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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. IV
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0315

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302

Perchè, e il cronista scrive che s'erano principiati e
fatti li fondamenti della chiesa grande, e Sisto IV,
nella sua Bolla di scomunica contro gli abusivi raccat-
tatori d'elemosine pel tempio della Quercia, aggiunge
subito, cujus edifìcio, sumptuoso et excelienti opere
construuntur. 1 Dunque, una sostanziale variazione dal
primo al secondo disegno non potea non essere avve-
nuta. Forse era stato impulso a più grandiose aspira-
zioni quello spirito di gelosa rivalità, che, lungo il me-
dioevo, fu la sintesi storica di tutti i Municipii d'Iialia,
e allora s'esplicava in una fortunata emulazione arti-
stica tra vicini. E forse le recenti meraviglie del Duomo
d'Orvieto non furono potute, in quella congiuntura, di-
menticare dai Viterbesi: essi, che solo pochi anni in-
nanzi, perfino nel procacciare il primo orologio del Co-
mune, imposero all'artefice che lo avesse a dare più
bello e più potente di quello d'Orvieto.2

È perciò che riesce tanto più inesplicabile il silenzio
delle nostre carie su quel primo tipo del santuario. Non
ci avanzò notizia, che del soprastante a quei primi la-
vori. Un tal Mastrodio, o meglio mastro Oddo da Vi-
terbo. Ma costui, più che un capomastro, sotto i cui
panni potea ben celarsi a quei giorni un architetto
della forza del Maitano, 3 ci ha l'aria d'un semplice
Offiziale o Massaro del Comune, o meglio d'un solle-
cititore, come lo chiamò il cronista.* A ogni modo,
una personalità senza interesse, senza precedenti arti-
stici, nè mai più nominata. Non devesi però tacere, che
una certa tradizione, tuttoché assai timidamente insi-
nuatasi tra noi, ci fece e ci fa talvolta sussurrare all'o-
recchio il nome di Bramante. Ma, a prescindere da ogni
mancanza di analogia stilistica tra le opere certe di lui
e questa di S. M. della Quercia, il celebre Asdruval-
dese, nel 1467 e appena a 23 anni, non avea ancora aperta
la serie dei suoi prodigi artistici nelle terre Romane.
Oltreché lo stesso silenzio degli atti Comunali pare
escludere il proposito della chiamata d'un artista di
gran fama. Cosicché questo ci giova porre in sodo:
che tutti i documenti, almeno quelli noti sino ad ora,
sono muti intorno al primo creatore di S. Maria della
Quercia. Sappiamo solo che la città formicolava in al-
lora d'un grande sciame di artisti Lombardi. 5 Sappiamo
che questi, nella loro immigrazione su Roma, ov'erano
attratti dalle sontuosità della Corte papale, 6 sofferma-

1 Documento XV, alla nota 2.

2 Meliiis et poteati,un quam aurilogium existens in doliate
Urbevetana. Questo contratto ha la data del 26 marzo 1424, e
leggesi nel voi. Ili delle Riformagioni del Comune, a carte 27. Il
costruttore del nuovo orologio fu Magister Iacobus Vecchio Ni-
colai Vecchi de Benevento habitator Urbis, Magister aurilo-
giorum etJ'aberfamosus.

3 Fumi, La facciata del Duomo d'Orvieto. « Archivio storico
dell'arte », anno 1889, pag. 185.

4 Ciampi, op. cit. pag. 99.

° Eran soprattutto tagliapietre, carpentieri, muratori, ricama-
tori, cimatori di panni di lana, e anche albergatori.

0 Bertolotti, Artisti lombardi in Roma, nei secoli XV, XVI
e XVII, voi. I, pag. 3.

vansi con predilezione qui in Viterbo, che incontravano
a breve tratto da quella, e che promettea loro cottimi
assai lucrosi, massime per la ricostruzione dei tre grandi
palazzi del Governatore, dei Priori e del Podestà, intra-
presa appunto di quel tempo. Le nostre carte riboccano
dei nomi di questi laboriosi operai, che aveano invaso
tutte le nostre industrie, tutte le corporazioni delle arti
cittadine; e talvolta provocaron persino speciali leggi di
polizia e di contributo per contenerli. 1

Comunque, la fabrica, iniziata con ardore nel 1470,
copriasi già del tetto nel 1472. 2 Nell'anno successivo
si posero a cottimo le volte della crociera trasversale. 3
Ma questo primo periodo di singolare attività fu susse-
guito da un altro di marcata rilassatezza, svoltosi tra
il 1475 e il 1480. Ne furono cagione i dissensi insorti
in grembo alla Compagnia della Madonna, che s'avea
tolto la cura di quelle costruzioni. * E più ancora la
peste del 1476; la quale, nella stessa guisa che cacciò
dalla città tutti i magistrati e i più abbienti cittadini,
avrà di certo sbandato anche i lavoratori addetti alla
fabbrica del tempio.

Se non che, intorno al 1480, troviamo deputato alla
direzione dei lavori un capomaestro di singolare impor-
tanza, la cui figura, tutta propria degli artisti di quei
giorni, ha la parvenza d'uno di quei fortunati figli del
Rinascimento, che, dal trattar scalpello o cazzuola, sep-
pero levarsi alle più ardite concezioni dell'arte. Danese
di Maestro Cecco da Viterbo era il suo nome.6 Suo

1 Un Breve d'Innocenzo Vili del 12 gennaio 1490, nel sanzio-
nare l'imposta d'un danaro sopra ogni libbra di pesce o di carne,
creata dal Comune a profitto della fabbrica del Duomo, prescri-
veva « Lombardi et eeteri laboratores aclvene, videlicet magi-
stri carlenum unum, eeteri unum grossum prò quolibet, aut
operas equivalentes prestent huic operi (Cathedralis Ecclesie Vi-
terbiensis ampliande, illiusque fabrice) » (Archiv. Comun. perga-
mena n. 815). Perchè questa tassa così mite non fosse una de-
risione, convien dire che i lavoratori Lombardi e d'altri paesi,
dimoranti di quel tempo in Viterbo,fossero in numero ben consi-
derevole.

Diamo anche quest'altro bando" del 12 novembre 1493. « Che
lutti e ciaschuno, Lombardi, viandanti etc. che f ussero venuti
nela cita de Viterbo da 15 di passati in qua, debiano essersi
partiti de la decta cità, fino el termino de tucto domane, socto
pena di due. 2 d'oro largì. « (Ivi, Lib. Reformat., voi. XXV,
pag. 34l).

2 Ciampi, op. cit,., pag. 103.

8 Documento XI.

4 Questa Compagnia o Società della Madonna, di cui si ha così
spesso menzione nei documenti, formava il consiglio di ammi-
nistrazione della fabbrica. Fu creata nel 1467, e composta di 112
cittadini (Della Tuccia, loc. cit. pag. 92). La constituzione o re-
golamento organico di questa Società leggesi al voi. XIX delle
Riforme c. 180. Ila la data del 28 febbraio 1475.

5 Archiv. Comun. Lib. Reformat., voi. XX, c. 149.

G Questo Maestro Danese da Viterbo (detto in qualche docu-
mento anche Danesio e Denisio) non va confuso con quel Mae-
stro Dionisio, pur di Viterbo, del quale, come meccanico, inge-
gnere e primo inventore de' sostegni ne' fiumi, parlarono, primo
lo Zendrini (Regol. ed usi delle acque correnti, 1741, pag. 356),
poi il Frisi {Istituzioni di meccanica, pag. 428), il Delaistre
(Eneyel. de l'ingènieur, T. II, pag. Ili), I'Orioi.i(Biblioteca Ita-
 
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