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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. V
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Nuovi documenti
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0413

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NUOVI DOCUMENTI

piazza di S. Pietro, acciò che si riconosca il luogo ove
fu fatta questa attione.

« Volendo per ornamento farli qualche insegne se li
può fare il stendardo del Generalato di S. Chiesa,
quello di Venetiani et quello del Duca di Milano.

« L'impresa sua fu un scoglio in mezzo all'onde, nelle
quali sono molti tronchi di legno che gettano fiamme.

Nel quadro del Marchese Lodovico si pingerà come

« Essendosi opposto Andrea Donato et Girolamo Con-
tarmi al Picinino che voleva passar l'Adige per andare
nel Padovano, Ludovico Gonzaga che favoriva le cose
di Filippo Visconte andò con un'armata di 28 galleoni
ch'egli teneva ad Ostiglia per le paludi che sono tra
l'Adige et il Po, et fatti in puchissimo tempo diversi
cavamenti con grossissimo numero di guastatori si con-
dusse vicino alli argini dell'Adige per la fossa del Pa-
nego puoco sopra Legnago. 11 che inteso dalli Vinitiani
fecero distendere longo dell'altra ripa il Melita con 8
mila cavalli et 4 mila fanti, et similmente le genti del Do-
nato; et essendo nel fiume Dario Malipiero con 35 gal-
leoni et il Molino con molte l'uste per impedire ch'egli
non traghettasse li suoi galleoni in esso fiume, con lo
aiuto de quali temevano che passasse le genti all'altra
ripa, si misero contro il corso dell'acqua per andare alla
detta bocca della fossa del Panego ad impedire l'entrata
nel fiume. Ma egli distese molti pezzi d'artiglieria alla
detta bocca co' quali quando scuoperse l'armata vinitiana
incominciò a salutarla, et affondò et prese un galleone
di quelli del Malipiero, da che egli spaventato si ri-
tenne di passar più avanti. 11 Molino s'affrettò di pas-
sare oltre la bocca della fossa colle sue fuste e fu se-
guito da cinque galleoni di quelli del Malipiero, onde
restò l'armata vinitiana divisa in due parti, et perciò
priva di consiglio e di ardire de combattere. Il che co-
nosciuto da Ludovico entrò animosamente nel fiume et
sbaragliò detta armata, la quale fugì parte a segonda
parte contra l'acque. Cossi egli pose le genti in terra
le quali messero in fuga il Melita et il Donato: onde
restato superiore in terra et in acqua prese subito Li-
gnago et Porto, in mezo delli quali passa l'Adige.

« In questo quadro va il ritratto di Ludovico: il sten-
dardo del Generalato di S. Chiesa et del Duca di
Milano.

« La sua impresa fu un guanto di ferro con il motto
Buena fé no es mudable.

Nel quadro del Marchese Federico si pingerà come

« Essendo restato il Duca di Milano piccolo in go-
verno della madre et raccomandato dal padre al Mar-
chese Federico suo Cap. Gen. de gli uomini d'arme, eal-
larono li Svizzeri per la via di Como all'assedio di Le-
gnano terra d'esso Duca, onde chi havea di lui governo
n'avisò subito il Marchese il quale posto in essere lo
sue genti d'arme et molta fanteria andò a quella volta

et fece levare li Svizeri dall' assedio, che se ne ritor-
narono alle loro case.

« In questo quadro va ritratto il Marchese Federico.
Le insegne devono essere con l'arma Visconte. La sua
impresa fu un crociolo pieno di verghe d'oro posto a
fuoco con il motto Probasti me. 1

Nel quadro del Marchese Francesco si pingerà

« La giornata fatta al Taro o sia Giarolla contro il
Re Carlo nel modo che la descrive il Giovio. S' ha in
questo quadro da ritrar il detto Marchese. L'insegne
hanno da essere con le arme della Lega, la quale fu
di Papa Alessandro VI, Alfonso Re di Napoli, Vinitiani,
Ludovico Sforza: ma principalmente de Vinitiani de
quali egli era generale.

« L' impresa sua fu il Sole.

« Gio. Francesco fece un ponte sopra l'Adige et mise

10 asedio intorno a Verona e finalmente la prese più
con lo ingenio et arte che per forza di arme, però se

11 può dedicare una Pallade et Sinone.

« Ludovico II Marchese fu gran fabbricatore, sé li
deve alludere la Gieometria et l'Architettura.

« Federico III Marchese se li deve ascrivere due ca-
rità, ma differente l'una de l'altra.: l'una usata verso il
fratel morto, ancor che li fosse nimico, l'altra verso
i suoi nepoti.

« Francesco IV Marchese essendo entrato nel fatto
d'arme et mortoli il cavallo sotto rimontò sopra un
altro, e con la spada in mano lor malgrado passò per
meggio l'esercito francese, e con tal impeto e furore
che il campo d'essi si rivolse in fuga insieme con il
lor Re, e puoco li mancò che non restasse pregione,
come di ciò avvenne al Gran Bastardo qual era a paro
nella bataglia col detto Re: per similitudine vi si con-
farebbe Marte et il furore ».

Che anche queste istruzioni fossero destinate al Tin-
toretto è indubbiamente comprovato dalla testimonianza
del Ridolfi. 2 « Operò — egli scrive nella biografia del
Robusti — per Don Guglielmo Duca di Mantova otto
pezzi di gran fregi, per le stanze del suo castello, dei
fatti de' suoi maggiori, ne' quali rappresentò La giornata
del Taro guidata dal marchese Francesco... et altre at-
tioni di quella famiglia ».

Gli otto temi proposti dal Sangiorgio furono dunque
eseguiti tutti dal Tintoretto : le cui opere, certo assai
rilevanti, andarono poi disperse per le gallerie d'Europa,
al pari di tanti altri capolavori posseduti dai Gonzaga.

Alessandro Luzio

1 II Sangiorgio cade in errore, perchè questa impresa fu as-
sunta da Francesco Gonzaga, per rivendicarsi degli ingiusti so-
spetti che — dopo la battaglia del Taro, e la guerra del reame
di Napoli contro i Francesi — si sollevarono in Venezia a suo
riguardo.

2 Le Meraviglie dell'arte, Venezia l'i 18 p. Il, 26-27.
 
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