin negli scuri, dove meno l'artista può e suole curare
il lavoro; in una mano si vedono due o tre peli. Si
aggiunge: la testa è una povera cosa al paragone, per
esempio, dei piedi: e questo non è concepibile nell'in-
tendimento d'un artista. Non v'è nulla da dire contro
tali asserzioni; ma non ci pare abbastanza concludente
quella che nega al Cifariello una facoltà straordinaria
nel rendere il granito della cute. Se altri non raggiunge
questo effetto, ciò non basta per inferirne che non possa
raggiungerlo con mezzi di pura arte nemmeno lui. E
certo che, eccettuando la testa, il rimanente è così ar-
monico e ricco di moto, quasi convulso per lo spasimo
della tortura, che non può dirsi come l'autore abbia po-
tuto industriarsi nel getto.

Ora siccome l'accusa è gravissima, e siccome non
sono facilmente determinabili il modo e la misura in cui
uno scultore possa giovarsi dei calchi sul vero, quasi
quanto non si può definire fin dove l'ajuto che i pit-
tori chieggono alla fotografia sia legittimo, non sarebbe
il meglio, sovra tutto trattandosi d'un giovane di ven-
ticinque o ventisei anni, non sarebbe il meglio diciamo,
osservare quel che egli ha saputo fare oltre il «Tortu-
rato », ed aspettare che ci presenti novelle prove delle sue
attitudini plastiche? Da parte nostra, oltre all'aver veduto
una sua statuina di vecchia, alta trenta o trentacinque

Archivio storico dell'Arte - Anno III, Fase, V-VI,

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