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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. III
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Prima esposizione della città di Roma
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0258
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PRIMA ESPOSIZIONE DELLA CITTÀ DI ROMA

245

presenta La preghiera delle passe, appunto ne la cap-
pella d'un manicomio.

La scena è questa: cinque o sei infelici, vestite d'un
abito uniforme di tinta rosea smorta, stanno o in gi-
nocchio, o a sedere sulle panche, una anzi si rizza in
piedi, tutte in varii atti dissennati. Dietro, sul fondo grigio,
vedesi la suora che le guida; a primo piano è un
mucchio di candidi gigli sul pavimento. 11 pregio di
questo quadro consiste nella giustezza delle diverse
espressioni; le fisonomie delle pazze sono ben trovate;
potrebbe dirsi che il pittore riesce perfettamente a
narrarci la dolorosissima scena. Il lavoro però è povero
nel colore, poverissimo nel disegno. Basta osservare
quel mucchio di gigli, che per se medesimo è già un
bel tema di pittura, per comprendere come l'artista
siasi limitito, più che ad altro, a narrare. Grandi erano
le difficoltà del quadro; ciò è innegabile; ma allora
perchè non dipingerlo in proporzioni modeste? Perchè
darci figure al naturale ? Credo che in piccolo l'Atta-
nasio avrebbe saputo meglio comporre; ed è certo che
la fattura sarebbe risultata di molto superiore, per il
concentramento delle forze.

Un quadro che ha con questo qualche relazione, ma
che lo vince quanto alla fattura, se cede quanto alle
difficoltà propostesi, è queLo del Morbelli. Rappresenta,
o c'inganniamo, anch'esso una cappella d'asilo; se non
che i personaggi sono placidi vecchietti e pregano in
maniera contraria alle misere donne dell'Attanasio, pre-
gano composti in raccoglimento, per uno dei loro che
li ha preceduti di poco nella sepoltura. E un dipinto
coscienzioso, benissimo intonato, grettino, monotono;
ottimo dipinto insomma, ma povero quadro.

Accanto è il lavoro di Enrico Semiradzki a cui ho
già accennato. Rappresenta un episodio di pirati; non
sapremmo determinare il luogo e l'epoca. A ogni modo,
ecco una grotta marina; di là dall'aspra imboccatura
si scorgono le rupi e le acque; una barca s'avanza re-
cando i prigionieri nell' interno della spelonca, dove
un capo dei corsari li schernisce, mentre una schiava
ignuda vien trascinata a lui da' seguaci. La fattura è
gagliarda, magistrale, qua e là un po' manierata e, più
ancora, scenografica; ma basterebbe quel nudo di donna
tizianeggiante, per rendere questo quadro degno del
nome che il Semiradzki gode, quantunque vi sia piut-
tosto lusso che armonia, piuttosto aggruppamenti che
composizione.

Ho parlato di pittura tizianeggiante, e subito mi ri-
corre al pensiero il Ritratto del principe don Marcan-
tonio Borghese, dipinto dal Lenbach. E, come sogliono
essere per la maggior parte i lavori di questo insigne
ritrattista, una mirabile opera d'assimilazione; si sente
subito che tra l'occhio, o meglio, tra il pensiero del
pittore e la tela v'è il ricordo vivo della gran pittura
veneziana. L'arte del Lenbach non è spontanea, ma è
pure un'alta ed efficace arte, la quale ci lascia un po'
freddi solo allorché ne abbiamo veduto troppe prove e
troppo simili d'intenzione e d'effetto. Dello, stesso au-

tore si vedono pure alcuni pregevoli pastelli, studii per
ritratti di signora e di bambini, dove c' è un riflesso
della pittura del Van Dyck.

Vicino al Ritratto del principe Borghese, ne vediamo
uno d'una principessa russa, dipinto dal Semiradzki. I due
lavori, diveisissimi fra loro, s'ajutano a vicenda. 11 primo
ha robusta modellatura con forti lumi e più forti scuri,
su fondo nero; il secondo è tutto chiaro, fuso, dolcissi-
mo. Quest'ultima tela del pittore polacco è tra le più sin-
cere e fini ch'egli abbia eseguite. Tra i due ritratti
di pennello straniero ne colloco mentalmente uno di
pennello italiano : Ritratto di signora, ad acquerello,
grande al vero, bella e robusta opera di Giuseppe Fer-
rari. E ancora un ritratto bisogna rammentare, figura
intera d'uomo seduto, dipinto da Antonio Mancini, cu-
riosa prova artistica, di cui non sai dire se è un ab-
bozzo o un lavoro compiuto, tanto è il disequilibrio
che si sente a guardar quella tela penne leggiata con
forza straordinaria e con straordinaria assenza di qua-
lunque armonia. Terminiamo questa scorsa nel campo
dei ritratti, dando una parola di lode a' due studi a
pastello, profilo di signora, dell'Esposito; pittura ele-
gante, eppure scevra di civetteria.

Due altri pastelli di Domenico Ferri attirano l'at-
tenzione: l'uno è una mezza figura di contadino, che
ha qualche buona qualità, ma non oltrepassa l'abbozzo;
il secondo rappresenta una povera madre col bimbo in
braccio, ed è lavoro che ferma l'osservatore per un
simpatico carattere di sobrietà e larghezza. Innanzi a
questo squallido studio modestissimo, noi vediamo quasi
sorgere un quadro di semplice e rara bellezza. Quella
madre, contadina dal tipo rude e grandioso, avvolta in
un misero manto sbiadito, ha qualche cosa di sponta-
neamente composto che ci dà l'idea d' una Madonna
originalmente, non bizzarramente, sentita. Il pittore non
dovrebbe far altro che un passo: ingentilire la fisonomia
della donna, e cercare di nuovo il fondo che è ora d'un
grigio insignificante; e il quadro della Madre Celeste
sarebbe raggiunto con parsimonia di mezzi, intensità
di sentimento e carattere seriissimo, nuovo.

Del Ferri abbiamo pure tre tele. La prima è intito-
lata: Il Paganini del villaggio; e rappresenta un vec-
chio suonatore di violino che insegna l'arte sua a un
giovanotto, canipagnuolo come lui. L'intonazione è bi-
gia, veramente un po' debole; la fattura è coscienziosa;
e poi quell'aria di modestia che abbiamo notata nel pa-
stello, torna qui pure e conferisce simpatia a questo
quadro, dirò meglio, a questo buono studio, che altro
non pretende d'essere. La seconda tela è una marina;
una villanella si avanza da la spiaggia; il cielo è d'un
turchino alquanto opaco; il sole, che inonda di luce il
greto, è piuttosto fiacco e falso. Nell'insieme il dipinto
ricorda i paesaggi del Lojacono, ed è il meno personale
tra i cinque lavori del Ferri. Assai superiore è la terza
tela: Calore e giovinezza è il titolo, brutto tito o di
quadro gradevole e abbastanza ardito, senza spavalderie.
È una corsa di contadinotte in pieno sole, nel mezzo
 
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