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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. IV
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Venturi, Adolfo: La pittura bolognese nel secolo XV
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0294

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LA PITTURA BOLOGNESE NEL SECOLO XV

ologna nel Rinascimento non ha una propria, varia e ricca fioritura
artistica come tante altre città italiane. La nuova luce dell'arte sfol-
goreggia dalle sculture di Jacopo della Quercia, illumina i lettori e
gli scolari dello studio bolognese nei bassorilievi di Jacobello e Pier
Paolo delle Masegne; ma i Bolognesi non aprono gli occhi alla luce.
Vero bacino dell'Emilia e delle Romagne, Bologna nel secolo xv riceve
le onde l'innovatrici dai vicini paesi, ma l'arte rimane intorpidita, im-
mobile. I Ferraresi fantastici e rudi vanno a lei, e la conquistano: va
Galasso ferrariensis ingeniosus juvenis, e vi dimora stabilmente; va
il burbero Francesco del Gossa, e v'imprime figure piene di forza; va
Ercole Roberti, e vi reca la sua foga drammatica; va il Costa e domina nello studio stesso del
Francia. Le costruzioni di Giovanni II Bentivoglio, e quell'ardore che invase i cittadini bolognesi
di rifare, di parare a festa chiese e palazzi verso lo scorcio del secolo xv, avevano richiamato i
Ferraresi a Bologna in cerca di mecenati e di fortuna. Di più le amichevoli relazioni dei due
Stati, il parentado di Lucrezia d'Este con Annibale Bentivoglio, favorirono la migrazione dei pit-
tori ferraresi, in troppo gran numero a Ferrara. Le condizioni dell'arte bolognese erano infine
così povere da lasciar scorgere facile la conquista del campo pittorico ai vicini maestri, vissuti
nella floridezza dell'arte, presso la corte estense; che avevano veduto gli entusiasmi di Leonello,
la magnificenza di Borso, le smanie edilizie di Ercole I d'Este. Dagli altri paesi d'Italia, qualche
artista segnalato inviò dipinti a Bologna, ma non vi tenne stabile dimora ; e meno Antonio e Bar-
tolomeo Vivarini, che eseguirono a Venezia nel 1450, per la bolognese Certosa, una gran tavola
a scompartimenti, ora nella Pinacoteca, altri pittori forestieri rinomati, solo nei primi anni del
secolo xvi, dipinsero per Bologna. Allora Filippino Lippi ornò di un'ancona un altare in S. Dome-
nico; il nobile Gio. Antonio Boltrafflo ritrasse Giovanni II Bentivoglio, e dipinse la madonna di
casa Casio, ora al Louvre; Raffaello colorì un presepio per il Bentivoglio; 1 il Perugino vi portò
la celebrata pala d'altare, ora nella pinacoteca di Bologna; e vi operarono Zmobi di Migliore
fiorentino e i figli Bartolomeo e Zanobi junior. < . j

Quanto resta oggidì dell'arte bolognese del quattrocento, prima del Francia, se si eccettuino
le tavole di Mirco Zoppo, merita appena uno sguardo. Passano innanzi gli artisti cantati da
Gio. Filotteo Achillini nel Viridario, come una fuo-a d'ombre. 2 Ci resta di Antonio da Creval-

7 o

1 Secondo il Gu/zadim (Memorie per la vita di Gio- trafilo un ritratto, che si conservò sino ai primi anni del

canai II Bentirof/lio, Bologna, 1839), Raffaello colorì in nostro secolo nella quadreria Ercolani.
una tavola un presepio pel Bentivoglio, e Giovanni Boi- 2 Ricordiamo qui alcuni artisti citati dall'Achillini e

Archivio storico deli'Arte. - Anno III. Fase. VII-VIII.

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