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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. IV
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Recensioni e cenni bibliografici
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0346

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RECENSIONI E CENNI BIBLIOGRAFICI

Vittorio Mai.amani. — Un'Amicizia (li Antonio Canova.
Lettere di Lui al Conte Leopoldo Cicognara. — Città

di Castello, 1890.

E ima raccolta di 96 lettere dirette dal Canova al
Conte Leopoldo Cicognara incominciando dalli 6 di lu-
glio 180? fino a'dì 2 ottobre 1822: ai 13 d'ottobre
dello stesso anno, il soave Maestro, come giustamente
lo chiama il Malamani, spirava fra le braccia del Cico-
gnara « rome un angelo che tornasse al cielo ». 1

La pubblicazione, dedicata al Prof. Adolfo Venturi,
nome già illustre nel campo degli studi storico-artistici,
è corredata di una lunga e bella prefazione, e di fre-
quenti e diligentissime note a schiarimento delle lettere
canoviane, in cui e spesso accennato a persone ed a
fatti contemporanei al grande scultore, de' quali il Ma-
lamani, per le sue ricerche intorno alla storia di quel-
l'epoca, è in grado di darci notizie nuove ed assai im-
portanti, mentre tante altre ne rettifica già pubblicate
dagli antecedenti biografi del Canova, o non troppo di-
ligenti, come il D'Kste, o troppo imbevuti di preconcetti
e bramosi di mostrare al pubblico piuttosto se stessi,
che intera e viva la figura di colui intorno al quale
hanno affaticato la loro povera penna, come l'Abate
Missirini, contro il quale giustamente, quantunque, forse,
troppo violentemente, si scaglia il Malamani nella sua
prefazione.

Il lettore non troverà forse nelle lettere del Canova
manifestato apertamente e con speciali ragionamenti
come e'la pensasse in fatto d'arte. Il grande scultore,
sempre immerso nelle creazioni del suo genio e nel suo
lavoro, non ha tempo di perdersi nelle lettere in disqui-
sizioni accademiche, e non scrive se non ciò eh'é stret-
tamente necessario per gli affari suoi, degli amici e di
tutti coloro ch'egli aveva preso a proteggere come un
padre. Nella lettera del 24 ottobre 1812 mostra il Ca-
nova d'aver sempre coltivato il desiderio di scrivere in-
torno all'opere sue ed ai concetti dai quali erano infor-
mate, ma di non aver mai potuto trovare il tempo per
tale scopo : né mai lo trovò. Certo è però che l'arte era
la continua occupazione del suo pensiero, oltre che della
sua vita; ed alieno dall'esporre in iscritto i suoi giudizi,

1 Espressione del Cicognara scritta dietro all'autografo del-
l'ultima lettera del Canova.

amava di conversare d'arte cogli amici, poiché erano
materie da discorrerle più agevolmente in una /'ami-
fi tiare conversazione, che per lettera: cosa, egli con-
fessa, ch'io non saprei fare certamente (V. Lettera del
19 gennaio 1819).

Due volte però s'arrischia a parlar d'arte; 1' una,
dopo aver letto il capitolo del Cicognara intorno a Mi-
chelangelo ; del quale artista, pur mostrando tutto il
maggior rispetto per « quel sommo ingegno », nota con
acutezza di mente, e con criterii a cui ora ognuno può
sottoscriversi, i caratteri proprii dell'arte, e il modo di
sentire e d'imitare l'antico, e l'esagerazione a cui si lasciò
trascinare (cfr. Lettera in data del 25 febbraio 1815);
l'altra volta, dopo aver ammirato a Venezia l'Assunta
del Tiziano che vince e trionfa d'ogni aspettazione di
qualunque più riscaldata fantasia. Io mi sono impara-
disato, egli continua, a contemplarla per lungo tempo,
<' nel sentimento mio la giudico, e tengo, e venero per
il sacrano di tutti i quadri del mondo (cfr. lettera 17 lu-
glio 1819). Così il grande artista, scevro da ogni pregiu-
dizio, pieno di entusiasmo per qualsiasi manifestazione
d'arte, dava giudizi (die ad altri potevano in quel tempo
parer temerari.

Ma egli era veramente capace di intendere il su-
blime dell'arte, egli che vi era potuto arrivare. Poiché
non é solamente l'autore dei troppo lisciati marmi imi-
tati dall'antico, ma il creatore di nuovi tipi, di compo-
sizioni nuove, leggiadrissime, originali. Mentre l'arte
pargoleggiava in Venezia o col vuoto barocchismo dei
Bonazza, o colle materiali, fredde, arcadiche imitazioni
dal vero dei Torretti e d'altri scultori della stessa risma,
il Canova usciva col gruppo d'Icaro e Dedalo, di cui
nulla si può ammirare fra le opere di tutte le età, di
più fine* di più accurato, di più elegante, come forma,
di più vero e di più vivo come sentimento: mentre a
Roma i seguaci del Bernini e dell'Algardi tenevano an-
cora il campo colle loro farraginose composizioni, colle
sdolcinature delle mosse e delle espressioni, e colle an-
tipatiche lisciature dello scalpello, egli eseguiva il gran-
dioso e severo monumento a papa Ganganelli, e model-
lava la statua di papa Rezzonico, ch'io chiamerei della
Preghiera, uno dei più splendidi capolavori del Canova,
una delle meraviglie della scultura di tutti i tempi. Né
è men vero che anche nel campo della mitologia, dove
era più facile cadere nell'imitazione, egli seppe talora
 
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