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Archivio storico dell'arte — 3.1890

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Fasc. VI
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Gnoli, Domenico: Le opere di Mino da Fiesole in Roma, [5]
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https://doi.org/10.11588/diglit.18089#0448

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LE OPERE DI MINO DA FIESOLE IN ROMA 431

solo la parte superiore. L'epitaffio clic si era composto il cardinale era di quattro distici, il terzo
de' quali alludeva alla vicinanza del suo sepolcro a quello di Pio II:

Quem olim cioens, non linquo moriuus: hic sum,

Et prope sanata patris ftlius ossa cubo.

Questi due versi, che non avevan più ragion d'essere, essendo il sepolcro del cardinale lontano
da quello del Papa, sono stali omessi nell'epitaffio scolpito sul suo sepolcro.

Nella parte superiore, la mano dello scultore di Fiesole non potrebbe apparire più evidente.
La rappresentazione del Giudizio universale, adatta non meno a sepoltura che a ciborio d'olio
santo, non è che una riduzione, più finamente eseguita, di quella che abbiam veduta nella lunetta
del monumento di Paolo II: le varianti dipendono dal minore spazio, per cui ha dovuto semplifi-
care la scena, e dalla forma e dalle condizioni diverse dello spazio. Nell'alto, Cristo giudice soste-
nuto dagli angeli che suonano le trombe, è una replica di quello delle Grotte valicane; le teste
larghe e schiacciate degli apostoli Pietro e Paolo e d'altri Santi siedati ne' loro stalli, colla solita
legge di prospettiva, ingrandiscono nell'allontanarsi. La Madonna e san Giacomo, supplicano Cristo
pel cardinale e per sua madre. Giù in basso, da una parte un angelo indica Gesù Cristo al cardi-
nale inginocchiato e alla madre che è in piedi dietro a lui, colla testa avvolta nel manto mona-
cale, come nella figura giacente sulla sepoltura; dall'altra parte un altro angelo è pure in atto di
indicare il Giudice ad altre anime in atteggiamento di fervore violento, e colle stesse facce, le
stesse fronti sfuggenti indietro che abbiam vedute nel monumento di Paolo II.

Delle due statue, quella a destra rappresenta san Giacomo, secondo il solito costume di figu-
rare sulla sepoltura il Santo di cui il defunto portava il nome. Nell'atteggiamento, nel libro che
tiene sul petto, nel modo con cui è disposto il manto e nei partiti delle pieghe, corrisponde alla
statua di san Giacomo Maggiore che era nel ciborio di Sisto IV. (V. Voi. II, p. 458). L'altra statua,
probabilmente san Francesco, è press'a poco una replica di quella del monumento del cardinal
Pietro Riario. Si noti una particolarità curiosa: Mino concepisce i Santi, non solo i Santi Padri,
ma gli apostoli, i religiosi, tutti infine, con un libro in mano: la differenza potrà consistere nel-
l'essere il libro aperto o chiuso, ma se è un Santo, deve avere il suo libro.

Passando alla chiesa di Santa Maria del Popolo, vi troviamo una Madonna di Mino nel monu-
mento d'un altro cardinale congiunto di Sisto IV, Cristoforo della Rovere. Esso cede in ricchezza
e grandezza a quello del cardinale Pietro Riario, ma è notevole per unità, per armonia ed ele-
ganza di linee. La sua composizione piacque tanto che divenne il prototipo di un gruppo di monu-
menti che si trovano nella chiesa stessa, e in quelle di Monserrato e della Minerva.

Anche qui non posso convenire collo Tschudi nell'altribuirne il concetto a Mino da Fiesole, per le
stesse ragioni per cui non credo debba attribuirsi a lui quello del monumento del cardinal Pietro
Riario, cioè la mancanza dello zoccolo, la forma romana dell'urna, la correttezza severa e archi-
tettonica delle cornici e delle modanature: anche qui non ho trovato traccia di dorature. Fra
tante notizie sbagliate a proposito di Mino, il Vasari ne ha una in parte vera, che cioè egli la-
vorasse in Roma « aiutando a' maestri che lavoravano allora opere di marmo e sepolture di car-
dinali, che andarono in san Pietro di Roma ». Lasciando da parte san Pietro, parecchi suoi lavori
però rimangono a testimoniare com'egli lavorasse ne' monumenti sepolcrali con queste compagnie
d'artisti de' quali il Vasari tace i nomi, probabilmente perchè gl'ignorava. Nel nostro monumento
la sola Madonna è di Mino: essa è quasi perfettamente simile a quella del monumento del conte
Ugo; senonchè la stessa forma della cornice, che qui è un ovale prolungato mentre in quello di
Firenze è rotonda, dà a tutta la figura una forma più sottile e slanciata. L'osso dell'omero, che
suol risaltare come un pomo nelle madonne di Mino di questo periodo, qui è anche più rilevato
 
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