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Archivio storico dell'arte — 4.1891

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Fasc.I
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Calore, Pier Luigi: L' Abbazia di San Clemente a Casauria
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P. L. CALORE

ix secolo, con Carlo Magno ed i Carolingi, assumendo quello stile che possiamo appunto chia-
mare carolingio. Questo, penetrato ovunque, con modificazioni più o meno spiccate ne' vari paesi,
maggiormente classiche in Roma, nella Toscana e nell Italia settentrionale, bizantine, arabiche
e normanne nell'Italia meridionale e nella Sicilia, denominiamo col generale appellativo di roma-
nico,, e ne troviamo dovunque nel secolo xii il maggior fiorimento.

Nel San Clemente di Casauria è molto da considerarsi l'originalità dell'organismo dell'atrio
per quell'accoppiamento d'archi a tutto sesto, d'archi acuti e d'archi a ferro di cavallo, armonico

accoppiamento che mirabilmente s'accorda colla varietà e pro-
fusione degli ornamenti eseguiti dai vari artisti chiamati dal-
l'abbate Leonate per la ricostruzione della basilica. Yerso la
fine del secolo xn, cioè, come abbiam detto, nell'epoca della
fioritura completa dell'arte romanica, troviamo bensì accordati
in uno stesso edificio gli archi acuti con quelli a tutto sesto,
e troviamo pur monumenti che vi uniscono gli archi a ferro di
cavallo, i quali non indicano già, come fu più volte ripetuto,
l'influenza dell'arte araba sull'arte italiana del mezzogiorno,
bensì quella dell'arte orientale in genere nelle costruzioni ro-
maniche: 1 non troviamo però l'unione in un complesso tanto
armonico che gli uni sembrin nascere naturalmente dagli altri,
e tutti completarsi a vicenda, come nel nostro monumento, ove
il desiderio di novità e di varietà pare sia stato portato al
limite estremo. Ed è appunto da questo desiderio di varietà
che si spiega, secondo mi faceva pur osservare il mio amico
professor Baldoria, meglio che con qualsiasi altra congettura,
l'origine dell'arco acuto, del quale altrimenti, come vedesi in
questo ed in molti altri monumenti della stessa epoca nella
Sicilia, nell'Italia meridionale ed in Francia, non ve n'era un
assoluto bisogno, tanto da essere usato di ampia ogiva e mae-
stoso. Poscia coll'accrescersi nei popoli europei della vita civile
e perciò dell'emulazione fra le singole città di superarsi a vicenda
nell1 innalzare immani ed altissime cattedrali, si sentì veramente il bisogno dell'arco acuto, come
quello che meglio s'adattava alle maggiori arditezze: l'arco acuto si prese come sistema, e dall'arte
romanica sorse in tal modo quella che anche per l'architettura ò con frase convenzionale chiamata
gotica. Così, con un movimento parallelo, la brama di novità per gli ornati, per le composizioni
figurate, per le espressioni ed i movimenti conduceva naturalmente allo studio del vero, dal quale
soltanto potevano ormai ritrarsi nuovi motivi, e quindi al gotico in quel senso appunto nel quale
ora si prende la parola anche per l'arte figurativa.

P. L. Calore.

colonia della loggia
sulla facciata di san clemente.

1 Di archi a fervo di cavallo ne abbiamo esempi già
nel ix secolo, e continuano nel x, nell'xi e nel xii se-
colo, tanto in Francia come in Italia. Bastino fra gli
altri quelli della chiesa di Germiny des Prés (ix se-
colo), della Couture (995), dell'abbazia di Bernay (Eure),
di San Marco a Venezia. Così ne troviamo appena ac-

cennati anche in chiese della Siria centrale dei primi
secoli del cristianesimo (v e vi), come in quella di Behio
(principio del secolo vi). Ben si può dire che gli archi
a ferro di cavallo furono molto usati in Oriente e
specialmente dagli Arabi che vi diedero maggiore svi-
luppo.

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