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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. IV
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Dollmayr, Hermann: Lo stanzino da Bagno del Cardinal Bibbiena
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0288

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HERMANN DOLLMAYR

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tima epoca delle stile antico la scelta dei colori, per cui lo zoccolo è colorito di nero e i campi
sovrapposti in rosso-bruno, ed altra analogia si vede nei singoli motivi delle pitture di questi campi,
come per esempio nel fatto che quelle che stanno nel mezzo delle pareti sono dipinte a fresco ma
ad imitazione di dipinti su tavola. Quale analogia abbiano poi con l'antico le leggere decorazioni
architettoniche ed i grotteschi delle lunette non credo di dover neppure far notare; basti gettare
uno sguardo sulla stampa colorata del G-runer; anch'essi formano il pricipio fondamentale in al-
cuni stili antichi. Devo però osservare che il colorito dell'originale si manifesta molto più armo-
nico nell'insieme e deciso che quello della citata riproduzione, in cui segnatamente il colore azzuro
per niente giustificato guasta l'effetto, mentre invece appunto la mancanza di questo colore nell'ori-
ginale e la presenza dei due colori nero e rosso mi richiamarono alla mente già alla prima oc-
chiata le antiche case romane.

Quanto ai grotteschi, essi contengono molti elementi che non si trovano nell'arte antica ; però,
tanto in generale quanto in alcuni singoli motivi e nel modo con cui sono disposti e riuniti fra
loro, mostrano una profonda conoscenza della medesima e sono con essa in relazione più stretta
che quelli delle Loggie dipinti più tardi. I tempietti con le svelte colonnine e le pesanti travature,
i drappi e le tende stese, le corone di foglie e le erme dai lunghi piedistalli sono presi diretta-
mente dall'antico, e così pure le due serie di colonne sopra gli architravi laterali del tempio, che,
seguendo le leggi della prospettiva, vanno impiccolendosi verso il fondo, e gli amorini ed i vari
animali che danno vita alla decorazione. Invece sono concezioni vere e proprie dell'artista del
Rinascimento i frontoni dei tempietti, i medaglioni portati da amorini, i singoli archi e parecchie
altre particolarità, fra le quali specialmente quella delle scimmie nel tempio.

Se gettiamo uno sguardo alle nicchie, riconosciamo anche nella loro decorazione l'influenza
dell'antico, precisamente come nello zoccolo. Ho già fatto notare il colore di quest'ultimo; non mi
rimane quindi che a parlare delle scene che vi sono dipinte, il cui argomento è il trionfo d'Amore
sugli animali; nel trattarne si potrebbe sentirsi tentati a voler vedere qualche relazione con l'uria
o l'altra delle divinità in alcuni degli animali aggiogati al cocchio; però in generale essi non sono
in nessun rapporto con gli abitatori dell'Olimpo, e perciò una tale ricerca ci condurrebbe troppo
lontano. Non si è voluto rappresentare in quelle figure altro che l'onnipotenza dell'amore, Vomnia
vincit amor che Servio espresse commentando un passo di Virgilio che determinò l'argomento di
due delle nostre pitture principali. Come questo pensiero, così anche la forma nelle singole scene
è presa dall'antico. In nessun genere d'arte degli antichi mancano queste rappresentazioni d'Amore,
e certamente anche il nostro artista ne vide molte. E che sieno state appunto pitture antiche quelle
ch'egli ebbe in mente mentre lavorava, mi sembra confermato dal fatto che egli non fece la super-
ficie del mare e del terreno, su cui passano gli amorini, larga e corrispondente al paesaggio, ma
l'indicò soltanto con una fascia, poche striscie, con le onde leggermente increspate, quel tanto che
bastava per far sì che il carro e gli animali che lo tirano non apparissero librati nell'aria. Invece
anche qui vediamo un motivo tutto proprio dell'arte del Rinascimento, le cornici con gli ornamenti
già descritti consistenti in pesci. Si vede insomma che l'artista in generale non ha per iscopo di
imitare fedelmente lo stile de' suoi modelli, nello spirito dei quali egli, che aveva già un proprio
stile, non poteva del tutto penetrare, ma cerca di unire con le proprie idee il nuovo e il piacevole
che essi gli offrono; l'antico gli dà i motivi, egli determina il modo di applicarli e per mezzo della
sua individualità crea da queste parti un tutto: Nè si potrebbe pensare che si comportasse altri-
menti di fronte all'arte classica un artista di quel tempo.

Sono alla lor volta in analogia con l'antico le pitture principali nel mezzo delle pareti, non
già per la loro forma, ma per il loro argomento e per il carattere che hanno di imitazioni di ta-
vole dipinte. Come sappiamo dalla nota lettera del Bembo, del 19 aprile 1516, le scene furono scelte
e determinate, come il resto, dal cardinale stesso. « Ora, ora avendo io scritto fin qui », scrive il
Bembo al Bibbiena « m'è sopraggionto Rafaello, credo io, come indovino, che io di lui scrivessi, e
dicemi che io aggiunga questo poco: cioè che gli mandiate le altre istorie, che s'hanno a dipignere
nella vostra stufetta: cioè la scrittura delle Istorie: perciocché quelle, che gli mandaste, saranno
fornite di dipignere questa settimana ». Da queste parole rileviamo che il cardinale non aveva dato
a Raffaello tutte in una volta le indicazioni degli argomenti, ciò che mi sembra di grande impor-
 
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